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Data: 13/08/2018
Testata giornalistica: Il Centro
Da Biondi a Di Primio: ecco chi non vuole il divorzio. I sindaci in campo

PESCARA «Da Lega e FI incomprensibile rincorsa alla sconfitta». A dirlo non è un sindaco qualunque ma il primo cittadino dell'Aquila, Pierluigi Biondi (Fdi) che, solo grazie all'unità del centrodestra, ha vinto una sfida che sembrava persa. Così oggi interviene sullo strappo nel centrodestra abruzzese con la Lega che ha annunciato che correrà da sola e Forza Italia che, con Antonio Martino, ha risposto allo stesso modo. Biondi, una volta «archiviate le esternazioni ferragostane e placati gli animi», invita il centrodestra a ripartire «azzerando l'assurda spirale fatta di provocazioni che sta entusiasmando solo grillini e Partito democratico, per tornare a discutere del programma di governo da sottoporre agli abruzzesi». Solo dopo si parlerà di nomi e si sceglierà il migliore.
MODELLO TAFAZZI. «Meriterebbe un'approfondita analisi specialistica il fenomeno per cui il centrodestra dà il meglio di sé quando è sotto pressione e quasi ritenuto morente e, al contrario, quando ha il vento in poppa fa di tutto per autodistruggersi», scrive Biondi, per il quale, citando un sondaggio di dieci giorni fa, «la crescita del movimento di Salvini, per esempio, avviene a scapito degli alleati: la somma della coalizione, infatti, si attesta al di sotto del 29%, sei punti e mezzo in meno delle politiche del 4 marzo scorso».
GIANO BIFRONTE. «Di fronte abbiamo due modelli», spiega: «Uno, vincente, quello dell'Aquila, con una coalizione ampia che va da Fratelli d'Italia all'Udc, passando per le esperienze civiche, con un'offerta umana e politica credibile e con un programma di cambiamento. L'altro, perdente, di Teramo, dove il fuoco amico delle rappresaglie ha portato alla sconfitta di una persona perbene, preparata e capace come Giandonato Morra e che ha ridato fiato a un centrosinistra», sentenzia e conclude Biondi.
ACQUA SUL FUOCO. Fa il pompiere anche il sindaco forzista di Chieti, Umberto Di Primio, in odore di candidatura alla presidenza della Regione: «Il confronto interno, per la scelta del candidato e quello con gli alleati storici e potenziali per definire strategie e programmi», scrive, «è normale, così come è normale che possano registrarsi punte di conflittualità e disaccordo, ma anche questo è parte di un processo di crescita che dimostra come si stia lavorando per costruire il futuro governo della regione e non un semplice cartello elettorale. Smussare gli angoli è il compito della classe dirigente del centrodestra abruzzese e di quanti con questa vorranno scrivere una nuova e positiva pagina per l'Abruzzo». Di Primio dà quindi una bordata agli avversari: «Non possiamo lasciare la nostra regione in balìa del populismo antisistema grillino pronto ad alimentare l'odio sociale, men che meno del poltronificio del centrosinistra».
GIORGETTI DOCET. «Il bene comune, al di sopra di ogni interesse personale», arringa il sindaco avvocato. Non gli sfugge il pensiero di Giorgetti, di cui coglie la clamorosa smentita alla Lega nostrana: «Sono da condividere le parole del sottosegretario Giorgetti riportate nella intervista che ha rilasciato a Libero. Le ambizioni e le velleità di ognuno sono legittime, come dice lui "ogni leader locale vorrebbe andare da solo", ma a tutto c'è un limite costituito dal bene comune, dal bene degli abruzzesi che non può essere sacrificato a nessuna strategia o ambizione politica e/o personale».
IN RIGA. E si allinea, Di Primio, al suo leader Pagano, che gli ha dato una chance, invocando l'unità: «La gente, dopo la sciagurata stagione del centrosinistra, vede in noi, nel centrodestra unito, come facciamo nelle città e nelle regioni che amministriamo, chi può dare risposte alla necessità di avere politiche sanitarie vicine ai bisogni della gente e nel rispetto dei territori, a chi chiede politiche di sviluppo per impedire che la regione muoia per mancanza di lavoro, a chi chiede di avere politiche ambientali... (ecc. ecc., ndr). Unendo le nostre forze, sono certo che noi, e solo noi, potremo essere gli interpreti delle istanze degli abruzzesi».
SOLO CAREZZE. Di Primio infine accarezza la Lega di Salvini per la «grande forza espressa rispetto ai problemi verso cui più sensibili sono alcune parti della società». Nella pax spera anche la forzista Renata Polverini che scarica tutte le colpe dello strappo sulle spalle dell'abruzzese Bellachioma.
COLPA SUA. L'ex governatore del Lazio afferma: «Decidere a tavolino di voler correre da soli in Abruzzo è un atto di grande autolesionismo che danneggia gli elettori di centrodestra della Regione e finisce con il rafforzare il Pd. Cui prodest? Perché Salvini o Giorgetti non richiamano alla ragionevolezza Bellachioma?». Ma non era il contrario?

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