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Pescara, 24/11/2024
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Data: 25/07/2018
Testata giornalistica: Il Centro
«D'Alfonso può mantenere i due ruoli». Il 5 Stelle perdono il ricorso in tribunale contro il governatore-senatore. Il voto ora può davvero slittare al 2019. Il M5S va avanti «Ricorriamo in appello»

L'AQUILA «Il parlamentare entra nelle proprie funzioni con la proclamazione». Ma l'assunzione della carica dev'essere «sottoposta alla condizione risolutiva della convalida». Cioè Luciano D'Alfonso è stato sì proclamato senatore il 16 marzo scorso ma la sua elezione dev'essere ancora convalidata dalla Giunta delle incompatibilità del Senato.
SLITTA TUTTO. È questo il passaggio chiave dell'ordinanza con cui il tribunale dell'Aquila ha rigettato il ricorso del Movimento 5 Stelle ed ha anche condannato i ricorrenti al pagamento delle spese legali di 3.720 euro in favore di D'Alfonso. Che resta in sella, come senatore della Repubblica e governatore d'Abruzzo, fino a che la sua incompatibilità nel doppio ruolo non sarà ufficializzata dalla Giunta delle elezioni del Senato che proprio oggi avvia il suo iter.Ma è improbabile che decida prima di settembre. In parole semplici, si voterà nel 2019.
I PROTAGONISTI. L'ordinanza dei giudici Daria Lombardi, presidente estensore, Christian Corbi e Stefano Iannaccone, è stata depositata ieri. Il ricorso era stato presentato il 7 maggio scorso dai consiglieri regionali Sara Marcozzi, Domenico Pettinari, Pietro Smargiassi, Gianluca Ranieri e Riccardo Mercante, e dai cittadini Davide Mellace, Giordano Di Matteo, Luigi Colalongo e Maria Fanti, difesi dall'avvocato Isidoro Malandra, contro D'Alfonso, assistito dall'avvocato Carlo Montanino.
LA PREMESSA. «A parere del Collegio, risultano condivisibili le prospettazioni di parte resistente (D'Alfonso, ndr) sulla scorta delle quali, fin quando non vi è la convalida della nomina di Senatore, con conseguente consolidazione dello status di parlamentare, il resistente non può essere dichiarato decaduto rispetto a nessuna delle due cariche, conservando la facoltà di opzione rispetto a quella da ricoprirsi».
IL PRINCIPIO. I giudici, fatta questa premessa, spiegano che «la ratio del controllo della Giunta è quella di accertare la sussistenza dei requisiti di eleggibilità, e la verifica dei titoli in quanto il parlamentare entra nelle proprie funzioni con la proclamazione, mentre l'assunzione della carica è sottoposta alla condizione risolutiva della convalida».Così prevede il regolamento della Giunta per le elezioni che detta tempi e modi: «Il controllo su eventuali incompatibilità, a seguito delle dichiarazioni dei soggetti interessati, viene effettuato d'ufficio dalla Giunta, entro 18 mesi dalla sua costituzione, e si conclude con la convalida o con la contestazione della nomina. La seconda ipotesi può condurre all'annullamento della nomina stessa».CHI DECIDE. Convalida o contestazione dell'elezione vengono comunque rimesse all'assemblea, «la quale sola può determinare l'annullamento o la decadenza della nomina di senatore, con la conseguenza che solo le Camere possono, in definitiva, delibare in merito all'irregolarità dell'elezione di un parlamentare».
L'AUTONOMIA. Per il tribunale, quindi, prevale la tesi che D'Alfonso sostiene dall'inizio dello scontro con i 5 Stelle, che si basa sul "principio generale di autodichia delle Camere", contemplato nell'articolo 66 della Costituzione, sulla base del quale: «Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità».Autodichia, in sintesi, sta per autonomia delle camere «che trova riferimento anche nella giurisprudenza della Corte Costituzionale».
ANCHE LA REGIONE. L'ordinanza ricorda infine che «lo stesso Consiglio Regionale, nella seduta dell'8 maggio 2018, aveva deliberato di respingere la proposta di procedere alla contestazione di incompatibilità di D'Alfonso quale del Presidente della Giunta Regionale». E dà ragione al governatore-senatore che non si pronuncia.
LA POLITICA. Parla però il suo assessore, Silvio Paolucci, secondo il quale: «Il M5S ha voluto cavalcare strumentalmente la vicenda, portando avanti un'ipotesi che da un lato sottolinea il tasso di estremismo giustizialista dei suoi rappresentanti, e dall'altro fa emergere l'inconsistenza nell'approfondire il merito delle questioni amministrative. I grillini hanno dimostrato la loro incapacità di analisi e si candidano a governare senza conoscere le regole dell'ordinamento».

Il M5S va avanti «Ricorriamo in appello»

PESCARA «Riteniamo l'ordinanza del Tribunale dell'Aquila non condivisibile e quindi ne annunciamo l'impugnazione in tempi brevissimi. Il presidente D'Alfonso è stato già proclamato senatore dalla Corte d'Appello il 16 marzo e da quel momento è divenuto a tutti gli effetti componente del Senato integrando l'incompatibilità sancita dalla Costituzione secondo cui "Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento"». Commentano così i ricorrenti del M5S. «Il Tribunale, facendo propria la tesi di D'Alfonso e sorprendentemente in contrasto con numerosi pareri di illustri costituzionalisti», affermano i 5 Stelle, «sostiene che il senatore che si trova in situazione di incompatibilità possa optare per uno dei due incarichi fino a che non sia intervenuta la convalida della sua elezione da parte del Senato. Il Tribunale nella sentenza, di fatto, sostiene che la proclamazione non sia ancora avvenuta e avverrà solo a seguito del giudizio di convalida. Per noi questa interpretazione non è condivisibile. Abbiamo avanzato al Tribunale una domanda chiara: dichiarare la sussistenza della incompatibilità, e la successiva decadenza, dalla carica di consigliere regionale e presidente di Regione, non di certo da Senatore. In sostanza abbiamo chiesto se fosse possibile appartenere, contemporaneamente, al Consiglio regionale dell'Abruzzo e al Senato. Non ci sembra che sia stata data risposta a ciò. Pertanto, ricorreremo in appello».Dalla parte dei 5 Stelle si schiera anche l'ex deputato Fabrizio Di Stefano secondo il quale: «Se nella forma i 5 Stelle hanno avuto torto, nella sostanza continuano ad avere ragione».

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