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Pescara, 24/07/2024
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Data: 24/07/2018
Testata giornalistica: Il Centro
Taddei e Scimia: «La città è a rischio». I due imprenditori hanno in tutto quasi 200 dipendenti. Coedil 99: lavorano anche i nostri parenti, potremmo licenziare

Un milione e 700 mila euro da sborsare subito, se passerà la linea della restituzione delle tasse. Da pagare in un'unica soluzione, entro 30 giorni. La Taddei Costruzioni, azienda legata al gruppo Edimo, ha quasi ultimato le perizie che dimostrano i danni subìti: dopo il terremoto del 2009, con grandi appalti in corso nel ramo carpenteria, si è dovuta attrezzare immediatamente, realizzando in poco tempo 200 alloggi provvisori per i dipendenti, per non interrompere le linee produttive. Agli oltre 200 lavoratori ha offerto, per un anno, vitto e alloggi, gratis. Oggi lo Stato bussa alla porta dell'azienda, richiedendo indietro poco meno di 2 milioni di euro. «Quanto sta accadendo ha dell'incredibile», sostiene Danilo Taddei, direttore commerciale dell'omonima azienda, «abbiamo dovuto far fronte a moltissime spese, dopo il sisma, gestire una situazione di assoluta emergenza, attrezzarci per far restare i dipendenti al lavoro, offrendo loro un posto dove dormire. E, a distanza di quasi dieci anni, lo Stato ci richiede le tasse non versate. La nostra azienda ha accantonato i fondi in bilancio, inoltre contiamo di poter dimostrare, con le perizie, quanto fatto, ma il Governo», sottolinea Taddei, «non si è assunto la responsabilità di onorare l'impegno preso con le aziende aquilane, che si sono semplicemente attenute ad una legge dello Stato. Invece di pensare a lavorare, le imprese aquilane sono costrette a perdere tempo e denaro con perizie, accertamenti e calcoli». Sono 120 i lavoratori in organico: la Taddei è pronta a tutelare fino in fondo i diritti acquisiti. «Se si dovesse procedere con il recupero delle somme», incalza Danilo Taddei, «partirebbero immediatamente i ricorsi al Tar, con la richiesta di sospensiva. Tutta questa vicenda ha dell'assurdo». Carmine Scimia è titolare della Coedil 99, azienda con una cinquantina di dipendenti. Anche lui è alle prese con i conti. «La mia azienda rientra nella fascia tra i 200 mila e i 500 mila euro», dice, «ma parlare solo di soglia del de minimis è riduttivo. Qui c'è in gioco il futuro di una città. Se anche qualcuno riuscisse a salvarsi dimostrando il danno, verrebbe risucchiato da un effetto domino che paralizzerà il tessuto imprenditoriale. Accantonare somme così elevate non è possibile », fa notare, «le aziende aquilane, dopo il terremoto, hanno dovuto contenere l'invasione dei grandi gruppi che arrivavano da fuori. Se guardiamo i dati della ricostruzione, la percentuale di imprese locali è minima rispetto al fabbisogno, anche nel comparto delle forniture di materiale. Come si può pensare che gli imprenditori abbiano tratto vantaggi dal terremoto, rispetto alla concorrenza? Semmai si sono dovuti difendere dalle aggressioni esterne». Un problema gravissimo, per Scimia, «che riguarda tutta la città. Anche chi dice “hanno guadagnato, adesso restituiscano”, non si rende conto che nelle aziende interessate lavorano mogli, figli, amici, parenti che potrebbero essere mandati a casa se dovesse concretizzarsi questa ipotesi». «Inoltre», conclude il titolare della Coedil 99, «con le ingiunzioni di pagamento in atto le banche chiuderebbero subito i rubinetti». Adesso la battaglia non è soltanto sul de minimis (alzare la soglia da 200 mila a 500 mila euro), ma anche la franchigia. E settembre è... domani.

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