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Pescara, 24/11/2024
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Data: 08/06/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Le mosse del governo. «L’Iva non aumenta. Evasione, invertiamo l’onere della prova». Sul salario minimo: «Vale per i riders e per chi è fuori dai contratti nazionali»

ROMA L’Iva non aumenterà, gli scatti delle aliquote previsti dal 2019 saranno disinnescati. L’impegno che la platea di Confcommercio voleva sentire dal nuovo governo, Luigi Di Maio lo esprime con molta chiarezza nella parte iniziale del suo intervento all’assemblea annuale. Un impegno chiesto con forza, pochi minuti prima, dal presidente Sangalli: «Sull’Iva non si tratta e non si baratta» era stato l’avvertimento. La proposta di Confcommercio consiste in un «contratto per la crescita» su temi come lavoro, tasse, infrastrutture e innovazione; con il programma di governo ci sono aree di sovrapposizione ma anche qualche differenza, come quella enunciata dal presidente a proposito del reddito di cittadinanza: «Riconosciamo certo l’utilità degli strumenti che mitigano gli effetti della povertà assoluta, per noi, comunque, la via maestra resta il reddito che viene dal lavoro, lavoro dignitoso e salario giusto». Un’altra preoccupazione di Sangalli riguarda il salario minimo, che potrebbe porsi in alternativa alla contrattazione tra le parti sociali.
LA RISPOSTA Di Maio risponde ai punti sollevati dopo essersi in qualche modo identificato con la platea, ricordando di provenire da una famiglia di piccoli imprenditori. Sul salario minimo rassicura: nella sua visione va applicato ai lavoratori esclusi dalla contrattazione nazionale, in primo luogo quindi coloro che si muovono nell’ambito della gig economy, lavorando spesso con app. A partire dai rider, i giovani (o meno giovani) impegnati nelle consegne di cibo a domicilio con la bici, che l’altro giorno erano stati ricevuti al ministero. In seguito la puntualizzazione del responsabile del Lavoro sarà giudicata positivamente sia dal presidente di Confindustria Boccia che dal segretario generale della Uil Barbagallo, entrambi presenti in sala.
CONSENSO Ma è soprattutto sul fisco che il super-ministro pentastellato cerca apertamente (e trova) il consenso della platea. Prendendo l’impegno solenne di non far scattare le clausole di salvaguardia, quelle che per garantire 12,5 miliardi di gettito il prossimo anno porterebbero l’aliquota ordinaria dell’Irpef da 22 al 24,2 per cento e l’agevolata dal 10 all’11,5 per cento. Di Maio però non ha spiegato se questo avverrà nella sessione di bilancio (ipotesi più probabile) oppure se il governo intende provvedere prima con un apposito provvedimento, trovando in questo caso le necessarie coperture finanziarie.
LA SEMPLIFICAZIONE Sul fronte fiscale non è solo l’Iva a preoccupare i commercianti. Sangalli vorrebbe la riduzione della pressione tributaria locale, da realizzare attraverso l’unificazione delle attuali imposte. Di Maio affronta il tema della lotta all’evasione sintetizzando la sua ricetta: «Lasciare in pace le imprese». E dunque si impegna a «invertire l’onere della prova». Concetto che esplicita chiaramente ai suoi interlocutori: «Siete tutti onesti fino a prova contraria». Il contrasto ai comportamenti illegali dovrebbe quindi passare per controlli meno invasivi e un uso più intensivo delle banche dati. Segue elenco degli strumenti da eliminare: «Via lo spesometro, via il redditometro, via tutti quegli strumenti presuntivi di reddito che si fondano sull’idea che l’imprenditore, o il titolare di partita Iva, se può evade, via lo split payment e gli studi di settore ». Infine una parte dell’intervento del ministro, presente all’assemblea in quanto responsabile dello Sviluppo economico, è stato dedicato ad un altro tema molto sentito dai commercianti quello della burocrazia. L’idea di Di Maio è che non bisogna «bombardare i cittadini di leggi». Quindi una produzione normativa meno intensa, che ad esempio dovrebbe evitare di introdurre nuovi oneri, magari anche quando l’obiettivo sarebbe semplificare.

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