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Data: 09/08/2018
Testata giornalistica: Il Centro
La lettera del Governatore - Ho servito l'Abruzzo con dedizione di Luciano D'Alfonso

Ho servito per cinquanta mesi l'Abruzzo con passione, dedizione e determinazione nel ruolo di Presidente della Regione. Un impegno totalizzante e senza soste per realizzare nel più breve tempo possibile e nel modo migliore gli impegni assunti con gli elettori che mi hanno conferito il 25 maggio del 2014 il mandato di governare il nostro Abruzzo. La mia attività si è svolta nella costante ricerca di ogni possibile relazione con le Istituzioni comunitarie e nazionali, dando voce, visibilità e sostegno ai progetti della Regione nella ricerca di nuove risorse utili a far fronte a storici limiti infrastrutturali dei nostri territori che sono stati sempre un freno per lo sviluppo e la capacità di competere virtuosamente con le altre comunità e aree italiane ed europee. Ho promosso una attività straordinaria di programmazione che non ha precedenti se non nella stagione luminosa del regionalismo abruzzese di Emilio Mattucci, trovando le risorse necessarie a dare le gambe a progetti in grado di dare slancio al futuro dell'Abruzzo e alla sua capacità di generare crescita economica e sviluppo sociale. Lo strumento principale di questa azione è senza dubbio il Masterplan, un gigantesco programma di interventi pari a 1,5 miliardi di euro, concepito, progettato, definito e interamente finanziato gomito a gomito con il Governo presieduto da Matteo Renzi, i cui principali settori di intervento sono le infrastrutture, l'ambiente, lo sviluppo economico, il turismo e la cultura, con un'attenzione particolare riservata allo sviluppo dell'Abruzzo interno per favorire una crescita armonica ed equilibrata.Accanto a questo non posso non ricordare l'importanza della progettualità coltivata con Ferrovie dello Stato che prevede la velocizzazione della ferrovia Pescara-Roma con varianti di tracciato, inserita tra gli interventi prioritari del contratto di programma Mit-Rfi con una copertura finanziaria pari a 1,5 miliardi di euro e la vittoria ottenuta con l'inserimento dell'Abruzzo nella Rete Transeuropea dei Trasporti (FEN-T) che consentirà di riannodare i collegamenti all'interno della Macroregione Adriatico-Ionica e di ottenere sostegni finanziari dall'Ue per l'alta velocità. Un altro bersaglio centrale del nostro impegno è stato la fine del commissariamento della sanità e il riallineamento progressivo con le regioni più virtuose. Siamo intervenuti sulla rete ospedaliera, anche pagando il prezzo di molte polemiche sul territorio, e abbiamo puntato sulla riqualificazione dell'assistenza domiciliare, creando le condizioni per soddisfare i bisogni del paziente ed investendo in telemedicina e personale specializzato, sul riordino della residenzialità territoriale, sull'integrazione dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e della continuità assistenziale attraverso una riqualificazione del loro ruolo a garanzia dei cittadini. L'Abruzzo è stata la prima regione a uscire dalla tutela imposta dal Governo e lo ha potuto fare raggiungendo tutti gli obiettivi, sia di riordino dei conti che di performance per qualità e quantità di servizi alla salute. È importante sottolineare lo sviluppo conseguito nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), in cui siamo passati da 145 del 2012 a 189 del 2016, numeri che rivelano una sanità nei fatti più efficace e più in grado di mostrare premura per i cittadini. Soprattutto, però, voglio sottolineare l'impegno costante e instancabile con cui sono stato vicino alle amministrazioni locali, cogliendone i bisogni, cercando di individuare fianco a fianco le soluzioni e trovando le risorse necessarie a tradurre il progettato in realizzazioni fruibili dai cittadini. Il groviglio delle leggi, il nichilismo pratico di certa tradizione burocratica, il diffuso timore di apporre firme per scongiurare il rischio di successive riletture contundenti, sono tutti ostacoli che rischiano di rivelarsi insormontabili. Si tratta di un male cui ho cercato di opporre gli antidoti della premura e di una sperimentata competenza amministrativa nel rintracciare gli annidamenti dei bradipi da scrivania. Mentre stavo portando a uno stadio avanzatissimo di realizzazione questo grande cantiere del nostro impegno regionale, la mia comunità politica mi ha chiesto ancora una volta di mettermi a disposizione per una competizione elettorale molto difficile, la più complessa che ricordi: le elezioni politiche del 4 marzo di quest'anno, che si sono svolte in un clima di diffuso risentimento per la condizione economica e sociale del Paese e di affidamento a messaggi suggestivi e inebrianti di una facile scorciatoia per l'avvento di un'epoca di agiatezza a portata di tutti: sarebbe bastato solo eliminare la classe dirigente in sella.Sin dalla campagna elettorale ho evitato ogni possibile situazione di conflitto di interesse, mi sono ridotto l'indennità presidenziale in ragione del tempo dedicato alle attività di confronto con gli elettori, per poi rinunciarvi totalmente una volta eletto dai cittadini abruzzesi quale loro rappresentante nel Senato della Repubblica. Nei cinque mesi che sono trascorsi da allora ho lavorato con dei ritmi insostenibili, cercando di adempiere al meglio ai doveri di Presidente della Regione e di senatore e facendo sempre in modo che queste due funzioni non entrassero in conflitto tra loro. Malgrado tanti attacchi gratuiti e la crescente fatica personale non ho voluto lasciare il mio ruolo più antico, sia perché la mia elezione a senatore doveva essere ancora convalidata dal previsto organo del Senato, come ha riconosciuto con una sentenza chiarissima sul punto il Tribunale dell'Aquila, sia perché sentivo il dovere di terminare gli ultimi impegni programmatici prossimi alla conclusione. Solo chi non conosce il peso di un impegno pubblico implacabilmente senza soste, può immaginare che una fase temporanea di concentrazione di cariche possa essere vissuta nell'ebrezza di un godimento da cumulo; si tratta dell'immaginario di chi è approdato ai massimi livelli istituzionali emergendo da un'indistinta dimensione di vissuto personale, o di chi con invidia camuffata da virtù repubblicana agogna tale approdo, pensando di trovarvi una sorta di Eden che ponga fine a ogni angustia privata. Per queste ragioni con la sicura coscienza di aver svolto in modo pieno il ruolo affidatomi nel 2014, sono finalmente nella condizione di poter rassegnare le mie dimissioni dalla Presidenza della Regione, consapevole di lasciare a chi verrà dopo di me un Abruzzo più forte e competitivo di quello che ho trovato e fiducioso che si possa seguitare in questa direzione a garantirne lo sviluppo.Ora ho il dovere di portare avanti il mio impegno nel Senato, sia per risolvere sul piano nazionale tutte le questioni che ancora ci ostacolano e che non possono essere risolte con le leve legislative e finanziarie regionali, sia per svolgere un mandato politico molto arduo nella stagione forse più difficile della nostra storia recente: per dare voce ai bisogni e non ai sogni e per cercare con ogni mezzo di temperare e di scongiurare gli errori di una maggioranza di governo che sembra desiderosa solo di occupare ogni spazio di potere, pensando di risolvere in questo modo ogni problema. È la tentazione di chi pensa che governare equivalga a raggiungere il vertice della gioia personale e di gruppo. Questo non è però il pericolo più grande, il rischio maggiore è che la delusione che l'esercizio quotidiano del potere comporta trovi compensazione in una dismisura dei progetti e delle azioni. L'Italia ha conosciuto già questi fenomeni nei suoi anni più bui. Spenderò il mandato che gli Abruzzesi mi hanno conferito il 4 marzo eleggendomi nel Senato per cercare di scongiurare questo ed altri rischi, ben sapendo che oggi più che mai solo da Roma sarà possibile evitare che le buone premesse per il futuro dell'Abruzzo seminate in questi anni non siano raggelate dall'inerzia e dall'incapacità distruttrice di chi oggi pensa di essere il punto più avanzato della storia.

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