Se ne parla da anni ma stavolta potrebbe essere la volta buona. Finora il dibattito era stato quasi accademico. Perché tagliare le agevolazioni fiscali, quella selva anche oscura fatta di detrazioni e deduzioni, significa alla fine far salire le tasse. E far saltare quei rimborsi Irpef che tanti italiani hanno trovato nella busta paga di luglio, pochi giorni fa, magari alla vigilia della partenza per le vacanze. Per questo nessun governo ha osato farlo. Anche se mettere le mani in questa lista di 800 sconti potrebbe essere in realtà lo strumento non per far salire le tasse ma per spostarne il peso, ad esempio riducendo il margine delle rendite e premiando il lavoro.
A riportare sul tavolo del governo il riordino delle agevolazioni fiscali è la necessità di affrontare una legge di Bilancio che, anche se per gradi, punta a far partire due riforme ambiziose come la Dual Tax e il reddito di cittadinanza. Fermo restando l’obiettivo, più volte ricordato dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, di garantire l’equilibrio dei conti, di non far schizzare il deficit, di far scendere il debito pubblico. Insomma di evitare di andare alla guerra con Bruxelles e non prestare il fianco alla speculazione, con lo spread che continua a dare i suoi segnali.
Una delle ipotesi prese in considerazione dai tecnici che stanno studiano la questione è un taglio orizzontale delle agevolazioni. Oggi lo sconto arriva al 19%, l’ipotesi è farlo scendere al 15%. Magari salvando solo alcune detrazioni e deduzioni considerate socialmente sensibili, come le spese sanitarie o gli interessi sul mutuo della prima casa. Un taglio orizzontale, quindi. Uguale (quasi) per tutti. Che avrebbe il vantaggio di evitare la reazione delle singole categorie «punite» da un taglio selettivo, come ad esempio la soppressione dello sconto sul gasolio per gli autotrasportatori che con ogni probabilità farebbe scattare una protesta dei camionisti in grado di bloccare il Paese. Il taglio orizzontale, però, non porterebbe in dote grandi risparmi: lasciando fuori le voci socialmente sensibili si faticherebbe ad arrivare al miliardo di euro. Per questo si valuta la possibilità di sopprimere del tutto alcuni sconti. Non è impossibile perché la commissione per le spese fiscali istituita dal ministero dell’Economia ha contato 22 voci con effetti fiscali trascurabili e altre 152 con costi che non sono neppure quantificabili.
Una, in particolare, sembra avere il destino segnato: è l’agevolazione per la ristrutturazione delle piscine domestiche, con la possibilità di detrarre le spese sostenute con il meccanismo delle detrazione Irpef al 50% e un tetto di 96 mila euro. Una mossa che sarebbe facilmente «spendibile» sul piano politico. Anche se il Movimento 5 Stelle, da tempo, preme per sopprimere agevolazioni e sussidi vari che hanno un impatto negativo sull’ambiente, in tutto quasi 17 miliardi di euro. Ma allo studio ci sono anche meccanismi più sottili: un sistema di franchigie che potrebbe ridurre l’importo dei singoli sconti portando in dote un altro miliardo di euro. Oppure un tetto massimo alle agevolazioni, si ipotizza 75 mila euro, che sforbiciando gli sconti più corposi potrebbe far risparmiare allo Stato un altro miliardo. Sembra invece abbandonata l’ipotesi di legare gli sconti all’Isee, l’Indicatore della situazione economica utilizzato oggi per le graduatorie d’accesso ai servizi sociali, come le case popolari o gli asili nido. Avrebbe la sua logica. Ma viene considerato troppo complesso.