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Data: 13/06/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pensione di cittadinanza già sul tavolo del governo

ROMA Almeno un primo passo verso la pensione di cittadinanza: per Luigi Di Maio, ministro del Lavoro oltre che dello Sviluppo economico questo punto del programma di governo è ora una priorità politica, in un momento in cui il tema immigrazione proietta in primo piano l'immagine del suo collega vicepremier Salvini. Proprio il ministro degli Interni ieri ha menzionato ieri tra le priorità da attuare la revisione della riforma Fornero, la sanatoria delle cartelle nota come pace fiscale e un primo pezzo della riforma tributaria, quello a beneficio delle imprese.
IL RIASSETTO
Di Maio vorrebbe appunto aggiungere l'intervento sulle pensioni in essere (da portare ad un livello minimo di 780 euro) in attesa che il riassetto del sistema dei centri per l'impiego permetta di affrontare il più corposo dossier del reddito di cittadinanza. Potenzialmente è un intervento molto dispendioso, se si trattasse di incrementare fino a quella soglia il reddito pensionistico dei circa 4 milioni e mezzo di persone che si trovano al di sotto. Ma intanto va considerato che si parla appunto di redditi complessivi e non di trattamenti, visto che non pochi pensionati percepiscono più di un assegno. Le categorie su cui intervenire sarebbero comunque due: gli assegni sociali e le pensioni integrate al minimo. Il primo è il trattamento spettante a chi non maturato abbastanza contributi per avere diritto a una pensione: per il 2018 il valore è fissato a 453 euro mensili. L'integrazione al minimo riguarda invece coloro che una pensione la hanno maturata, ma al di sotto di una soglia che per il 2018 è pari a 507 euro al mese: l'importo viene quindi portato automaticamente a questo livello.
La distanza dai 780 euro voluti dal M5S è notevole, ma si accorcia un po' se l'incremento assorbe tutte le varie maggiorazioni sociali esistenti, inclusa la cosiddetta quattordicesima che va in pagamento nel mese di luglio. Dunque alla fine l'operazione potrebbe risultare abbordabile dal punto di vista finanziario, magari articolata in due tappe. Ci sono però altri elementi da considerare. Un trattamento sociale fissato a 780 euro al mese rischia di scoraggiare la contribuzione, perché tutti i lavoratori a basso reddito che arriverebbero ad un importo più basso potrebbero trovare conveniente non versare (magari lavorando in nero) e puntare direttamente al trattamento assistenziale. Dunque nel medio periodo le incognite verrebbero soprattutto dal possibile calo delle entrate contributive.
I PALETTI
Per quanto riguarda invece la proposta di quota 100 come nuova forma di pensione di anzianità, i cinque miliardi indicati nel contratto tra M5S e Lega potrebbero risultare sufficienti se la proposta verrà implementata con i paletti indicati da Alberto Brambilla, il super-esperto leghista del settore: età minima fissata a 64 anni con conseguente contribuzione a 36 anni, utilizzo limitato dei versamenti figurativi, ricalcolo con il sistema contributivo della quota di pensione tra il 1996 (anno di entrata in vigore della riforma Dini) e il momento dell'uscita. Tutti fattori che riducono sensibilmente l'impatto finanziario.

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