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Pescara, 24/11/2024
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Data: 20/07/2018
Testata giornalistica: Il Centro
In 10 anni persi 14mila posti di lavoro. Lo rivela uno studio realizzato dalla Cisl presentato ieri a Pescara dal segretario Malandra e dal professor Mauro

PESCARA Sono 14mila i posti di lavoro persi dal 2008 in Abruzzo. Nonostante la ripresa di circa 37mila unità tra il 2017 e il 2018 il confronto con il 2008, l'anno in cui arrivò in Italia l'onda lunga della grande recessione americana scoppiata con la crisi dei subprime, vede ancora l'Abruzzo soccombere del 2,7%. Il tasso di occupazione nel primo trimestre del 2018 si attesta sul 58,1%, recuperando 4 punti percentuali rispetto all'anno precedente, ma l'incremento, sottolinea un'analisi condotta dalla Cisl, «è essenzialmente legata all'aumento dei contratti a tempo determinato, come segnala l'Inps dall'Osservatorio sul precariato».
LO SCENARIO. A illustrare lo studio il professor Giuseppe Mauro, ordinario di politica economica all'Università d'Annunzio, e il segretario della Cisl Abruzzo Molise, Leo Malandra. L'incremento occupazionale, come si evince nel dettaglio nella tabella accanto, si concentra nell'agricoltura e nell'attività dei servizi, ma non nel commercio, negli alberghi e nella ristorazione. Anche l'industria e le costruzioni mostrano una ripresa. «Sono 60 mila i disoccupati», ha spiegato Malandra, «ossia coloro che tra i 15 e 74 anni si sono mossi a cercare lavoro. Un numero ancora elevato. Il tasso di disoccupazione è diminuito nel primo trimestre 2018, ma rimane tuttavia ben sopra i livelli pre-crisi (6,8%)».
IL PRECARIATO. È vero che i poti di lavoro sono aumentati, ha sottolineato ancora Malandra, ma si tratta principalmente di occupazione «che purtroppo non è di qualità e non è stabile, soprattutto per la mancanza di incentivi, nazionali e regionali, che creerebbero posti di lavoro aggiuntivi a tempo indeterminato». Addirittura, il 70% della nuova occupazione, ha detto il segretario della Cisl, è a tempo determinato, mentre nel 2015 la percentuale era del 30%.
LE IMPRESE. Il tessuto produttivo abruzzese sta risentendo ancora degli effetti della crisi, nonostante il valore dei prodotti esportati sia aumentato del 7%. Il territorio, secondo il report della Cisl, è ancora poco competitivo e scarsamente attrattivo per gli investimenti di nuova imprenditoria. «La lieve crescita economica e produttiva registrata è imputabile solo agli sforzi dell'apparato produttivo delle grandi imprese. Gli investimenti pubblici», ha detto il professor Mauro, sono ancora solo sulla carta degli strumenti di programmazione messi in campo dalla politica, ma in larga parte ancora non operativi e cantierati. L'Abruzzo non può reggersi solo sulla grande impresa manifatturiera, che pure, per rimanere e radicarsi, necessita di interventi infrastrutturali viari, portuali e di estensione della banda larga, come di abbattimento dei costi dell'energia. Ciò che deve essere assolutamente rafforzato è il sistema delle pmi».
IL DECRETO DIGNITÀ. Se ne parla da mesi, ma quale impatto potrà avere il decreto dignità sui lavoratori abruzzesi?. «Certamente», spiega ancora il professor Mauro, «presenta degli aspetti positivi in quanto impedisce la prosecuzione del lavoro precario. Il problema sta nel fatto che bisogna vedere il tipo di imprese che noi abbiamo, nel senso che se le impresa è efficiente, ed è sul mercato, il passaggio a tempo indeterminato è quasi immediato. Dove invece il sistema produttivo presenta delle carenze, è chiaro che per stare sul mercato ricorre a forme di precariato continuativo. In linea di principio, è giusto ed è corretto, vice ersa può determinare anche effetti negativi sull'occupazione per quelle piccole e medie imprese che non avendo uno standing elevato hanno bisogno di ricorrere a rapporti a tempo determinato».
L'EXPORT. Migliorano le esportazioni, che nel 2018 sono aumentate del 7% su scala regionale, rispetto al 2017. La variazione più significativa è quella che riguarda la provincia di Pescara (+53%).

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