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Pescara, 24/11/2024
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Data: 27/07/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pescaraporto, nei guai D'Alfonso e Milia

«Siamo da Milia ma non sappiamo il motivo». Alle 8 di mattina del 3 marzo 2016 agli emissari di Luciano D'Alfonso non resta che tirare a indovinare. E nell'sms inviato al presidente della Regione aggiungono: «È la nota dei 5 Stelle?». Proprio quella: e la missione affidata a Claudio Ruffini, allora capo della segreteria del governatore, e Guido Dezio, già braccio destro di D'Alfonso al Comune, è chiara: sbrigliare la matassa di Pescaraporto, complicata da una nota del Genio civile che rischia di sbarrare il passo all'intervento edilizio della famiglia Milia, l'avvocato personale di D'Alfonso, sul lungomare sud. È il passaggio chiave dell'inchiesta che rischia di portare a giudizio per falso in atto pubblico e abuso d'ufficio Luciano D'Alfonso, Claudio Ruffini, Guido Dezio, il direttore del Genio civile Vittorio Di Biase e l'avvocato Giuliano Milia, la toga più influente del foro di Pescara. Sì, perché nell'atto di conclusione delle indagini notificato ieri agli indagati la Procura sostiene che in quell'incontro fu Milia in persona a redigere l'atto con il quale il genio civile avrebbe dovuto sconfessare se stesso, negando a distanza di pochissimi giorni il rischio di alluvione che grava nella zona, in modo da sbloccare il cambio di destinazione richiesto dalla società Pescaraporto, controllata dai figli dell'avvocato, Roberto, Ugo e Paola. Il tutto sotto il controllo a distanza del governatore, che da Bruxelles istruiva. «Oggi o domani, domani mattina se puoi - dice in una telefonata del 2 marzo 2016 - tu e Dezio andate da Milia che vi deve chiedere un'informazione». Inutile la richiesta di delucidazioni da parte di Ruffini, al quale D'Alfonso replica prudentemente: «Andate e vi sarà detto».
LE ISTRUZIONI
Ma sono gli sms della mattina dopo, intercettati dalla procura che all'epoca indaga su Ruffini per la vicenda degli appalti regionali, a scoprire le carte: «Sì, valutate la risposta», digita il governatore in risposta a Ruffini che con l'allusione ai 5 Stelle dimostra di aver centrato il problema. La questione Pescaraporto, ricostruisce infatti la squadra mobile di Pescara, è finita all'attenzione della Procura dopo l'iniziativa della consigliera pentastellata Erika Alessandrini, che punta il dito sul contrasto tra la nota del Genio civile sul rischio idraulico e la richiesta di variazione di destinazione presentata da Pescaraporto, che intende trasformare in residenziali gli edifici fronte mare progettati come turistici e terziari.
Quello che accade nello studio Milia è storia nota, evidentemente non smentita dal lavoro investigativo. L'avvocato prepara di suo pugno una nota di marcia indietro del Genio civile, che soltanto il dirigente Di Biase accetta di firmare, sia pure dopo un paio di riscritture per non perdere del tutto la faccia, mentre il tecnico Silvio Iervese, coautore della prima nota, si rifiuta. È l'atto decisivo per il cambio di destinazione. E secondo il Pm Anna Rita Mentini è anche il cadeau confezionato dal governatore per Giuliano Milia, «quale padre - si legge nel capo di imputazione - di Roberto, Ugo e Paola Milia, titolari delle quote della Uropa srl he condivide con la Viana srl la proprietà di Pescaraporto srl, nonché amico personale di D'Alfonso, da lui già difeso in altri procedimenti penali».

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