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Pescara, 24/11/2024
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Data: 03/08/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
«Alitalia, conti in ordine» Ora un socio e nuovi aerei. EasyJet e Lufthansa in pista scaldano i motori per la gara

ROMA Ora non è più una questione ideologica: Alitalia, al punto in cui è giunta dopo la ferrea cura dei tre commissari nominati quindici mesi fa, può effettivamente aspirare a tornare ad essere la compagnia di bandiera italiana. A confermarlo sono i numeri contenuti nella relazione trimestrale giunta ieri pomeriggio al ministero dello Sviluppo. Di fronte a quei numeri, anche un occhio inesperto comprenderebbe che le dichiarazioni del ministro Danilo Toninelli sulla possibilità di mantenere il controllo del vettore nelle mani dello Stato italiano, non sono più solo questione di principio, di orgoglio nazionale.
BASTANO POCHE CIFRE
Bastano poche cifre a confermare la vitalità ritrovata di una compagnia aerea che negli ultimi dieci anni è stata data per defunta almeno tre volte. Anzitutto la crescita: il primo semestre di quest'anno si è chiuso con ricavi in aumento del 6,9% che si confrontano con la netta riduzione dei costi operativi (-8,6%), sebbene gravati dal balzo (+21,8%) del prezzo del carburante. Notevole poi la compressione dei costi dei leasing sulla flotta, ridotti del 23,3% con una proiezione di ulteriore forte miglioramento. Sicché l'ebitda (il risultato prima degli oneri finanziari), pur restando negativo per le condizioni finanziarie anguste entro le quali si muovono i commissari, ha potuto compiere un balzo degno di nota, passando dal rosso di 326 milioni del 30 giugno 2017 ai 124 milioni di quest'anno. E' però il free cash flow, vale a dire il flusso di cassa, l'indicatore che meglio segnala lo stato di salute della compagnia: per la prima volta dopo tanto tempo è infatti positivo per 6 milioni a fronte del rosso di 185 milioni dello scorso anno. E ciò nonostante il periodo medio per saldare i fornitori sia stato dimezzato, passando da 63 a 36 giorni. Si comprende perciò meglio perché del prestito-ponte di 900 milioni ricevuto dal Tesoro lo scorso anno, finora sia stato impegnato soltanto un decimo. Naturalmente un tale capovolgimento del trend non è frutto del caso, ma di un lavoro serrato che ha visto il management impegnato come mai prima d'ora insieme al personale di ogni grado rendendo possibile un'impresa considerata improponibile solo un anno fa: Alitalia è infatti prima nella classifica delle compagnie europee per puntualità. Per non dire dell'efficientamento che ha interessato tutti gli angoli della società: dalla digitalizzazione della vendita dei biglietti a quella delle comunicazioni interne (basti dire che fino a un anno fa ogni aereo aveva necessità di documenti per un totale di 70 chili di carta, oggi a zero). Ciò spiega in parte perché il numero dei passeggeri è tornato a crescere sensibilmente, soprattutto sui voli intercontinentali (+7,8%), evidenziando così il nuovo posizionamento della compagnia sul mercato: sono le lunghe tratte la fetta più golosa della torta, non è per caso che i commissari vi dedicano grande attenzione. Anzi, è anche grazie a ciò se la compagnia si avvia a chiudere il bilancio 2018 con ricavi tornati abbondantemente sopra 3 miliardi.
Ovviamente tutto questo non basta per affermare che Alitalia da oggi può fare da sola. Se è vero che il nuovo posizionamento del business indica senza ombra di dubbio la direzione della mission del vettore, senza nuovi aerei di lungo raggio e un'adeguata copertura finanziaria è impensabile mantenere l'attuale ritmo di crescita e forza competitiva. Per questo è necessario che quanto prima venga chiuso un accordo con un partner industriale all'altezza di un progetto che potrebbe richiedere un impegno di 2-3 miliardi in pochi anni.
Ma con una novità rispetto a un anno fa: se è vero che a maggio dello scorso anno ai tre commissari venne ordinato di rimettere in sesto la compagnia per avviarne la cessione al miglior offerente, oggi esistono i presupposti (non solo ideologici) perché l'operazione si inverta. Dunque, non più vendita tout court, ma la ricerca di un socio che si impegni nel capitale Alitalia lasciando però il controllo allo Stato italiano, affinché torni davvero ad essere la compagnia di bandiera.
I TAGLI AL PERSONALE
In altre parole, Alitalia è tornata ad essere un boccone appetibile anche sul fronte dei numeri, pronta per un rilancio nell'ambito della competizione globale. E probabilmente non sarà più necessario compiere tagli draconiani del personale come ancora pochi mesi fa pretendeva Lufthansa, sebbene una ulteriore razionalizzazione sarà necessaria. A questo punto il tempo diviene il fattore determinante: le dinamiche del settore sono infatti tali da richiedere manovre veloci sebbene di lunga visione. A maggior ragione ora che i voli stanno tornando strategici per molti Paesi oltre che redditizi. Toninelli ha promesso che entro settembre ci saranno «grandi novità» sul fronte Alitalia: è indispensabile che la promessa venga mantenuta. Del resto, sia easyJet che Lufthansa hanno già fatto intendere che date certe condizioni gestionali, non sarebbe un problema lasciare il controllo (poco importa se con il 51% o altra modalità) nelle mani dello Stato italiano.

EasyJet e Lufthansa in pista scaldano i motori per la gara

ROMA Lufthansa e EasyJet scaldano i motori per la gara. E lavorano sotto traccia per farsi trovare pronti a settembre. Tra un mese o poco più il nuovo bando per la vendita di Alitalia dovrebbe essere pronto, aprendo le danza dell'alleanza. O almeno questa è l'intenzione del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli che, ancora l'altro ieri, ha confermato la volontà di puntare forte sulla compagnia tricolore, mantenendo il controllo pubblico e investendo in maniera massiccia nella flotta. Una strategia condivisa da tutto l'esecutivo che, come risulta evidente, rappresenta un deciso cambio di rotta rispetto al passato.
IL PERCORSO
L'arrivo di una nuova gara, anticipato dal Messaggero, ha spinto gli emissari del colosso tedesco e quelli della low cost inglese a riprendere con più forza i contatti avviati subito dopo la nascita dell'esecutivo giallo verde. L'obiettivo è manifestare, seppure in maniera informale e con tutte le cautele del caso, il proprio interesse ad essere della partita, e a farlo da subito. Rispetto al precedente bando, il quadro è completamente mutato. Non solo perché non si parla più di spezzatino della compagnia, ma sopratutto perché lo Stato, nella nuova architettura azionaria allo studio, dovrà avere il 51% del capitale. Con l'obiettivo specifico di delineare strategie e linee d'azione. Sul punto sia Lufthansa che EasyJet, sia pur con sfumature diverse, sono sostanzialmente d'accordo. Anche se prima di muoversi ufficialmente aspettano di vedere le carte scritte nero su bianco.
Da un lato apprezzano la volontà del governo italiano di investire su una azienda che, dopo il lungo lavoro dei commissari guidati da Luigi Gubitosi, è sostanzialmente risanata, con i conti in ordine e i costi sotto controllo. Dall'altro sanno bene che lo sviluppo del vettore, che tornerà ad essere la compagnia di bandiera del nostro Paese, ha bisogno di un partner forte sul fronte internazionale, capace di sviluppare le rotte sul lungo raggio e di contrastare la concorrenza del settore. In sostanza, al di là dei tecnicismi, il vincolo del 51% in mano pubblica non spaventa. Semmai i due contendenti chiedono di poter avere uno spazio anche nella gestione, fissando nei patti parasociali regole e procedure a garanzia degli investimenti fatti. Di certo saranno chiamati ad aprire il portafoglio per acquistare nuovi aerei e sviluppare sinergie industriali. Con lo scopo preciso di valorizzare le rotte made in Italy e il nostro turismo.
Accanto alle manifestazioni d'interesse, il bando chiederà esplicitamente ai pretendenti quale piano industriale immaginano per l'alleanza. Con l'indicazione dettagliata dell'hub di riferimento (Fiumicino in questo caso), gli organici previsti, le strategie commerciali e di crescita che si intendono seguire. Sul fronte esuberi, visto l'andamento della compagnia, i sacrifici dovrebbe essere praticamente azzerati.
I TEMPI
Anche qui il governo, almeno a livello teorico, non ha nessuna intenzione di fare ulteriori tagli. Tutto da capire invece quale sarà il ruolo di Cdp e Fs nella partita e quali risorse verranno destinate al rilancio. Ampliare la flotta potrebbe costare fino a 3 miliardi di euro, così come vanno restituiti al mittente, entro fine anno, i 900 milioni di prestito ponte elargiti dallo Stato.

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