TERAMO L’aut aut di Giovanni Lolli è quantomeno severo e non dovrebbe dare adito a ulteriori exit strategy sulle sorgenti inquinanti che sovrastano il bacino acquifero del Gran Sasso, dal quale si approvvigionano 700 mila abruzzesi. Se entro il 19 non arriveranno da Strada dei parchi e Laboratori di fisica nucleare, chiarisce il vice governatore, «attueremo una strategia diversa che prevede la messa in mora. Ne abbiamo già parlato con l’avvocatura ». Parole nette e chiare che seguono a mesi di tentennamento e di proteste degli ambientalisti, culminate con la marcia dei quattromila a Teramo, e ai desiderata del tavolo tecnico di Lolli che chiedeva espressamente progetti di messa in sicurezza. Del resto in gioco c’è anche la credibilità della Regione nei rapporti con il Ministero dell’Ambiente, l’Istituto superiore di Sanità e l’Ispra, dal momento che, chiarisce Lolli, «abbiamo adottato linee per avere garanzie che non ci fossero interferenze con l’acqua da parte di laboratori e autostrada e poi abbiamo chiesto un progetto, ciascuno per la sua parte, non proprio esecutivo ma con tutti gli elaborati. Dovevano essere consegnati in tempi brevi, invece dopo circa cinque mesi e nonostante le sollecitazioni ci sono arrivare bozze, documenti incompleti che non rispecchiando quanto da noi richiesto, non riteniamo esaustivi».
LA GOLA PROFONDA Nel frattempo nella querelle s’è inserita una gola profonda, che finora ha spifferato tutto ad ambientalisti ed enti preposti, prima con la soffiata di un camion che avrebbe trasportato il Cerio- 144 per l’esperimento Sox, facendolo abortire, e che ovviamente nessuno conosceva, poi pochi giorni fa con una mail in cui si riportava la relazione sull’adeguamento della rete delle acque all’interno dei Laboratori sotterranei del Gran Sasso, documento che mette in luce, nel caso vi fosse ancora bisogno, del «rischio elevato di inquinamento della risorsa idrica». «Ennesimo atto senza senso in questa vicenda, dovrebbero essere gli Enti a fornire in maniera trasparente informazioni ai cittadini » aveva subito spiegato l’Osservatorio indipendente sull’acqua del Gran Sasso. Insomma in tutta questa vicenda che ha visto in varie riprese sversamenti di agenti inquinatori (l’ultimo caso a maggio 2017 con il toluene, più tutti gli altri compreso i quattro che sono venuti a galla solo recentemente), ciò che manca è la trasparenza. Sul banco degli accusati lo stesso Lolli che con il suo tavolo non avrebbe invitato stakeholder come le associazioni ambientaliste, scatenando molte proteste. Intanto chi gode sono i produttori delle acque minerali in vendita nei supermarket teramani: per loro sono affari d’oro dopo la paura dell’acqua al toluene e al diclorometano.
RELAZIONI PARZIALI Su questi faldoni anonimi il vice presidente ha la sua opinione: «Non abbiamo documenti completi e ufficiali, non sono a conoscenza di quanto fatto recapitare al Comitato mobilitazione per l’acqua, quindi se questi ultimi li reputano insufficienti, hanno ragione perché sono relazioni parziali e incomplete». Nello scorso mese di novembre Lolli aveva annunciato «che, in attesa sempre del varo della messa in sicurezza, l’istituzione del tavolo con i soggetti pubblici e privati coinvolti, sottoscrivendo pure unprotocollo d’intesa Strada dei parchi e laboratori del Gran Sasso affinché tutte le procedure che avvengono all’interno del laboratorio e della galleria autostradale quando vengono usati materiali che possono in qualche modo interferire o essere pericolosi debbano avere un’autorizzazione in più dalla Regione».