Le Regioni hanno bisogno di certezze per programmare i servizi di trasporto pubblico. Per questo, almeno due articoli della famigerata legge 50, che prevede riduzioni brutali del Fondo nazionale in caso non si soddisfino determinati requisiti, vanno rivisti o abrogati. Lo hanno scritto al nuovo ministro dei Trasporti Danilo Toninelli gli assessori regionali della Liguria, Lombardia e Veneto, Gianni Berrino, Claudia Maria Terzi ed Elisa De Berti. La norma approvata nel 2017 è sotto tiro da tempo, ad opera di Regioni ed enti locali. Le modifiche chieste esplicitamente sono due: l'articolo che riguarda i costi standard - il 27 - perché sarebbe troppo cervellotico, producendo degli effetti incompatibili con i tempi di approvazione dei bilanci regionali. Le tre Regioni, per gestire la situazione, chiedono perlomeno che gli effetti sulla quota di Fondo destinata a ciascuna si producano nell'anno successivo al calcolo. L'applicazione dei cosiddetti costi standard è temuta. In parole semplici, si tratta di fare una media analizzando tutti i fornitori di servizi e fissare qual è il "costo" giusto del prodotto trasporto. Sulla carta, un modo per stimolare recuperi di efficienza. In pratica, un potenziale bagno di sangue, visto il gap di costi e caratteristiche tra le varie città d'Italia. L'altro ritocco che chiedono le tre Regioni è quello all'articolo (il 39) che impone un taglio del 20%, sempre al Fondo trasporti, in caso le Regioni stesse non abbiano erogato a Province e Città metropolitane i fondi per l'esercizio delle funzioni. Non è finita: un altro articolo è nel mirino di un ampio movimento di opposizione, cioè quello che imponeva di assegnare o bandire gare per affidare il servizio bus entro la fine del 2017. Chi non l'ha fatto rischia una decurtazione progressiva fino al 15% del Fondo. Il tema è discusso in commissione Trasporti: tutti gli enti inadempienti - o quelli, come Genova, che rischiano di essere dichiarati tali - chiedono che la legge cambi.