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Pescara, 24/11/2024
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Data: 04/07/2018
Testata giornalistica: Il Centro
No di Confindustria. Si tratta sui voucher. Gli imprenditori vedono nero: «Meno lavoro, non meno precarietà». La replica di Di Maio: «Le imprese oneste non devono temere nulla». Tria: «Non ci sarà la manovra-bis». Flat tax a tappe, il calo delle tasse parte da ceti medio-bassi e pmi. Il pil rallenta

Un ritorno al passato. A regole rigide che non porteranno più lavoro stabile ma più contenzioso, oltre a maggiori oneri per le aziende che già i piccoli calcolano in almeno 100 milioni in più. Dopo il via libera notturno del governo al decreto dignità si alza il muro degli imprenditori, grandi e piccoli, che puntano il dito soprattutto contro la stretta sui contratti a tempo determinato. Ma l'esecutivo non è contro le imprese, assicurano il premier Giuseppe Conte e il suo vice Luigi Di Maio, padre del provvedimento. Anzi, aiuterà quelle «oneste» e che vogliono e possono crescere con un taglio del costo del lavoro già con la prossima legge di Bilancio. Il decreto è «un segnale molto negativo per il mondo delle imprese» tuona Confindustria in una nota che arriva proprio mentre a Palazzo Chigi premier e vicepremier stanno illustrando il testo che consente, nelle parole del capo dell'esecutivo, di «ridare dignità ai lavoratori ». Il decreto, dice il ministro del Lavoro, «tutela i lavoratori onesti, senza danneggiare le imprese oneste: chi non abusa non ha nulla da temere. Saremo dalla parte degli imprenditori - getta acqua sul fuoco - per far calare il costo del lavoro ». Il governo, sottolinea poi Conte, «non è in contrasto col mondo imprenditoriale, anzi adotteremo anche misure per favorire la crescita economica ». In più, non si manda in soffitta lo strumento ma si corregge in modo «chirurgico» per evitare che la precarietà diventi «dimensione esistenziale». Quella che serve, rilancia il premier, è «una sana alleanza col mondo del lavoro e imprenditoriale ma vogliamo contrastare le iniziative ingiustificate». Come la scelta di lasciare il Paese dopo aver incassato aiuti pubblici, ricorda Conte facendo riferimento alle norme per arginare le delocalizzazioni. Scelta promossa senza dubbi anche dalla Lega, con Matteo Salvini che plaude alla possibilità di punire «gli imprenditori furbetti e le multinazionali straniere che prendono per poco aziende italiane, e incassano soldi pubblici, e poi licenziano i nostri operai per assumere all'estero». Se i sindacati aprono ad alcune «novità positive» il Pd, a partire dall'ex premier Paolo Gentiloni, parla invece, sulla falsariga delle imprese, di un decreto che «non favorisce gli investimenti in Italia e il lavoro di qualità. Introduce soltanto ostacoli per lavoro e investimenti. Lasciamo stare la dignità ». Critiche, ribatte Di Maio, che arrivano da chi «ha massacrato questi diritti sociali, invece di difenderli». Gli industriali, dal canto loro, vanno all'attacco di un decreto che innesta «una retromarcia», proprio mentre il mercato del lavoro mostra segni di ripresa e otterrà il risultato «di avere meno lavoro, non meno precarietà». Un «ritorno al passato» che preoccupa tutti, anche commercianti, esercenti e artigiani. I primi effetti, peraltro, si vedranno già in estate quando scade quasi un milione di contratti a termine, non tutti interessati dalle novità (durata massima 24 mesi, causali dopo 12 mesi, tetto a 4 proroghe e aggravio contributivo dello 0,5% a ogni rinnovo) visto il nodo dei dipendenti pubblici precari sarà affrontato nel quadro di un intervento complessivo sulla P.A. Il testo ha accolto anche alcune misure in più, dalla proroga per risolvere il nodo degli insegnanti senza laurea magistrale alla cancellazione delle società sportive dilettantistiche a scopo di lucro introdotte con la riforma Lotti. Nel corso dell'iter parlamentare, sul quale il premier ha auspicato «coerenza» da parte dei gruppi gialloverdi, il decreto potrebbe arricchirsi anche dei voucher, tema caro alla Lega e perorato dal ministro dell'Agricoltura Gian Marco Centinaio. Lo strumento, ha ricordato il collega Di Maio, era nato «per alcuni lavori come quelli domestici di colf e badanti, e in alcuni casi nell'agricoltura. Se il tema è questo - l'apertura - se ne può discutere».

Tria: «Non ci sarà la manovra-bis». Flat tax a tappe, il calo delle tasse parte da ceti medio-bassi e pmi. Il pil rallenta

Niente manovra correttiva sui conti del 2018 ma nemmeno misure che possano peggiorare i «saldi» di bilancio. L'attuazione del Contratto di governo - dalla flat tax al reddito di cittadinanza - è necessaria per rilanciare l'economia. Ma andrà fatto con «l'ovvio pensiero sano di chi dice che non si possono far saltare i conti». Il calo delle tasse, allora, non potrà che essere scaglionato. La Flat Tax, insomma, arriverà con un processo a tappe, con un «cronoprogramma per l'applicazione progressiva», coerente con la riduzione della spesa pubblica. L'impegno è quello di cominciare l'alleggerimento dalle Pmi e dalle classi medio-basse. Il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, illustra le linee programmatiche del suo ministero in Parlamento. Usa il tono pacato della prudenza sui conti, anche se non nasconde di aver avviato con l'Ue un confronto per avere più spazi di manovra ma senza far saltare il banco. Già più di qualcuno dall'opposizione fa balenare però l'idea che la Flat Tax rimanga sulla carta. A loro risponde il premier Giuseppe Conte, nei panni di pater familias: «Non è il ministro dell'economia che ha premura per i conti in ordine. Io per primo e tutti i ministri abbiamo questa premura, ci mancherebbe» Tria spiega la sua filosofia. La discontinuità sarà nelle scelte non nei conti. Anche se non nasconde che il contesto non è facile: «ci sono rischi di una moderata revisione al ribasso per la previsione di crescita del 2018». Il Pil dipenderà anche dallo spread. Come dire, bisognerà avere come alleati anche i mercati che guardano a quello che si dice e si fa. Tria così ribadisce l'impegno sul debito e quello di contenere la spesa corrente. Un richiamo che sarà necessario verificare in concreto quale impatto avrà sulle spese già programmate per capitoli importanti, come quello della Sanità, in una sorta di deja vu che si ripete ad ogni legge di Bilancio. Certo il governo punta a chiedere nuova flessibilità a Bruxelles. Anche perché - spiega Tria - le previsioni lasciate dal governo uscente per il 2019 «implicano un aggiustamento troppo drastico». Tradotto: la manovra di bilancio per il 2019, quella che deve bloccare gli aumenti Iva, non sarà facile da realizzare e potrebbe essere troppo onerosa. E certo «gli obiettivi di medio termine dovranno slittare», dice con un riferimento al pareggio di bilancio. Ecco allora che il governo gioca d'anticipo. Saranno istituite tra task foce, una in materia di Welfare, una di fisco e una in materia di investimenti pubblici. Le tre priorità sono «l'inclusione sociale e le politiche attive per il lavoro con particolare enfasi su lotta alla povertà e reinserimento nel mondo del lavoro». Poi la «riforma delle imposte dirette con l'obiettivo prioritario di ridurre gradualmente il carico sui redditi bassi e medi e sulla piccola impresa». Di certo non c'è alcuna patrimoniale sul tavolo. Infine va previsto il rilancio degli investimenti pubblici non solo con maggiori risorse ma anche rimuovendo ostacoli burocratici.

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