Gentile direttore, le scrivo per sottoporle un problema che denota anche la grande ignoranza di molti italiani. Mi riferisco all'episodio dell'autista della società di trasporto pubblico Tua aggredito da un 26enne di Chieti. E sa perché è avvenuta l'aggressione? Perché l'incauto autista ha semplicemente sollecitato la ragazza che era con lui, presumibilmente la fidanzata, a salire sul pullman. Un'onta irricevibile, da lavare con un bel pestaggio al conducente. Alla fine il giovane aggressore è stato denunciato per percosse, lesioni, interruzione di pubblico servizio ed oltraggio a pubblico ufficiale. E pensare che non era nemmeno di colore! Mi piacerebbe conoscere la sua opinione, in quanto direttore del giornale degli abruzzesi, e anche di riflesso - una volta letta la lettera - l'opinione di quegli ambienti di centrodestra, vicini soprattutto alla Lega, che usano parole grosse ogni volta che il reato viene commesso da uno straniero, mentre rimangono stranamente silenti quando l'autore è un italiano. Io ritengo che la violenza sia tale non in funzione del colore della pelle, ma della quantità di intelletto e buon senso da parte di chi la commette. E quello, mi creda, non dipende dalla razza, ma dal cervello. Giuseppe Di Carlon La violenza è sempre violenza a prescindere dal colore della pelle e dal Paese di origine di chi compie il reato. Pensare di poter classificare i delinquenti in base alla razza è da stupidi e non servirebbe a restituire sicurezza ai cittadini. E credo che nemmeno la Lega, per quanto abbia trasformato la questione immigrati nel proprio cavallo di battaglia, sia intenzionata a mostrarsi tollerante nei confronti degli italiani che agiscono fuori dalle regole. Viviamo in una società sempre più aggressiva e ci si sente sempre meno sicuri, anche dentro casa. Il tema del rispetto della legalità non può avere un colore politico.