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Pescara, 24/11/2024
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Data: 06/07/2018
Testata giornalistica: Il Centro
Si alza il livello del mare. Costa abruzzese a rischio. Pescara, Martinsicuro e Fossacesia tra le nuove sette località finite nell’elenco. Lo scenario si riferisce al 2100. Lo studioso: «Bisogna ridurre le emissioni di CO2»

Meno di cento anni, e la fascia costiera dell’Abruzzo potrebbe assumere un volto molto diverso rispetto a quello attuale. Tra le sette nuove aree individuate dall’Enea a rischio inondazione, causa l’innalzamento del Mar Mediterraneo, ben tre si trovano lungo la costa abruzzese: Pescara, Martinsicuro e Fossacesia. Sul banco degli imputati i cambiamenti climatici e il surriscaldamento globale che sta determinando lo scioglimento della calotte glaciali Artica e Antartica, oltre alle caratteristiche geologiche della nostra penisola.
FINE SECOLO. Ieri l’Enea ha presentato a Roma il nuovo modello climatico per previsioni a breve termine. Alle aree italiane a rischio precedentemente individuate, si aggiungono oltre alle tre abruzzesi, anche Lesina (Foggia), con previsione di arretramento delle spiagge e delle aree agricole, Granelli (Siracusa), Valledoria (Sassari), Marina di Campo sull’Isola d’Elba (Livorno). Le nuove misure indicano una perdita di decine di chilometri quadrati di territorio entro fine secolo, quando il livello delle acque marine, secondo una previsione dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico), si alzerà di circa un metro. In Italia, complessivamente, si stima una perdita di circa 5500 chilometri quadrati di suolo che sarà sommerso dal mare, e dove si concentra circa il 55% della popolazione italiana.
L’ABRUZZO. A “salvare” l’Abruzzo sarà la sua conformazione. Non essendo presenti in regione pianure vastissime, sottolinea Fabrizio Antonioli, geomorfologo dell’Enea, le aree a rischio di essere ricoperte dal mare sono molto limitate, almeno da qui ai prossimi 80 anni. Oltretutto, a contrastare in qualche modo l’avanzamento dell’Adriatico ci sono i fiumi che trasportano sedimenti e detriti a valle. La situazione, spiega sempre Antonioli, cambia radicalmente tra Trieste e Ravenna, dove le pianure sono molto più estese e dove la superficie che rischia di essere sommersa dall’acqua, quindi, è più estesa.
NON TUTTO È PERDUTO. Non si tratta, tuttavia, di una “condanna” inevitabile. «Tutto dipenderà », aggiunge lo studioso, «da quello che si riuscirà a fare da qui al 2100, e, in particolare, se si riusciranno a ridurre le emissioni di CO2 globale. Oggi siamo arrivati a 411 parti di CO2 per milione». Un dato altissimo, se paragonato alle 315 ppm di 60 anni fa.
IL SUPER CALCOLATORE. A elaborare il modello previsionale è Cresco6, il super calcolatore di cui l’Enea dispone, che integra dati oceanografici, geologici e geofisici.
IL MODELLO COMPLETO. La mappatura delle sette nuove aree costiere italiane a rischio inondazione va ad aggiungersi a quelle già individuate dall’Enea nell’area costiera dell’alto Adriatico compresa tra Trieste, Venezia e Ravenna, nel golfo di Taranto e nelle piane di Oristano e Cagliari. Ma altri tratti di costa a rischio sono stati rilevati in Versilia, nel Lazio (Fiumicino, Fondi e zone dell’Agro pontino), in Campania (piane del Sele e del Volturno), e in Sicilia (aree costiere di Catania e isole Eolie). «Negli ultimi 200 anni il livello medio degli oceani è aumentato a ritmi più rapidi rispetto agli ultimi 3 mila anni, con un’accelerazione allarmante pari a 3,4 millimetri l’anno», conclude Antonioli. Ma a giocare un ruolo importante sarà anche la conformazione dell’Italia, compresi, spiega il climatologo Gianmaria Sannino «i movimenti tettonici che caratterizzano un paese geologicamente attivo, dove si manifestano con grande frequenza bradisismi e terremoti, anche nelle aree costiere».

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