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Data: 11/06/2018
Testata giornalistica: Il Centro
Soccorsi e porti sicuri, le regole. Sotto controllo italiano un quinto del Mediterraneo, 500 mila chilometri quadrati

ROMA Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo, siglata ad Amburgo il 27 aprile 1979 e ratificata dall'Italia con la legge del 3 aprile 1989. Si parte da qui per districarsi nel complicato quadro operativo che nel corso degli anni interessa il fenomeno migratorio verso le coste europee. Parliamo di coste europee, non di coste maltesi, italiane, francesi o spagnole ma bensì di Europa per capire se Malta possa rifiutarsi o meno e non far approdare, di conseguenza, la nave, in questo caso la Aquarius, con i migranti soccorsi. Malta ha un Sar - programma di assistenza e salvataggio - finanziato dall'Ue ma spesso respinge le navi con a bordo rifugiati che si avvicinano alle sue coste. Ad esempio le autorità maltesi avevano impedito pochi giorni fa l'ingresso in porto della nave Seefuchs, con 126 migranti a bordo: l'unità, di una Ong olandese, era in difficoltà per le cattive condizioni del mare, ma Malta ha solo proposto assistenza in mare. Tutti gli stati costieri del Mediterraneo sono tenuti, alla luce della Convenzione di Amburgo, a mantenere un servizio di Sar, e le Sar dei vari stati devono coordinarsi tra di loro. Il Mar Mediterraneo, in particolare, è stato suddiviso tra i Paesi costieri nel corso della Conferenza IMO (International Maritime Organization) di Valencia del 1997. Secondo tale ripartizione delle aree Sar, l'area di responsabilità italiana rappresenta circa un quinto dell'intero Mediterraneo, ovvero 500mila chilometri quadrati. Tuttavia il governo maltese, responsabile di un'area vastissima, si è avvalso sinora della cooperazione dell'Italia per il pattugliamento della propria zona di responsabilità: nella prassi il Centro di Coordinamento regionale Sar maltese non risponde alle imbarcazioni che la contattano né interviene quando interpellato dal Centro di Coordinamento regionale Sar italiana. La mancata risposta dell'autorità maltese, tuttavia, non esime la singola imbarcazione che ha avvistato il natante in panne dall'intervenire. Di fatto, a seguito della mancata risposta (o risposta negativa) della Sar maltese, la singola imbarcazione chiederà l'intervento della Sar italiana che coordinerà l'intervento. Quindi in caso di soccorso di migranti in mare, da parte di ong o navi mercantili, e dopo aver attivato l'intervento della nostra Guardia Costiera bisogna stabilire il «place of safety», il cosiddetto luogo sicuro. Nell'ottica della Convenzione Sar, spiega il sito della Guardia Costiera, per «luogo sicuro» si intende un «luogo» in cui sia assicurata la «sicurezza» delle persone soccorse in mare. Laddove, però, le persone soccorse oltre che «naufraghi» debbano qualificarsi anche come «migranti», l'accezione del termine sicurezza del luogo di sbarco si connota anche di altri requisiti legati all'esigenza di attuare procedure amministrative connesse allo status di richiedente asilo delle persone soccorse. Per l'Italia, il place of safety è stabilito dall'Autorità Sar in coordinamento con il ministero dell'Interno.

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