BOLOGNA La verità forse non si saprà mai. Non basteranno probabilmente le immagini registrate dalle telecamere dell'A14 a far capire perché Andrea Anzolin, 42 anni, autista esperto di camion, originario di Noventa Vicentina, abbia tamponato l'automezzo che lo precedeva e che era fermo in fila, all'altezza di Borgo Panigale. Nel video si vede la cisterna che arriva dritta contro il mezzo e non sembra nemmeno frenare. Verranno fatti rilievi, per quanto il terreno lo consenta, e i fotogrammi verranno analizzati da esperti. «Queste registrazioni - chiarisce il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato - sono un dato comunque importante. Potrebbe esserci stato forse un momento di distrazione o un colpo di sonno, anche se è troppo presto per dirlo con certezza».
Il fascicolo è stato aperto per disastro e omicidio colposo, e al momento, puntualizza ancora il magistrato, «non si evidenziano delle responsabilità». «Mi pare - aggiunge il procuratore - che ci sia un evidente nesso di casualità immediato, per cui l'implosione del ponte non è correlata a un possibile difetto di costruzione. È conseguenza immediata di un evento di devastanti proporzioni quale è quello che si è realizzato. Non abbiamo ritenuto di fare alcun tipo di sequestro per consentire alla società autostrade di ripristinare la circolazione in quel tratto di strada».
LA RICOSTRUZIONE
Nessuna indicazione o aiuto potrà arrivare dall'autista del camion che è stato tamponato. Di origine campana, 50 anni, stava trasportando delle merci a Casalecchio di Reno. E dopo essersi ripreso dal fortissimo shock, si considera un miracolato, anche perché è già tornato a casa. È stato subito soccorso e trasportato all'ospedale Rizzoli, dove è stato medicato: qualche ferita alla testa, una lieve bruciatura al naso e ustioni agli arti inferiori, ma niente che possa destare preoccupazione. Del tamponamento riesce a dire poco, se non che si è visto piombare addosso la cisterna senza poter fare nulla. «Mi sono salvato - è la sua ricostruzione dei fatti - perché sono sceso immediatamente dal mezzo e ho cominciato a urlare a tutti di allontanarsi».
Insieme con lui, a darsi da fare per allontanare le persone e i curiosi dalla scena dell'incidente, c'erano anche dei poliziotti del commissariato e della stradale e undici carabinieri della Caserma di Borgo Panigale. Tutti impegnati nei soccorsi, e rimasti feriti. Ieri molti di loro sono stati ringraziati per il lavoro fatto dal premier Giuseppe Conte e dal prefetto di Bologna Patrizia Impresa, mentre il capo dello Stato Sergio Mattarella ha telefonato al sindaco di Bologna, Virginio Merola, per mostrare vicinanza.
«Voglio ringraziare la macchina dei soccorsi che è stata fantastica - ha dichiarato il presidente del Consiglio - Rispetto alla dinamica che si è prospettata e realizzata, quelle che potevano essere le conseguenze, possiamo ritenerci fortunati: è stato un terribile incidente, ma i feriti sono tutti in via di guarigione. La mia presenza è un modo per essere vicino alle persone e ai familiari che hanno subito conseguenze. Adesso dobbiamo capire quello che è successo anche per prevenire tragedie del genere». Ci vorranno dei mesi per poter avere un quadro preciso dei danni, e solo allora si potrà procedere con le eventuali richieste di risarcimento.
IL CAMIONISTA
Difficile immaginare delle responsabilità. Andrea Anzolin lavorava per una impresa vicentina di commercio e distribuzione di carburanti, la Loro, ed era un'autista molto esperto. Ad avvertire la moglie di quanto era successo sono state le forze dell'ordine e i dirigenti dell'azienda. Per lui, non è stato possibile fare nulla. La macchina dei soccorsi, invece, è riuscita a evitare che accadesse il peggio. Dal bollettino medico è salito il numero dei feriti: 145, 18 ancora ricoverati, quattro a Cesena nel reparto dei grandi ustionati. Nessuno sembra correre pericolo di vita, ma continuano ad aver bisogno di cure. Così come i carabinieri di Borgo Panigale che ieri erano tutti all'ospedale Maggiore per farsi rifare le medicazioni. Arturo Guidoni è uno di loro, è rimasto sul luogo dell'incendio, finché l'ultima esplosione non lo ha convinto a mettersi in salvo insieme con i colleghi e i superiori. «Non dimenticherò mai il colore del cielo - dice con gli occhi quasi lucidi - era tutto rosso. La gente urlava non voglio morire, e intanto la cisterna faceva scoppi sempre più violenti, quattro, cinque, in successione. Sono stato in Bosnia quando c'era la guerra, ma devo dire che l'altro giorno a Borgo Panigale mi è sembrato di essere tornato lì».