PESCARA «Un segnale molto negativo per il mondo delle imprese». È il giudizio espresso da Confindustria Chieti-Pescara sul Decreto Dignità varato lunedì sera dal governo Conte. «Il primo atto collegiale dell'esecutivo», scrive la principale associazione industriale d'Abruzzo, «che produrrà il risultato di avere meno lavoro, non meno precarietà». CONFINDUSTRIA. Sono le imprese, sottolinea Confindustria, a creare lavoro. «Le regole possono favorire o scoraggiare i processi di sviluppo», aggiungono gli industriali, «e hanno la funzione di accompagnare i cambiamenti in atto, anche nel mercato del lavoro. Si dovrebbe perciò intervenire sulle regole quando è necessario per tener conto di questi cambiamenti e, soprattutto, degli effetti prodotti da quelle precedenti: mentre i dati Istat raccontano un mercato del lavoro in crescita, il Governo innesta la retromarcia rispetto ad alcune innovazioni che hanno contribuito a quella crescita». E il direttore generale di Confindustria Chieti Pescara, Luigi Di Giosaffatte, rincara la dose: «Ancora una volta assistiamo ad uno spettacolo poco edificante per la politica italiana, che è quello di smontare leggi senza alcuna verifica preventiva dei risultati economici e sociali realizzati nel Paese». CONFESERCENTI. Sulla stessa lunghezza d'onda anche le altre associazioni datoriali. «Siamo insoddisfatti. L'aumento degli oneri sui contratti a termine», fa sapere la Confesercenti, « costerà oltre 100 milioni di euro». E CONFCOMMERCIO. «Se l'obiettivo era quello di favorire la creazione di nuova occupazione», afferma Confcommercio, «si va invece nella direzione opposta, con l'aggravante di creare periodi di incertezza». CONFIMPRESE. «Le clausole sul contratto a termine», sottolinea Mario Resca, presidente di Confimprese, «portano a un restringimento, contrario ai principi del nuovo Governo». GLI ARTIGIANI DI CNA. «L'irrigidimento introdotto nell'utilizzo dei contratti a tempo determinato», scrive la Cna, «penalizza quanti stanno creando occupazione, e quindi delude artigiani e pmi». E DI CONFARTIGIANATO. «Le misure sui contratti a termine contenute nel decreto dignità», dice il presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti, «confermano i nostri timori: si introducono rigidità e costi per le imprese senza peraltro creare benefici per i lavoratori. Non è così che si favorisce l'occupazione». DELOCALIZZAZIONI. Il coro di critiche non risparmia neanche la parte che impone alle imprese l'obbligo di restituire i contributi pubblici ricevuti, in caso di delocalizzazione dell'attività produttiva. «L'ambito di applicazione è ampio», dicono gli industriali, «in quanto comprende tutti gli aiuti di Stato erogati alle imprese per gli investimenti, indipendentemente dalla relativa forma. Inoltre, alcuni dei presupposti delle misure risultano poco chiari e suscettibili di interpretazioni disomogenee. Rispetto alle prime formulazioni, però, l'ultima bozza disponibile del decreto contiene alcuni correttivi che ne riducono, in parte, i potenziali impatti negativi sul tessuto produttivo. In particolare: il vincolo temporale di mantenimento delle attività è ridotto a 5 anni rispetto ai 10 previsti nelle prime bozze».DUE IPOTESI. Sono state individuate due specie diverse di delocalizzazione: la prima riguarda quelle al di fuori dell'Ue, «rispetto alle quali in caso di decadenza dai benefici si applica anche una sanzione amministrativa pecuniaria sproporzionata, da due a quattro volte l'importo del beneficio; la seconda è relativa agli aiuti di Stato attribuiti per l'effettuazione di investimenti produttivi specificamente localizzati per i quali è prevista la revoca in caso di delocalizzazione fuori dallo specifico ambito territoriale. Resta, infine, il problema dell'eccessiva discrezionalità affidata alle amministrazioni, tanto sotto il profilo della corretta applicazione della norma, quanto con riferimento alle modalità, tempi e procedure dell'eventuale revoca dei contributi».