ROMA Per la sua somiglianza con il celebre ponte sospeso di New York, era soprannominato Ponte di Brooklyn il viadotto crollato a Genova. Una struttura nata negli anni Sessanta che da subito ha fatto discutere, nel tempo ha avuto bisogno di costanti interventi e recentemente, nel 2015 e nel 2016, è stata oggetto di due interrogazioni dell'ex senatore di Scelta civica Maurizio Rossi all'allora ministro Delrio. «Viene indicato come un capolavoro, in realtà è un fallimento», dichiarò due anni fa in un'intervista fa il professor Antonio Brencich, docente di Costruzioni in cemento armato alla facoltà di Ingegneria di Genova. Tuttora erano in corso lavori di consolidamento, ha riferito Autostrade, che in un report del 2011 indicava come «il volume raggiunto dal traffico provoca un intenso degrado della struttura del viadotto, in quanto sottoposta a ingenti sollecitazioni». Quanto accaduto imporrà di capire se quelle «sollecitazioni», prodotte anche tanti tir carichi di merci, sono state tra le cause del cedimento. È un dato di fatto, documentato sempre da una relazione di Autostrade, che nel 2009 si studiò l'ipotesi di una demolizione controllata del viadotto nell'ambito del progetto sulla Gronda di Genova, il nuovo collegamento autostradale da anni fortemente osteggiato dai comitati No-Gronda. Ma l'ipotesi fu accantonata, anche perché senza un'alternativa pronta, senza un bypass, sarebbe venuta meno l'unica via di collegamento tra Genova e la Francia. E ora il crollo avrà «ripercussioni sui cittadini e sulle aziende» fa notare il viceministro delle Infrastrutture, il genovese Edoardo Rixi. Costruito tra il '63 e il '67 dalla Società Condotte, progettato dall'ingegner Riccardo Morandi, il ponte è stato realizzato con «una metodologia costruttiva che risente del suo tempo, in cui dominava il dio cemento - spiega Enrico Sterpi, segretario dell'Ordine degli Ingegneri di Genova - ma che vista oggi rappresenta uno schema strutturale che non ha senso». Il punto è che «questa valutazione si poteva fare già 20anni fa», osserva Sterpi, che per ora si guarda bene dall'avanzare qualsiasi ipotesi sulle cause della tragedia. Chi, invece, già due anni fa aveva espresso dubbi sull'opera, era stato il professor Brencich. Nelle sue affermazioni, riprese da Ingegneri.Info il 29 luglio 2016 e rilanciate oggi dal sito in un articolo dal titolo «Una tragedia annunciata», Brencich sottolineava che «il Viadotto Morandi ha presentato fin da subito diversi aspetti problematici, oltre l'aumento dei costi di costruzione preventivati».Il senso, come spiega l'articolo, è che «fin dai primi decenni il ponte è stato oggetto di manutenzioni profonde (fessurazione e degrado del calcestruzzo, nonché creepe dell'impalcato) con costi continui». Due mesi dopo, a maggio, in un'intervista a Primo Canale Brencich ribadì la sua posizione: «Il ponte devo presumere sia stabile. Ma di solito viene indicato come un capolavoro, in realtà è un esempio del fallimento dell'ingegneria. La tecnica era già superata al momento della costruzione».