ROMA Il caso delle Ferrovie arriverà sul tavolo del consiglio dei ministri di oggi. Ieri membri del board del gruppo pubblico non avevano ancora ricevuto la lettera del ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli e di quello dell'Economia, Giovanni Tria, con la quale il governo ha deciso di applicare, per la prima volta nella storia delle società partecipate, una norma prevista dalla legge Frattini del 2004, che consente di revocare le nomine fatte dal precedente governo nei sei mesi precedenti alle elezioni. Proprio perché la legge Frattini non è mai stata usata, il governo prima di spedire le lettere ai consiglieri di Ferrovie, avrebbe deciso di avere la copertura politica del consiglio dei ministri. Lo scontro politico intanto non si placa. Anzi. Ieri l'amministratore delegato uscente delle Fs, Renato Mazzoncini, ha mandato un messaggio whatsapp ai suoi collaboratori.
IL COMMIATO
«Cari amici», ha scritto, «dopo poco meno di tre anni, a seguito della decisione del nuovo governo di applicare lo spoil system, lascio l'incarico di ad di Ferrovie dello Stato Italiane. Per chi come me ha il trasporto pubblico nel sangue non è difficile raccontare il privilegio e l'esperienza di arrivare a 47 anni alla guida di questa straordinaria azienda del Paese e di farla crescere come mai prima d'ora». Gli uomini di Toninelli hanno reagito ricordando che il consiglio di amministrazione è decaduto per «la mancata osservanza della clausola etica». Mazzoncini è stato rinviato a giudizio per truffa nell'ambito dell'inchiesta Umbria Mobilità. Lo statuto delle Fs prevede la rimozione dell'amministratore delegato in questo caso, a meno che il consiglio di amministrazione non rinnovi la fiducia. Cosa che l'attuale board ha fatto. Da qui la decisione da parte del governo di utilizzare un'altra strada, quella della legge Frattini. Il ministero delle infrastrutture ha comunque voluto sottolineare che l'organo amministrativo delle Ferrovie «ha comunque operato secondo prerogative del tutto legittime». Il mantra comunque resta quello caro al nuovo esecutivo: «siamo il governo del cambiamento» come aveva affermato appena 24 ore prima il ministro Toninelli, ribadendo l'intento di spostare la barra del timone sui treni regionali e all'attenzione sui pendolari, da sempre un punto fermo nella politica sui trasporti del Movimento 5Stelle. In realtà c'è anche un'altra partita alla quale il governo vuole rimettere mano: la fusione di Anas con le Ferrovie. Una fusione i cui effetti saranno per la prima volta visibili con l'approvazione del bilancio, sempre che l'azionista Tesoro non ponga veti anche su questo. Per sciogliere la fusione servirà comunque una norma di legge, visto che è stata una legge a prevedere il matrimonio tra la società dei treni e quella delle strade. Tecnicamente Ferrovie dovrebbe procedere ad un abbattimento del capitale con la restituzione delle azioni Anas al Tesoro. Anas, poi, dovrà trovare il modo di finanziare autonomamente la sua rete stradale, per rimanere al di fuori del perimetro pubblico.
IL VALZER
Ma chi prenderà il posto di Renato Mazzoncini alla guida del gruppo? I patti siglati da Lega e Movimento Cinque Stelle prevedevano che la scelta dell'amministratore delegato delle Ferrovie, spettasse al Carroccio. La decisione potrebbe arrivare già oggi, anche se poi dovrà essere ratificata dall'assemblea convocata per martedì 31 luglio. Si sarebbe deciso per la soluzione interna. Il nome più papabile è quello del capo della rete ferroviaria, Maurizio Gentile, anche se sconta il fatto di essere indagato come rappresentante legale di Rfi, per la strage di Pioltello. L'altra possibilità, sarebbe quella di Orazio Iacono, numero uno di Trenitalia. Sono girati anche altri nomi, ma tutti ormai dati in ribasso, come quello di Marco Piuri, attuale responsabile del Sud Europa di Arriva, società di treni che fa capo al gruppo tedesco Deutsche Bahn, con un passato da numero uno di Ferrovie Nord, ma che sarebbe vicino a prendere le redini di Trenord.