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Pescara, 24/11/2024
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27/07/2018
Il Centro
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Pescaraporto, il pm chiude l'inchiesta. La procura avvisa D'Alfonso, Ruffini, Milia e altri tre indagati per il palazzo sulla riviera. Le difese preparano memorie |
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PESCARA La Procura della Repubblica presso il tribunale di Pescara ha chiuso le indagini sulla vicenda Pescaraporto. L'indagine, nata a seguito di una telefonata intercettata nell'ambito di un'altra inchiesta, e dalla segnalazione del consigliere comunale del Movimento Cinque Stelle, Erika Alessandrini, ruota intorno alla realizzazione di un complesso edilizio, costituito da un albergo e diversi uffici, lungo la riviera di Porta Nuova, e precisamente tra il ponte del Mare e il porto turistico, a Pescara. GLI INDAGATI. A ricevere l'avviso di conclusione delle indagini, firmato dal procuratore capo Massimiliano Serpi e dal procuratore aggiunto, Anna Rita Mantini, il presidente della Regione e senatore, Luciano D'Alfonso, nei confronti del quale qualche giorno fa la Procura dell'Aquila ha chiesto l'archiviazione in relazione al procedimento che lo vedeva indagato per la ricostruzione di Palazzo Centi, storica sede aquilana della Giunta regionale; Claudio Ruffini, all'epoca dei fatti segretario dell'ufficio di presidenza del governatore; l'avvocato Giuliano Milia, padre dei titolari delle quote di una delle società che costituiscono la Pescaraporto srl, «nonché amico personale di D'Alfonso», come dice la Procura; il dirigente del Comune di Pescara Guido Dezio, (ex braccio destro di D'Alfonso), e Vittorio Di Biase, dirigente del Genio civile. Anche per Ruffini, indagato con D'Alfonso per la ricostruzione di Palazzo Centi, la procura aquilana ha chiesto l'archiviazione. L'IPOTESI DI REATO. I reati ipotizzati dalla procura di Pescara sono abuso d'ufficio e falso. L'inchiesta è nata da una telefonata ascoltata dalla procura dell'Aquila proprio durante l'indagine sull'appalto di Palazzo Centi, che successivamente è stata inviata alla Procura di Pescara per competenza territoriale. Oltre alle intercettazioni, tra gli atti dell'indagine c'è anche l'esposto presentato dalla consigliera comunale di Pescara del M5S Erika Alessandrini. LA STORIA. Il caso giudiziario ruota attorno a una decisione del Genio civile, che prima dice no all'intervento edilizio sul lungomare di Porta Nuova, motivando la decisione per la possibile pericolosità idraulica delle aree interessate dall'intervento edilizio, poi ci ripensa e dà parere positivo. Alla base del primo diniego, ci sarebbe il rischio di una possibile esondazione del fiume. Un no al progetto che ricalca un altro precedente parere non favorevole che lo stesso Genio civile ha già riservato a tutto il Piano particolareggiato 2 (Pp2), l'area che comprende anche il cantiere Pescaraporto. Poi, però, il Genio civile fa dietrofront. A firmare il nuovo parere, quello favorevole, è l'ingegner Di Biase. L'altro dirigente, infatti, si rifiuta di firmare «una posizione con la quale l'ufficio del Genio civile di Pescara, mutando radicalmente il proprio orientamento pregresso, si dichiarava disinteressato a ogni verifica e intervento interdittivo in ordine a opere in via di realizzazione», si legge in atti. LE PRESUNTE PRESSIONI. Secondo l'ipotesi della Procura pescarese, ancora da dimostrare qualora si dovesse arrivare a un giudizio, alla base del repentino cambiamento di fronte, le «pressioni» che D'Alfonso avrebbe esercitato indirettamente su Di Biase, che avrebbe redatto il parere «sulla falsariga di un appunto manoscritto compilato da Milia». Circostanze su cui le difese preparano memorie a discarico.
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