ROMA Che fossero su binari diversi, era noto. D'altronde da subito Confindustria ha fatto presente che il decreto Dignità non andava bene. In ogni caso il confronto era rimasto sempre a livello di normale dialettica: era stato così - nonostante qualche velata minaccia di uscite delle aziende pubbliche dal sistema confindustriale - anche qualche sera fa in un faccia a faccia televisivo tra il ministro Luigi Di Maio e il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. Invece ieri il binario è diventato unico e i treni si sono violentemente scontrati. Confindustria, con l'audizione del direttore generale Marcella Panucci in commissione alla Camera, ci è andata giù pesante: per la reintroduzione delle causali, gli effetti del provvedimento - ha detto - saranno peggiori delle stime di Inps e Rgs che indicano 8.000 contratti persi all'anno; le nuove regole sulle delocalizzazioni sono «poco chiare e punitive» perché colpiscono non solo le delocalizzazioni «selvagge» ma anche quelle «buone»; la lotta alla ludopatia è condivisibile «ma il divieto assoluto della pubblicità ci sembra eccessivo». Insomma una bocciatura a tutto tondo. Che ha fatto infuriare il ministro del Lavoro e dello Sviluppo, Di Maio: «Fanno terrorismo psicologico. Confindustria è la stessa che gridava alla catastrofe se avesse vinto il no al Referendum, poi sappiamo come è finita» . E ancora: «Una cosa è totalmente sbagliata: che Confindustria difenda il gioco dazzardo e la sua pubblicità dopo tutto il male che ha fatto a tanti padri e madri di famiglia ma anche ai bambini perché un minore su 2 in Italia gioca dazzardo».
Toni durissimi che fanno prevedere l'interruzione di qualunque residuale contatto tra l'associazione di viale dell'Astronomia e il ministero di via Veneto. Tant'è che nel pomeriggio entra in campo il premier con la divisa di pompiere: «Confindustria fa la sua parte, ma secondo me fraintende. Leggendo con attenzione il decreto dignità non hanno nulla da temere. Non abbiamo abolito la possibilità di stipulare i contratti a tempo determinato, quindi se si dovessero usare toni allarmistici sarebbe assolutamente improprio». E poi ricorda le promesse sul taglio del costo del lavoro per i contratti stabili.
I TIMORI
In realtà Confindustria più di una volta - e lo ha ribadito anche ieri - ha detto di condividere la lotta al precariato. Ma considera sbagliata «la brusca retromarcia» innestata dal dl Dignità rispetto alle attuali norme che regolano assunzioni e licenziamenti. Più che la riduzione della durata massima dei contratti a termine da 36 a 24 mesi - ha spiegato Panucci - preoccupa la reintroduzione delle causali per i rinnovi e le proroghe dei contratti superiori a un anno. Esporrà le imprese «allimprevedibilità di un'eventuale contenzioso» e questo di fatto finirà «per limitare a 12 mesi la durata ordinaria del contratto a tempo determinato, generando potenziali effetti negativi sulloccupazione oltre quelli stimati nella Relazione tecnica al decreto». Invece «le riforme degli anni scorsi - ha ricordato Panucci - avevano contribuito ad abbattere le cause di lavoro sui contratti a termine, passate da oltre 8.000 nel 2012 a 1.250 nel 2016». Molte le critiche anche sull'aumento dell'indennizzo in caso di licenziamenti illegittimi: «Rischia di scoraggiare le assunzioni a tempo indeterminato». Lamentazioni che i vertici di viale dell'Astronomia hanno raccolto in tutte le organizzazioni territoriali. Comprese quelle del Nord, dove la Lega ha fatto il pieno di consensi. E proprio sulla Lega adesso Confindustria punta per limare i danni del decreto. Una palla che Di Maio però ha già intercettato, e che ha intenzione di parare concedendo qualcosa agli alleati: la norma che reintroduce i voucher. Gi.Fr.