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Pescara, 24/07/2024
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Data: 10/06/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
D’Alfonso al magistrato: «Quel giorno ero in giunta»

PESCARA Due ore di interrogatorio in Procura, venerdì scorso, per il governatore-senatore Luciano D’Alfonso. L’inchiesta è quella sul presunto falso che viene contestato anche ad alcuni membri della giunta regionale (Dino Pepe, Marinella Sclocco, Silvio Paolucci e Donato Di Matteo, oltre al segretario Fabrizio Bernardini e all’allora sottosegretario Claudio Ruffini) per aver certificato, in delibera, la presenza del presidente mentre, secondo l’accusa, D’Alfonso era altrove. Alle 10 del mattino, con in mano un pacco di documenti, accompagnato dal suo avvocato, Giuliano Milia, il presidente è entrato nell’ufficio del sostituto Rosaria Vecchi. D’Alfonso, che ha chiesto lui stesso di essere interrogato dopo aver ricevuto l’avviso di conclusioni delle indagini, avrebbe esordito affermando categoricamente: «Quel giorno io ero in giunta». Il presidente avrebbe fornito al magistrato tutte le spiegazioni su quella convulsa giornata del 3 giugno 2016 (il procedimento venne aperto a L’Aquila e poi trasmesso per competenza a Pescara) che lo vide impegnato prima a Roma, dove erano in programma due incontri con l’allora sottosegretario Claudio De Vincentiis e con Matt Taylor, console degli Stati Uniti, proseguita poi per Pescara, Collecorvino, Lanciano e Manoppello. D’Alfonso ha chiarito innanzitutto il significato di quelle intercettazioni con Ruffini che, secondo l’accusa, dimostrerebbero che tra i due c’era un accordo proprio per far risultare la sua presenza in giunta. «Le mie interlocuzioni con Ruffini – avrebbe in sostanza detto D’Alfonso - erano finalizzate a compiere tutti gli atti preparatori alla giunta». Questo il senso che avrebbe avuto quell’invito rivolto a Ruffini: «Mi raccomando». Il presidente avrebbe fornito al magistrato anche i nomi di tre testi che potrebbero confermare la sua presenza in Regione quel giorno intorno all’ora della giunta: persino di una guardia giurata. I contatti con Ruffini, avrebbe sostenuto inoltre D’Alfonso, erano necessari per rendere nota la concretezza della delibera che riguardava la Villa delle Rose di Lanciano.

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