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Data: 13/07/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Rappresentanza, Di Maio apre il fronte sindacale

ROMA Il governo accende i fari sulla rappresentanza sindacale. «Adotteremo strumenti utili per la verifica confidando che questo stimoli un processo di aggiornamento interno», ha annunciato ieri il ministro Luigi Di Maio. Esponendo davanti alle commissioni Lavoro, Attività produttive e Affari sociali le linee programmatiche dei suoi due ministeri, il vicepremier ha avvertito che «l'azione dei sindacati può essere fondamentale nella gestione delle dinamiche delle relazioni industriali ma solamente se si può avere un adeguato riscontro della effettività della loro funzione». Insomma, Palazzo Chigi punta a verificare se il peso e l'influenza delle confederazioni, all'interno degli organismi aziendali, è giustificato da una reale investitura da parte della maggioranza dei lavoratori. Elemento del quale, evidentemente, il nuovo governo dubita. Non è la prima volta che il leader grillino entra a gamba tesa nell'arena sindacale. Dieci mesi fa aveva avvertito che «se il Paese vuole essere competitivo, le organizzazioni sindacali devono cambiare radicalmente. Dobbiamo dare possibilità alle associazioni giovanili di contare nei tavoli contrattazione: serve più ricambio nelle organizzazioni sindacali». Parole alle quali era seguito un perentorio: «O i sindacati si autoriformano o, quando saremo al governo, faremo noi la riforma». Insomma il tempo della resa dei conti sembra essere arrivato. E Di Maio sembra intenzionato ad andare fino in fondo. Anche se le dichiarazioni del ministro non hanno scomposto più di tanto i sindacati. «Se il vicepremier chiede una verifica dei dati relativi alla rappresentanza sindacale noi siamo prontissimi», ha replicato Carmelo Barbagallo. Il segretario generale della Uil ha precisato che «per avere chiaro il quadro della rappresentatività dei sindacati, basta leggere i risultati delle consultazioni elettorali che, sistematicamente e a scrutinio segreto, si svolgono in tutti i luoghi di lavoro, coinvolgendo tutti i lavoratori». Ad esempio, ha aggiunto Barbagallo «nelle recenti elezioni per il rinnovo delle Rsu nel pubblico impiego ha votato circa il 90% dei lavoratori. Ovviamente, si vota anche in tutti i luoghi di lavoro del settore privato e gli esiti sono pubblicizzati». Insomma, secondo Barbagallo «quanto pesano i sindacati è cosa nota». «Quello che manca non è la certificazione sulla rappresentatività delle organizzazioni dei lavoratori, ma quella dei datori di lavoro» ha osservato polemicamente il segretario della Fp Cgil, Serena Sorrentino. Sulla stessa posizione anche la Cisl.
LE LINEE
In realtà, la questione della rappresentanza sindacale è solo la punta di un iceberg che il governo giudica molto più ampio. I 5 Stelle, in particolare, vorrebbero una riforma complessiva convinti che i sindacati si siano trasformati in burocrazie autoreferenziali che esercitano impropriamente un monopolio delle relazioni industriali. E a rimetterci sarebbero soprattutto giovani, disoccupati o precari, categorie sottorappresentate e, per questa ragione, poco tutelate. Nella riforma che ha in mente il Movimento, è necessario assicurare che in tutti i luoghi di lavoro sopra i 15 dipendenti i lavoratori possano eleggere delle rappresentanze sindacali e che tutti siano elettori ed eleggibili e che tutti possano partecipare con liste delle organizzazioni sindacali tradizionali, con liste delle organizzazioni sindacali nuove, con liste delle organizzazioni sindacali di base, o con liste di lavoratori all'interno dei luoghi di lavoro. Insomma, via libera a meccanismi elettivi il più aperti possibile e che poi siano i lavoratori a decidere chi li rappresenta nei luoghi di lavoro. Una svolta che segnerebbe una notevole perdita di potere delle grandi confederazioni. Nei mesi scorsi, inoltre i grillini hanno anche invocato più trasparenza nei bilanci, uno stop al rinnovo automatico delle tessere degli iscritti e un tetto ai distacchi retribuiti.

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