Il colpo di reni finale, con il ritorno alle urne ormai dietro l'angolo, assomiglia a quei recuperi da fine quadrimestre in cui eccellono gli studenti intelligenti ma poco propensi ad applicarsi. Messa così, a quattro anni dal referendum popolare, la legge su Nuova Pescara licenziata ieri dalla commissione bilancio della Regione e pronta per affrontare l'aula oggi, è un testo che strappa niente più che la doverosa soddisfazione di Pierpaolo Pietrucci, presidente della commissione, finendo per scontentare tutti, negli schieramenti del consiglio regionale e nei Comuni interessati dalla maxi fusione, Pescara, Montesilvano e Spoltore. Quattro anni più che sufficienti per lasciar sfiammare la portata del risultato referendario, poco più che consultivo con l'unico effetto concreto di impegnare la Regione a discutere un disegno di legge conforme al risultato. E piano piano, le ragioni del sovranismo municipale sono progressivamente tornate a galla, soprattutto nei partner minori dell'operazione. Con queste premesse, e soprattutto con le dimissioni di D'Alfonso ormai in arrivo, la legge affronta oggi l'aula. E finalmente si vedrà chi vuole davvero il Comune metropolitano.
A non piacere, sopratutto al centrodestra, è lo slittamento dei tempi della fusione, che dal 2019 della prima stesura, sono slittati al 2021, con possibilità di ulteriore dilazione al 2024 per decisione qualificata dei tre consigli comunali. Parla infatti di «atto quasi simbolico» il capogruppo di Firza Italia Lorenzo Sospiri, che spiega: «Tutte le fasi applicative sono rimandate al futuro Consiglio regionale che dovrà ragionare e coordinarsi con il sindaco di Spoltore Di Lorito e con i sindaci di Pescara e Montesilvano che saranno eletti nel 2019, per capire se la fusione sia realmente possibile o meno entro il primo gennaio 2024. Uno stato dei fatti frutto dell'imperdonabile e voluto ritardo con cui il presidente D'Alfonso ha affrontato la volontà popolare espressa con il referendum del 2014»
TUTTI SCONTENTI
Legge piena di criticità anche per il sindaco di Montesilvano Francesco Maragno, a cominciare dalla indecisione relativa al cronoprogramma, 2021 o 2024, «creando incertezza - osserva - nella programmazione degli obiettivi delle prossime Amministrazioni di Pescara e Montesilvano, a discapito dei cittadini. In secondo luogo, come espresso in più di una occasione, crediamo sarebbe stato più funzionale, nonché responsabile nei confronti dei residenti delle città che amministriamo, garantire servizi qualitativamente elevati ed efficienti e procedere con gradualità, a cominciare dalla condivisione di riscossione dei tributi, pianificazione territoriale ed urbanistica, infrastrutture, integrazione di reti informatiche e banche dati, lavori pubblici, manutenzioni, polizia locale e rifiuti».
«Rimarranno impressi i milioni di euro che questo ritardo ha fatto perdere alla nuova città metropolitana d'Abruzzo», accusa invece il consigliere di M5S Riccardo Mercante, autore della prima proposta di legge presentata a soli quattro mesi dal referendum. «Dopo il cambio di rotta del presidente D'Alfonso, dapprima contrario e poi favorevole, resta il rammarico di aver perso quattro anni visto che la maggioranza di governo di questa Regione ha aspettato un'intera legislatura. Il compito del M5S sarà vigilare attentamente su quanto sarà fatto e sul rispetto della legalità e del buon senso nella creazione del nuovo centro urbano».
«Non vogliamo essere una periferia» A Montesilvano riprende la protesta
MONTESILVANO In coincidenza con la discussione della legge in commissione, il consigliere comunale (gruppo misto) di Montesilvano Gabriele Di Stefano ieri mattina ha inscenato in piazza del Comune, quale novello Savonarola, una protesta contro il progetto della Nuova Pescara. E non sono mancati i sostenitori, che hanno condiviso le sue posizioni, sostando davanti al banchetto. «La soluzione di creare una metropoli - ha spiegato Di Stefano - è appannaggio di speculatori, affaristi del cemento e politici nell'accezione più denigratoria del termine, per nulla preoccupati della qualità della vita. Per cui vi invitiamo a ribellarvi pacificamente, contro questo abuso creato per avvantaggiare pochi e danneggiare tanti».
Ed è stato ricordato che nel lontano 1927 Castellammare Adriatico con un'identica manovra fu fagocitata da Pescara ed il suo nome scomparve per sempre. Di qui la netta opposizione di molti montesilvanesi alla fusione con l'attuale capoluogo, come l'insegnante di pianoforte Patrizia Correra. «Montesilvano - ha aggiunto Gabriele Di Stefano - non è nata ieri e già nel terzo secolo a.C. a Villa Carmine esisteva una operosa comunità. Abbiamo insomma una nostra identità e non vogliamo certo cancellarla, lasciandoci assorbire da Pescara».
«Una scelta infelice - ha dichiarato il consigliere comunale Adriano Tocco, esponente dell'associazione Grandi Alberghi - che potrebbe farci assumere il ruolo di periferia di Pescara con tutti i problemi che ciò comporterebbe». Il progetto della fusione ha a monte un peccato originale, che è stato quello del referendum non sufficientemente illustrato ai cittadini e privo di studi di fattibilità. «Altro aspetto da considerare - ha sottolineato il consigliere Di Stefano - è quello puramente economico-finanziario. Sappiamo tutti che Pescara è in pre-dissesto finanziario e noi una volti accorpati con essa dovremmo pagarle i debiti. Una cosa assurda». Ma la fusione comporterebbe altri danni per Montesilvano: Pescara non ha più aree edificabili, però grazie alla fusione potrebbe disporre di quelle esistenti a Montesilvano e Spoltore. Per non dire dell'istituzione di un secondo casello autostradale nella zona di Cappelle. Servirebbe a valorizzare quei terreni, attirandovi nuovi insediamenti edilizi, a tutto vantaggio dei costruttori. «Al massimo - ha concluso Di Stefano - si potrebbe ipotizzare la fusione dei servizi fra i due Comuni con un eventuale risparmio. Se poi vogliamo dirla tutta al referendum hanno votato sì 13.719 e 12.548 sono stati i no. Quindi per 1000 voti si vuole stravolgere la storia ed il futuro di due centri come Spoltore e Montesilvano».