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Pescara, 24/11/2024
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Data: 12/08/2018
Testata giornalistica: Corriere della Sera
La manovra? Flat tax, reddito minimo e grandi opere: piano per investimenti pubblici da 50 miliardi. La Lega: «Sì ai vincoli, ma prima gli italiani». Salvini: «Piaccia o no alla Ue smontiamo la Fornero»

Sotto l’ombrellone, con il bilancio sotto mano, i ministri del governo Conte passeranno Ferragosto a studiare. Da una parte i possibili tagli, che il ministro dell’economia, Giovanni Tria, e lo stesso premier, hanno chiesto per i primi di settembre. Dall’altro tutte le possibili misure per spingere la crescita, il vero imperativo della manovra di bilancio che comincia a delinearsi.

I tagli alla spesa pubblica avrebbero voluto evitarli tutti, anche perché hanno comunque un effetto depressivo, ma saranno necessari. Servono almeno 2-3 miliardi per far quadrare i conti, sempre sperando nella comprensione di Bruxelles. Per come è stata impostata la manovra espansiva del governo, tra avvio della flat tax, reddito di cittadinanza, spinta agli investimenti, spese da coprire e aumenti dell’Iva da scongiurare, servono almeno 25 miliardi. Conte e Tria sperano di recuperarne almeno la metà ricorrendo al maggior deficit, ma gli altri 12 vanno trovati. Il primo tassello delle coperture sarà la spending review che Tria e Conte hanno affidato ai singoli ministri.

Altri tre miliardi, nelle intenzioni, potranno arrivare dalla pace fiscale, che si profila sempre più come un vero e proprio condono tributario. Per il primo modulo della flat tax, concentrato sulle imprese e i redditi bassi, si immagina un minor gettito di almeno 4-5 miliardi nel primo anno, parte dei quasi si recupererebbero in quelli successivi, grazie alla spinta sui consumi. Anche dalla sforbiciata ai privilegi previdenziali, con il taglio degli assegni oltre i 4 mila euro, dovrebbe arrivare circa un miliardo di euro ma l’intenzione dell’esecutivo è quella di rinvestirli nel settore, aumentando l’importo delle pensioni minime e di quelle di invalidità più basse. Sulle pensioni è intervenuto ieri il vicepremier Matteo Salvini: «Smonteremo la legge Fornero, piaccio o no alla Ue», aggiungendo che il governo «farà di tutto per rispettare i vincoli europei, ma prima vengono i diritti degli italiani».

Le coperture individuate finora non sono ancora sufficienti per finanziare le riforme richiamate ieri da Conte. Per questo, è stata la raccomandazione di Tria ai ministri nei due vertici delle scorse settimane, è essenziale spingere l’acceleratore sulla crescita dell’economia, dando priorità a tutte quelle misure in grado di massimizzare il pil.

L’altro volano che il governo vuole attivare per spingere l’attività è quello degli investimenti pubblici, con un piano per mettere subito in cantiere lavori per almeno 50 miliardi di euro. Tria ha incaricato una task force di valutare tutti gli investimenti pubblici in corso, il loro grado di copertura finanziaria e lo stato di avanzamento. Lo scopo del ministro dell’Economia è sbloccarne quanti più possibile nel più breve tempo possibile.

La Lega Nord appoggia totalmente la linea di Tria sugli investimenti pubblici, mentre il Movimento 5 Stelle è molto più prudente e ha messo in discussione non solo la Tav, ma tutte le grandi opere, per le quali, come previsto dal contratto di governo, si procederà all’analisi dei costi e dei benefici. Anche dagli investimenti pubblici (dall’Anas, alle Fs, ai Comuni) il governo si attende un effetto positivo sulla crescita del 2019, che spinga il denominatore (il pil) più del numeratore (il deficit) ,per potersi presentare a Bruxelles con i numeri a posto e un progetto credibile.

Senza la concessione di nuova flessibilità da parte della Ue, la manovra immaginata da Conte e Tria non sarebbe possibile.

Se non cambiano gli accordi presi in passato, e che prevedono il pareggio di bilancio nel 2021, l’Italia, anzi, dovrebbe varare l’anno prossimo una manovra correttiva di almeno 10-12 miliardi di euro. Se non addirittura il doppio se volesse evitare gli aumenti dell’Iva. Un’operazione che secondo il governo deprimerebbe l’economia, pregiudicandone irrimediabilmente la possibilità di riprendersi definitivamente dalla crisi.

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