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Data: 15/08/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Fs-Alitalia, una holding in mano allo Stato per gestire Frecce e compagnia di bandiera

ROMA Agosto al lavoro per i vertici delle Fs. Dopo l'imput del governo per mettere a punto il matrimonio con Alitalia, nozze che vanno celebrate entro l'anno, nel palazzone di piazza delle Croce Rossa si sta elaborando il dossier da presentare a fine mese all'esecutivo. Una sorta di piano industriale dove evidenziare le sinergie tre Frecce e compagnia di bandiera, per quello che sarebbe un unicum nel settore della mobilità. Di certo la mission affidata ai nuovi vertici, l'ad Gianfranco Battisti, e il presidente Gianluigi Castelli, non è delle più agevoli. Per questo non trapela nulla di ufficiale, ma sotto traccia si va avanti.
LA STORIA
Per la verità non si parte proprio da zero. Perché quando a capo delle ferrovie c'era Mauro Moretti, vulcanico ex ad del gruppo, un progetto del genere era stato studiato, anche se a grandi linee, e proposto a Palazzo Chigi. Poi non se fece più nulla perché, come si ricorderà, non fu concesso a Moretti da parte dei soci bancari di Alitalia, allora molto litigiosi, di avere carta bianca nella conduzione del vettore tricolore. Era il 2013 ma il piano, con tanto di numeri e prospettive di sviluppo, è ancora in archivio. Molto probabile quindi che Gianfranco Battisti parta proprio da qui per rilanciare la sfida. Del resto le indicazioni di Palazzo Chigi sono chiare nel porre come obiettivo la creazione di un colosso di Stato nella mobilità. In grado di stare sul mercato e di sviluppare il made in Italy e tutta la filiera del turismo. E di farlo avendo cura dell'interesse generale del Paese.
L'ARCHITETTURA
Lo schema, ma al momento siamo ancora in una fase embrionale, prevederebbe la creazione di una holding a cui dovrebbero far capo da una parte Alitalia e dall'altra Fs. Con una regia unica e una rotta ben definita. Nella holding, in mano allo Stato, potrebbero entrare anche Cassa Deposti e Prestiti e le Poste. Proprio quest'ultime contribuirono, sempre nel lontano 2013, attraverso lo strumento della compagnia aerea interna che trasporta la corrispondenza, a salvare Alitalia, traghettandola dal fallimento quasi certo alle mani di Etihad. Una esperienza, come noto, purtroppo non fortunata.
I VINCOLI
Sul tavolo non c'è però solo lo schema della holding. Varie opzioni per evitare che Bruxelles possa bocciare l'operazione. C'è infatti il nodo degli aiuti di Stato da sciogliere. A cominciare dalla restituzione, a fine anno, del prestito ponte da 900 milioni concesso dal precedente esecutivo per consentire al vettore di continuare a volare senza difficoltà legate alla cassa. Le compagnie aeree estere, che pensavano di fare un sol boccone di Alitalia, Air France in testa, sono però da mesi in pressing sulla Commissione europea per mettere i bastoni tra le ruote all'Italia.
C'è da dire che il cambio di rotta del governo, disposto ad investire circa 3 miliardi per il rilancio della compagnia di bandiera, ha spiazzato tutti. Anche se adesso bisognerà passare dalle parole ai fatti.
«Il governo - ha spiegato il sottosegretario ai Trasporti Armando Siri, tra i fautori dell'iniziativa insieme al ministro Danilo Toninelli - farà la sua parte, con investimenti in nuovi aerei per sviluppare il lungo raggio e far crescere la compagnia di bandiera». In ballo ci sarebbero circa 3 miliardi di euro, da spalmare in 3 anni. Da condividere in parte anche con un socio privato. Il tutto per colmare il gap che fino ad oggi ha penalizzato il vettore sulle tratte internazionali, sviluppando i voli. Proprio l'auspicata crescita per linee esterne, come evidenziato più volte dai commissari straordinari guidati da Luigi Gubitosi, aumenterebbe i ricavi in maniera significativa ed eviterebbe di ricorrere ad esuberi. Proprio quello che chiedono da tempo i sindacati, ben felici di appoggiare un piano di rilancio in grande stile.

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