L'AQUILA - Nuovi ostacoli sulla già controversa vicenda della messa in sicurezza sismica dell'autostrada A 24 e A25: la Corte costituzionale non ha accolto il ricorso della Regione Abruzzo, contro quanto deciso nel decreto legge 50 dell'aprile 2017, in cui il governo di Paolo Gentiloni, escludendo la Regione, che si riteneva competente in materia, ha penalizzato anche la concessionaria Società Strada dei parchi, della holding dell'imprenditore abruzzese Carlo Toto, stanziando risorse insufficienti per gli interventi preventivati.
Nel decreto sono state individuate le risorse economiche per il finanziamento degli interventi necessari per la messa in sicurezza dei tratti autostradali che percorrono in buona parte il territorio abruzzese, in considerazione dell’elevato grado di sismicità. facendo leva sugli importi corrispondenti alle rate dei canoni di concessione che Strada dei Parchi deve versare allo Stato dal 2015 al 2016, una cifra pari a euro 111 milioni e 720 mila euro, tenuto conto che il canone annuo è pari a 58,86 milioni di euro. Pagamenti che dispone il decreto potranno essere posticipati in tre rate, nel 2028, 2029 e 2030.
Una cifra, di fatto a carico del concessionario che Strada dei Parchi e anche la Regione nel ricorso ritengono insufficienti, visto che la quantificazione del progetto preliminare parla di un costo effettivo, come confermato anche Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali del Ministero delle infrastrutture, di 169 milioni e 456 mila euro.
Da qui il ricorso della Regione patrocinato dal professor Vincenzo Cerulli Irelli, depositato il 31 agosto 2017, respinto però dalla Corte, con sentenza depositata il 13 giugno scorso.
Sentenza che arriva in una fase già estremamente conflittuale tra governo e Strada dei Parchi.
Sono infatti agli sgoccioli i circa 58 milioni di euro stanziati con la legge 123 del 2017, per l’ “antiscalinamento” delle corsie autostradali lungo i viadotti, opera di provvisoria messa in sicurezza. I cantieri rischiano di chiudere, con il conseguente licenziamento di 700 dei circa mille lavoratori impegnati nella commessa, e per tale motivo i sindacati sono sul piede di guerra.
Per completare l’intervento mancano, fermi al palo, ulteriori 192 milioni che però saranno erogati solo a partire dal 2022.
Il niet allo stanziamento immediato, è arrivato a marzo dagli uffici del Ministero, mentre la Cassa depositi e prestiti si è detta disposta ad anticipare le somme per terminare questa fase dei lavori. Previa autorizzazione ministeriale, che però non è arrivata.
Un contenzioso che ha già ha provocato un duro scontro tra Strada dei Parchi e governo uscente, e che si riproporrà con quello M5s e Lega che si è appena insediato.
Sullo sfondo la battaglia di sindaci e pendolari che vede questa volta Strada dei Parchi sul banco degli imputati, contro gli aumenti record del pedaggio del 12 per cento, scattato a inizio 2018. E anche per ottenere almeno lo sconto del 20 per cento, pur annunciato in occasione dell'aumento, a favore dei pendolari.
La sentenza della Corte costituzionale non facilitA queste articolate vertenze, perché di fatto rappresenta uno sbarramento alla possibilità di ritoccare in alto lo stanziamento previsto dalla legge 50 del 2017.
La Regione nel ricorso ha osservato in primo luogo che il decreto viola l'articolo 117 della Costituzione, in quanto incide su materie rientranti nella potestà legislativa "concorrente", della disciplina della "protezione civile", visto che ha come oggetto lavori di messa in sicurezza antisismica delle autostrade, ed anche le discipline delle "grandi reti di trasporto" e di "governo del territorio", che sono di competenza anche della Regione, che però non è stata coinvolta.
Inoltre "la disposizione, non prevedendo alcun coinvolgimento della Regione ricorrente nella quantificazione degli importi dei lavori urgenti di messa in sicurezza sismica delle due autostrade, avrebbe avuto l’effetto di assegnare al concessionario risorse insufficienti, a discapito degli interessi regionali coinvolti, con conseguente possibile aumento delle tariffe autostradali".
Infine si contesta il fatto che nel decreto per i lavori ivi indicati siano utilizzate le rate dei canoni concessori relativi agli anni 2015 e 2016 della società, e in questo modo si addosserebbero "al concessionario il costo dei lavori, interferendo nel rapporto concessorio in essere, che non prevede obblighi di manutenzione straordinaria della rete autostradale, cui devono essere ricondotti i predetti lavori".
Quest'ultima contestazione è stata considerata irricevibile dalla Corte, mentre viene respinta l'ipotesi di incostituzionalità sui primi due punti, in quanto, scrive la Consulta, "il decreto ministeriale non era abilitato a regolamentare alcun aspetto della protezione civile quanto alle due autostrade, ma concerneva solo la realizzazione in concreto delle opere necessarie per la loro messa in sicurezza dal rischio sismico nel rispetto della vigente disciplina della protezione civile. Sicché esso non si colloca nell’area della protezione civile, la cui disciplina rimane immutata; né nelle due altre aree di competenza concorrente indicate dalla difesa della Regione ricorrente: governo del territorio e grandi reti di trasporto".
Lo stato centrale, insomma ha piena competenza sulle materie trattate, e semplicemente ha decretato nella veste di proprietario delle due autostrade, nell'ambito del "demanio statale", di sua competenza esclusiva.