PESCARA Il governatore Luciano D'Alfonso è stato interrogato venerdì mattina in procura a Pescara. E' stato lui a chiedere di essere ascoltato, lo prevede il codice in caso di avviso di conclusione delle indagini, per chiarire la sua posizione in merito all'inchiesta su una particolare delibera di giunta.Il sostituto Rosaria Vecchi ipotizza nei confronti di D'Alfonso, del suo ex segretario particolare, Claudio Ruffini, del capo di gabinetto Fabrizio Bernardini e degli assessori Silvio Paolucci, Dino Pepe, Marinella Sclocco e Donato Di Matteo (oggi ex assessore), il reato il falso ideologico in concorso. Al centro dell'inchiesta c'è la delibera di indirizzo che la giunta regionale ha approvato il 3 giugno 2016 per porre le basi al recupero, con fondi del Masterplan, dell'ex ippodromo di Lanciano la cui convenzione è stata firmata il 6 aprile scorso in Regione. Ma secondo la procura, in quel primo atto sarebbe stato commesso il falso facendo risultare presente il governatore che invece era altrove. L'ipotesi di falso si basa principalmente su intercettazioni telefoniche, in particolare su quella del 3 giugno 2016 tra Ruffini e il capo di gabinetto. Il primo chiama al cellulare Bernardini e gli dice: «Il presidente sta arrivando e sai... Quando dice sta arrivando, sta arrivando! Hai capito?». E l'altro gli risponde: «Sta a posto».Chi indaga ha interpretato così questa telefonata: «Ruffini si espone per telefono, sia pur con un linguaggio criptico di facile decifrazione. Il senso del messaggio è che D'Alfonso non presiederà la giunta, ma che dovrà essere dato conto della sua presenza». La spiegazione che il governatore ha dato al Centro un mese e mezzo fa, quando ha ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini, è del tutto diversa: «Quel modo di parlare significava esclusivamente di cominciare la giunta in attesa del mio arrivo. Nulla c'era di sottinteso. Lo spiegherò presto al magistrato». E così deve aver fatto venerdì mattina quando, certamente, ha ricostruito i suoi spostamenti di quel giorno trascorso, nella prima parte, a Roma, quindi a Collecorvino e infine a Lanciano, dopo aver però fatto una tappa di pochi minuti nella stanza della giunta a Pescara per firmare la delibera finita al centro dell'inchiesta. Nei vari spostamenti, D'Alfonso ha cambiato auto passando da quella istituzionale, guidata dall'autista della Regione, a un mezzo privato per via del fatto che sia la tappa di Collecorvino che quella di Lanciano rientravano nella campagna elettorale per le comunali del 2016. La memoria remota dei suoi spostamenti di quel giorno è peraltro rintracciabile su facebook dove compaiono foto e commenti degli incontri a Roma, Collecorvino e Lanciano, postati però con tempi sfalsati rispetto al momento in cui stavano avvenendo, quindi non utilizzabili come fonti di prova d'accusa oppure a discarico. Ma la logica porta a dire che D'Alfonso non aveva motivo di non presentarsi in giunta visto che la concessione per l'ippodromo di Lanciano non si è rivelata una promessa elettorale come dimostra l'atto firmato due mesi fa. Questa sarebbe la sua difesa.