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Data: 10/07/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Lavoro, sui voucher si apre lo scontro Lega-Cinquestelle. Ma la maggioranza resta unita sui negozi Leggi gemelle contro le aperture festive

ROMA Ancora una fumata nera. Il decreto Dignità approvato ormai una settimana fa in consiglio dei ministri, non è stato pubblicato ancora sulla Gazzetta Ufficiale. Anzi, fino a ieri sera il testo messo a punto dai tecnici del ministero dello Sviluppo economico e del lavoro, non aveva ancora ricevuto nemmeno il bollino della Ragioneria generale dello Stato, il passaggio che certifica che il testo è compatibile con le regole sui conti pubblici. Un atto necessario, senza il quale il provvedimento non può essere nemmeno trasmesso al Presidente della Repubblica per la firma. Il lavoro tecnico, insomma, è proseguito lento. Nessun intoppo di sostanza, ma i testi poco chiari e qualche copertura da limare, hanno reso necessari i tempi supplementari. Con qualche effetto collaterale. Siccome fino a quando il decreto non sarà pubblicato in Gazzetta le norme non entreranno in vigore, negli ultimi giorni ci sarebbe stato un corri corri generale a firmare contratti pubblicitari e di sponsorizzazione con le società di scommesse, visto che il divieto di spot entrerà in vigore soltanto fra un anno. Intorno al testo, comunque, la tensione resta ancora alta. Non passa giorno in cui il ministro dello Sviluppo, Luigi Di Maio, non sia costretto a difendere le norme e a mettere le mani avanti.
LE MANI AVANTI
«Ci deve essere una questione chiara sul decreto dignità», ha detto ieri Di Maio, «il tema dei voucher, se deve essere introdotto per sfruttare di nuovo la gente, troverà un muro in cemento armato nel Movimento 5 Stelle». Parole rivolte alla Lega e che contengono due messaggi. Il primo è che i voucher saranno reintrodotti, come chiesto dal Carroccio. Il secondo è il tentativo di mettere le mani avanti provando a limitare i danni. Una direzione nella quale va anche un altro messaggio recapitato ieri da Di Maio all'alleato di governo: nel passaggio parlamentare le norme non dovranno essere modificate, ma solo introdotti temi aggiuntivi e il testo dovrà essere approvato senza voto di fiducia. Il timore di Di Maio, è che il provvedimento venga «annacquato». Preoccupazione fondata. Al Nord la Lega ha dovuto fronteggiare una vera e propria sollevazione da parte delle imprese contro il decreto che mette le briglie ai contratti a termine. Gli amministratori locali del Carroccio sono stati subissati da telefonate degli imprenditori dei ricchi territori che da sempre sono il bacino elettorale della Lega. A loro volta sindaci e consiglieri locali hanno chiamato i vertici di via Bellerio. A rivoltarsi contro il decreto non sono state solo le grandi imprese aderenti a Confindustria, ma anche la Confcommercio e i piccoli imprenditori. Il tema sarebbe già stato affrontato da Salvini e Di Maio, e si starebbe cercando una via d'uscita.
L'IMPERATIVO
L'imperativo, a questo punto, è evitare il Vietnam parlamentare, modificando il testo soltanto con emendamenti governativi, contrattati direttamente tra Di Maio e Salvini. Sui contratti a termine, per esempio, si starebbe lavorando all'idea di rafforzare le norme transitorie, evitare cioè, che la tagliola delle nuove regole che riducono da 36 a 24 mesi la durata dei contratti, si applichi agli accordi in corso. Una via d'uscita onorevole anche per Di Maio. Il problema vero restano i vocuher. Ieri Di Maio ha detto che lo strumento dovrebbe tornare alle sue origini, in pratica quando si poteva utilizzare solo per i lavoretti, come il doposcuola o i piccoli lavori di giardinaggio. Ma il ministro leghista dell'Agricoltura, Gian Marco Centinaio, spinge per la loro reintroduzione nel settore agricolo e nel turismo. «Servono in agricoltura e per gli alberghi», gli ha fatto eco ieri Salvini. Le posizioni restano distanti. Frizioni da tenere a banda, anche perché tra poco più di un mese entrerà nel vivo la preparazione della manovra economica di ottobre che rischia di fare da detonatore. Per questo ieri durante il vertice sui migranti convocato a Palazzo Chigi e al quale ha preso parte anche il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, si è iniziato ad affrontare anche il tema delle grandi riforme previste dal contratto di programma, dalla Flat Tax al reddito di cittadinanza. Tria ha già spiegato di non voler sfasciare i conti, e dunque le proposte del contratto andranno realizzate nell'arco della legislatura.

Ma la maggioranza resta unita sui negozi Leggi gemelle contro le aperture festive

ROMA Insieme contro le aperture domenicali. M5S e Lega su questo andavano d'accordo anche prima e ieri sono state assegnate alla commissione Attività produttive le rispettive, ma praticamente identiche, proposte di legge per chiudere i negozi durante i giorni festivi. Registi dell'operazione il team dei sottosegretari gialloverdi. Sono proposte che avanzarono anche nella scorsa legislatura. E le hanno ripresentate due settimane dopo la prima seduta delle Camere. Perciò è considerata una legge prioritaria per entrambi.
SOTTOSEGRETARI
Il Movimento lha leggermente cambiata: il primo firmatario non è più Michele Dell'Orco che la presentò nel 2013 appena sbarcato in Parlamento. Dell'Orco non è stato rieletto ma è diventato sottosegretario ai Trasporti. Il testimone di questa proposta di legge l'ha raccolto Davide Crippa, anche lui diventato sottosegretario al Mise. Oltre a lui firmano la proposta neoeletti come Rachele Silvestri, 31 anni, professione: commessa, e quindi molto toccata dalla questione. Il tema si era rivelato prezioso in campagna elettorale anche per stabilire un buon rapporto con i vescovi che si sono sempre schierati contro le aperture domenicali degli esercizi commerciali perché considerate deleterie per le famiglie. Nella nuova proposta di legge i Cinque Stelle aggiungono nel calderone l'amato e-commerce; non grandi cose: nel testo si dice che il consumatore potrà continuare a comprare online ma dovrà essere chiaro che l'attività commerciale se si svolge in Italia, non sarà esercitata in alcune delle sue fasi la domenica). E, novità, accolgono parzialmente la deregulation tanto odiata per bar, ristoranti, e attività turistiche, e le città turistiche pure. In modo che la loro proposta combaci con quella dell'alleato in ottica di governo.
E infatti il testo presentato dalla leghista Barbara Saltamartini è identico nei contenuti. Il Carroccio è stato addirittura più celere nel depositarlo rispetto al Movimento. Il testo, uguale a quello della scorsa legislatura, reca firme importanti, di deputati che ricoprono posti chiave nell'esecutivo. Sono di nuovo tutti sottosegretari: c'è la firma dell'attuale sottosegretario Giancarlo Giorgetti, e quella din Nicola Molteni, anche lui nominato sottosegretario al Viminale. C'era anche la firma di Massimiliano Fedriga che ora da governatore del Friuli Venezia Giulia, se la legge verrà approvata, avrà in capo le competenze per chiudere i negozi la domenica.
TURNI
La proposta pentastellata è molto schiacciata su presupposti laburisti, sui diritti dei lavoratori e sulla desertificazione dei centri storici che per colpa della grande distribuzione soffrono la concorrenza spropositata. Si parla di «turni massacranti e senza scelta, anche nei giorni festivi» e di «ricatto occupazionale». La Lega, che nel governo ha infatti un ministro della Famiglia, la punta proprio su questo. Il vantaggio di lavoratori e consumatori sarebbe quello di «riscoprire pian piano il piacere di riappropriarsi di alcuni valori all'interno del contesto sociale in cui vivono come, ad esempio, quello di trascorrere le festività in famiglia o di impiegare il proprio tempo libero passeggiando all'aria aperta o nei piccoli centri». Presupposti diversissimi, obiettivi identici.

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