MILANO - La previdenza complementare nel 2017 ha registrato un totale di 7,6 milioni di iscritti (il 6,1% in più dell'anno prima), divisi quasi a metà tra quelli che aderiscono ai Pip (i piani individuali pensionistici, in genere gestiti dalle assicurazioni e in parte dalle banche) e i fondi negoziali, quelli tipici dei lavoratori dipendenti. I primi hanno registrato infatti quasi 3 milioni di iscritti, il 7,6% in più di un anno fa, mentre i negoziali hanno quasi 2,8 milioni di iscritti (la categoria è molto cresciuta da quando in alcuni contratti collettivi è stata inserita la previdenza complementare). Più ridotto il totale degli aderenti ai fondi aperti, pari a oltre 1,3 milioni di persone.
La fotografia è stata scattata dal presidente della Covip (l'autorità di vigilanza sul settore) Mario Padula, nell'ambito della Relazione annuale sul settore. I fondi pensione e i Pip hanno complessivamente un portafoglio pari a 162,3 miliardi di euro (il 7,3% in più dell'anno prima); una somma pari al 9,5% del Pil e al 3,7% delle attività finanziarie delle famiglie. Solo nel 2017 sono stati raccolti 14,9 miliardi di euro. Contando anche il patrimonio delle Casse di previdenza integrativa (quelle per esempio degli agenti di commercio o dei giornalisti) si arriva a 240 miliardi. Tornando alle sole forme complementari, il contributo medio dei singoli iscritti è pari a 2.620 euro l'anno.
Una parte degli iscritti in realtà non versa più contributi (1,8 milioni a fine 2017). Per quanto riguarda i rendimenti invece fondi e Pip hanno dato rendimenti positivi nel 2017 e hanno battuto la rivalutazione del Tfr. Per i fondi pensione negoziali il rendimento medio al netto dei costi e del prelievo fiscale è stato pari infatti al 2,6% mentre i fondi aperti si sono attestati al 3,3% e i Pip di ramo III hanno avuto un rendimento medio del 2,2%. Il Tfr invece si è apprezzato dell'1,7%. Anche su una distanza più lunga, dal 2008 al 2017, il rendimento medio annuo composto della previdenza complementare ha battuto il Tfr: i fondi pensione negoziali hanno guadagnato infatti il 3,3%, i fondi aperti il 3% e i Pip il 2,2% per il ramo III, mentre nello stesso arco di tempo il Tfr si è apprezzato annualmente del 2,1%.
Infine i costi: i Pip si confermano anche nel 2017 i prodotti mediamente più cari: su un'orizzonte temporale a dieci anni l'indicatore sintetico dei costi è pari a 2,2% per i Pip, contro lo 0,4% dei fondi negoziali e l'1,3% dei fondi pensione aperti. Per quanto riguarda invece gli investimenti, i titoli di Stato costituiscono il 41,5% del patrimonio, cinque punti percentuali in meno dell'anno prima; la sola quota dei titoli di stato italiani (la voce più grossa in diminuzione) è ora pari al 22,7%.
Nella sua Relazione il presidente Padula ha affrontato anche il tema del welfare integrativo, e in particolare il settore della sanità, su cui occorre "valutare l'attribuzione della vigilanza a un'unica autorità nei settori della previdenza complementare e della sanità integrativa". Per quanto riguarda invece le Casse professionali, il presidente della Covip ha ricordato che queste ultime scontano un ritardo normativo rispetto ai fondi pensione, in quanto mancano ancora tutti i passaggi sulle politiche di investimento e i processi di impiego delle risorse.