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Pescara, 24/11/2024
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Data: 13/06/2018
Testata giornalistica: Il Centro
Salve le indennità dei medici di guardia. Via libera alla doppia preferenza di genere e ai 700mila euro per gli agricoltori. Ma slitta la legge sul garante dei detenuti. L'emiciclo torna all'antica bellezza

L'AQUILA Possono tirare un sospiro di sollievo, i medici di guardia abruzzesi. Il consiglio regionale ha approvato all'unanimità la proposta di legge di Pd e Forza Italia che mette in salvo le indennità di rischio incassate in 11 anni di servizio. Sempre all'unanimità, l'assemblea ha votato anche l'introduzione della doppia preferenza di genere nella legge elettorale regionale e, inoltre, la legge a favore del Consorzio di Bonifica Centro che eviterà la stangata dell'aumento dei canoni idrici agli agricoltori Ma dietro l'apparente concordia raccontata da questi voti, si sono consumati confronti politici anche accesi, destinati, probabilmente, a tracciare un solco in vista delle prossime regionali.
LE INDENNITÀ. La tegola delle indennità di rischio si era abbattuta sulle guardie mediche un anno fa, in seguito a un'azione avviata dalla Procura della Corte dei conti, che aveva contestato la ratio e il quantum delle indennità - 5 euro l'ora che si andavano ad aggiungere ai compensi professionali - previste dagli accordi integrativi decentrati. La Corte dei conti aveva giudicato illegittima la quota accessoria in quanto già prevista nel compenso orario previsto dal contratto nazionale e aveva configurato un danno erariale stimabile intorno ai 15 milioni di euro. Sotto questa spada di Damocle, la giunta, nel luglio 2017, aveva approvato la delibera nella quale veniva chiesto ai medici di restituire le indennità percepite dal 2006 fino al 2017. Pochi giorni fa, però, il giudice del lavoro di Chieti ha dato ragione ai medici, che avevano impugnato il provvedimento.
LA LEGGE. La legge approvata ieri ribadisce la validità degli accordi integrativi regionali, riconoscendo dunque ai medici il diritto pregresso all'indennità fino al giorno dell'approvazione della delibera. Il provvedimento, frutto di un'intesa bipartisan tra l'assessore Silvio Paolucci e i consiglieri Mauro Febbo e Lorenzo Sospiri, è stato contestato dal Movimento 5 Stelle, che voleva invece la revoca della delibera, temendo altre future impugnazioni. I pentastellati si sono visti respingere i due emendamenti presentati - Lorenzo Sospiri li ha definiti «speculativi», in quanto già contenuti, nel merito, nel testo di legge - anche se poi hanno finito per votare sì, come avevano annunciato in conferenza stampa. Ed è qui che il confronto è andato al di là della discussione sulla legge per assumere connotazioni più politiche. Febbo ha accusato il M5S di «voler fare processi alle intenzioni e di voler mettere i puntini sulle i solo per dimostrare di essere i più bravi della classe. Se questa norma verrà impugnata, cosa che non crediamo affatto», ha poi attaccato il consigliere «vorrà dire che spetterà a voi parlare con il vostro ministro (Giulia Grillo, nuovo ministro della Sanità del M5S, ndc), visto che ora siete al governo». Smargiassi, Marcozzi e Pettinari hanno provato fino all'ultimo a entrare nella partita, cercando di rompere il fronte Pd-Fi: ai loro occhi, forse, una possibile alleanza in vista delle prossime elezioni.«"Questa legge è un caso di dolo politico e un'operazione di sciacallaggio» ha tuonato Pettinari, al quale D'Alfonso ha risposto: «Siamo finiti in questo dirupo amministrativo per colpa dei tiratori di giacchetta della magistratura». Durante la discussione, sono volate scintille anche tra Sara Marcozzi e Sandro Mariani: «Abbi rispetto per la mia storia e per quella della mia famiglia» ha detto il capogruppo del Pd rivolto alla consigliera M5s. «Io vengo dalla strada, mi sono fatto da solo e non compro Louis Vuitton».
LA PREFERENZA DI GENERE. Anche durante la discussione sul provvedimento presentato dall'assessore Sclocco, che ha introdotto la doppia preferenza di genere nella legge elettorale, non sono mancate frizioni, a dispetto del voto unanime finale. Lorenzo Sospiri ha colto l'occasione per contestare «una certa retorica delle pari opportunità», citando il neo ministro della famiglia, Fontana: «Checché ne diciate, ha ragione: non si costruisce una famiglia senza la presenza strutturale del suo cardine, la donna». «Occorre cambiare mentalità e cultura di chi pensa che la donna sia ancora il pilastro della famiglia» gli ha risposto Sara Marcozzi, che ha aggiunto: «Oggi votiamo questa legge ma non dimentichiamo gli strattonamenti di D'Alfonso o la vicenda delle ombrelline».
GARANTE DETENUTI. Il consiglio si è sciolto nel tardo pomeriggio quando è venuto a mancare il numero legale, prima, tra l'altro, che potesse essere discussa la legge per l'istituzione della figura del garante dei detenuti. «Ancora una volta D'Alfonso deve levarsi la giacca da governatore e indossare quella di senatore per correre a Roma, lasciando il consiglio senza aver concluso i punti all'ordine del giorno», hanno protestato i Cinque Stelle. Mauro Febbo è arrivato invece a chiedere l'impeachment: «Se D'Alfonso avesse risolto la sua incompatibilità oggi ci sarebbe stato il vice presidente Lolli e i provvedimenti sarebbero stati approvati».

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