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Data: 02/08/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Tav, è scontro sui costi la cautela della Francia. Dietro la frenata di Parigi dubbi su tempi e risorse

ROMA Frenata sulla Tav. Il ministro Dario Toninelli esplicita ancora una volta i dubbi sulla Torino-Lione spiegando che l'ok all'opera è subordinata ai risultati di una analisi «indipendente» costi-benefici che saranno resi note nei prossimi mesi per tutte le grandi opere. Al lavoro 14 super consulenti arruolati dal Mit, che dovranno elaborare il verdetto. Insomma il titolare del ministero prende tempo, senza escludere la possibilità di «recedere dalla prosecuzione dell'opera». Durante il question time alla Camera, giura di non avere pregiudizi ideologici. «Mai - ha garantito - darò mandato ad una struttura o a un superconsulente di fare un'analisi scientifica sulla base di un indirizzo politico: si fa pro veritate e il compito dei tecnici dovrà essere svolto con totale indipendenza, solo dopo si trarranno le conclusioni. Non possiamo nasconderci ha tuttavia osservato Toninelli come ha confermato di recente anche la Corte dei conti europea, un'anomalia inaccettabile. Il costo delle nostre linee Tav, comprese quelle in costruzione, sta superando, in media, i 30 milioni per chilometro contro, ad esempio, i 13 milioni della Germania o i 14 milioni della Spagna. Un gap che definirei vergognoso».
IL CONFRONTO
Da parte della Francia le perplessità di Palazzo Chigi vengono, al momento, diplomaticamente rispettate, ma è evidente che sotto traccia il nodo da sciogliere resta quello dei costi. Da qui l'ipotesi di ridimensionare l'opera, evitando traumi. «Gli interrogativi di Luigi Di Maio sulla Tav sono legittimi e li rispetto. E' un progetto che costa diversi miliardi di euro di cui bisogna garantire la redditività davanti ai contribuenti. Perciò aspettiamo la posizione ufficiale del governo italiano, siamo pazienti» ha detto ministro dell'Economia francese, Bruno Le Maire, dopo gli incontri mattutini con Di Maio e l'omologo Giovanni Tria. «Dobbiamo parlarne insieme - ha aggiunto - e la discussione è aperta». Una posizione apprezzata da Toninelli. «Da un certo punto di vista ha detto il ministro stiamo copiando positivamente quanto fatto dal governo Macron un anno fa. La pazienza è produttiva e costruttiva e devono essere pazienti anche gli altri». Chi invece ieri la pazienza l'ha persa è Paolo Foietta. Il commissario di governo per la tratta ha definito assurda la polemica di Toninelli ed ha spiegato che «i costi del tunnel di base del Moncenisio sono assolutamente analoghi, anzi un pochino minori, a quelli che vengono spesi nei tunnel svizzeri o a quelli che sono preventivati dagli austriaci per il Brennero. Io non mi sto occupando di una Tav ha ammonito Foietta mi sto occupando di una tratta di valico, che sono gallerie, e le gallerie sono ben diverse dal far passare una linea in superficie su un terreno piano. Qui ha proseguito il tecnico mi sembra che si stiano confrontando le banane con le mele. Nel caso si discuta di tunnel di base, i costi sono assolutamente analoghi sia che vengano realizzati in Italia o in Svizzera». Quanto all'incontro col ministro Toninelli, più volte richiesto ma mai ottenuto, Foietta ricorda che lavora «dal 2015 per il governo. Non mi sono mai considerato una sua controparte, ma uno che lavora lealmente per mettere il governo nelle migliori condizioni di assumere le sue decisioni. Mi pare curioso, forse anche un pò' surreale, dire di+ volermi incontrare soltanto quando avrà a disposizione dati scientifici». Infine il duro affondo. «Limitare l'esame solo ai materiali resi disponibili dagli oppositori dell'opera e veicolate dagli amici di partito ha tuonato Foietta - non mi pare approccio istituzionale corretto». Sul fronte governativo, tra l'altro, non c'è identità di vedute su un eventuale stop ai lavori. «L'Italia soffre ancora di un profondo deficit infrastrutturale: la Tav è nel contratto di governo, e c'è scritto che avremmo eventualmente ridiscusso e ripensato alcune cose, ma questo non significa fermare i lavori» ha avvertito il sottosegretario alle infrastrutture, Armando Siri.

Dietro la frenata di Parigi dubbi su tempi e risorse

PARIGI Calma e gesso. Nessuna precipitazione, prendere tempo, aspettare, soprattutto prendere meno decisioni possibili. Da questo punto di vista, la visita a Roma del ministro dell'Economia francese Bruno Le Maire è stato un capolavoro. Con il collega Giuseppe Tria e poi il vice presidente del Consiglio Luigi di Maio l'accordo è stato facilissimo, visto che non c'era niente su cui accordarsi ma soltanto evitare di trovare o sottolineare disaccordi. A parte gli impegni europei da manuale (zona euro, unione bancaria, politiche industriali europee), sui tre cantieri caldi (ingresso di Fincantieri in ex Stx Saint Nazaire ridiventati Cantieri dell'Atlantico, la futura unione Fincantieri-Naval Group anche nel navale militare e infine la Tav Lione-Torino) le due parti ci sono andate con i guanti. D'altra parte nessuno ha interesse a dar fuoco alle polveri. Dopo le tensioni sui migranti, Roma e Parigi sono come due pugili che si studiano. Sulla Tav che gli italiani vogliono adesso interamente rivedere - Le Maire non è partito lancia in resta, tutt'altro: toni concilianti e un passo indietro. Ha detto di trovare legittimi gli interrogativi. D'altra parte, anche in Francia i progetto pone interrogativi: non sul tunnel, ma sulle infrastrutture di accesso, col governo che adesso vorrebbe rivedere i tempi, allungandoli. Si deciderà a settembre, con la legge sui trasporti. Sullo sbarco di Fincantieri a Saint Nazaire, Le Maire, Tria e Di Maio, hanno tutti ripetuto che si va avanti come previsto dall'accordo raggiunto il 27 settembre di un anno fa a Lione al bilaterale Macron-Gentiloni. L'assetto del futuro capitale dei cantieri dell'Atlantico che dovrebbe vedere la nascita dell'Airbus dei mari è confermato, con Fincantieri al timone col 51 per cento. Anche qui, però, i tempi più lunghi del previsto per il necessario via libera delle autorità della concorrenza fa il gioco dei pazienti: dei francesi, che hanno bisogno ancora di tempo per capire la rotta del governo Conte e per il governo italiano, per il quale il tempo è alleato prezioso, visti i numerosi equilibri da trovare tra i due contrattisti. Nessuna sorpresa dunque che niente sia stato deciso sull'avvicinamento Fincantieri-Naval Group per la formazione di un colosso europeo nel navale militare il cosiddetto progetto Poseidon - corollario importante dell'accordo su Saint Nazaire che era stato già evocato a Lione un anno fa. Nel comunicato congiunto ci si rallegra per «il lavoro importante già fatto» e si evoca un futuro non meglio precisato in cui si «farà il punto sui progetti realizzati». Una fonte del governo francese ha fatto sapere ieri che Naval Group (di cui Thales detiene il 35 per cento) non potrà mai essere privatizzata e che alcune sue attività come la costruzione dei sottomarini nucleari sono assetti strategici che mai passeranno sotto bandiera straniera.

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