ROMA La Gronda autostradale di Genova (cioè la tangenziale sotterranea che dovrebbe alleggerire l'intero nodo portuale), l'Aeroporto di Firenze, la Pedemontana Lombarda, l'Alta Velocità che comprende tra le altre le opere relative al Terzo Valico (anche questa opera destinata a smaltire il traffico dei treni da Genova verso il Nord), il Nodo di Firenze, il collegamento Brescia-Padova e la tratta della ferrovia Tav fra Torino-Lione. E' l'elenco delle grandi opere pubbliche che dal 2 agosto viene sottoposto dal governo «ad una revisione complessiva, che contempli anche l'abbandono del progetto».
Queste le parole pronunciate dal ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, esponente di spicco del M5S, in un'audizione alla Commissione Ambiente della Camera.
Alla luce del crollo del Morandi il monitoraggio delle grandi opere pubbliche acquista ulteriore valore e sarà uno dei nodi più roventi della riapertura della stagione politica. «Intendiamo portare avanti un'analisi di costi-benefici - disse Toninelli ai deputati - ha lo scopo di massimizzare gli effetti positivi delle opere pubbliche riducendo al minimo quelli negativi».
LE RADICI
Fatto sta che l'inserimento della Gronda di Genova nelle opere in bilico sembra figlia soprattutto della connessione strettissima fra il Movimento e i Comitati per il no alle opere pubbliche. Non è un segreto che a Genova proprio gli esponenti locali dei 5Stelle sono contrari alla tangenziale, tanto d'aver usato la parola favoletta per respingere alla radice l'ipotesi di un crollo del ponte Morandi che da anni - al di là delle cause del suo cedimento - aveva bisogno di un alleggerimento. Il bello è che per la Gronda non ci sono problemi di soldi dato che anche l'Unione Europea ha dato il via libera agli stanziamenti.
Strettissimo anche il legame fra M5S e i comitati no Tap sorti per bloccare la costruzione di 8 km (su quasi mille) in Puglia del gasdotto internazionale che parte dal Mar Caspio per approdare a Melendugno. Le possibilità di fermare l'opera sono scarsissime poiché sono stati firmati trattati internazionali ed è stata già approvata la Via, la relazione sull'impatto ambientale. Eppure gli esponenti pugliesi del M5S restano aggrappati al no. Forse per evitare contraccolpi elettorali visto che il premier Giuseppe Conte è diventato molto cauto dopo il suo viaggio negli Usa.
Difficile e costoso (miliardi di penali) anche l'eventuale blocco della Tav Torino-Lione. Si tratterebbe di revocare circa 3 miliardi spese da parte italiana che sono già stati stanziati. Anche tante altre opere pubbliche inserite nell'elenco dei sospesi sono avviate. E' il caso del Terzo Valico, una bretella ferroviaria di 53 chilometri, 37 dei quali in galleria, i cui lavori sono cominciati nel 2013 per collegare velocemente il porto di Genova alla pianura padana e quindi a Svizzera e Germania.
Il filo rosso che collega tutte le mannaie piazzate sui cantieri si rintraccia nelle radici sociali profonde del M5S: ovvero nel collegamento a doppio filo del partito ai movimenti sociali contrari allo sviluppo delle infrastrutture e spesso alle produzioni industriali. Non a caso sul tavolo del vicepremier Luigi Di Maio, leader M5S, c'è fin da giugno il dossier Ilva, la principale acciaieria europea la cui cessione ad Arcelor, già definita con una gara, per ora è ferma. Un'altra chiave di lettura della strategia M5S è la notevole dose di carica punitiva verso le imprese di cui proprio Di Maio si è fatto interprete. Prima durante l'esame del dossier Ilva , poi con il decreto con le penalizzazioni sui contratti di lavoro a termine e da qualche giorno con attacchi verbali durissimi alla società Autostrade. E' tornata a circolare anche la parola nazionalizzazione, a partire da un altro dossier delicato come quello di Alitalia, e sono forti - anche nella Lega - le suggestioni di interventismo statale a tutti i livelli.
Il Movimento sembra usare come clave le sue basi sociali e le sue convinzioni. Nei prossimi mesi si capirà se la sua offensiva farà ulteriore breccia nella società italiana o se i pentastellati si stanno chiudendo in un fortino minoritario.
Addio ai tiranti in cemento e nuovi piloni Così il ponte potrebbe risorgere in 5 mesi
ROMA Un nuovo ponte in cinque mesi. Parola di Autostrade per l'Italia. La società che gestisce la tratta a pedaggio dove è crollato il viadotto Morandi, un disastro costato la vita ad almeno 38 persone, assicura di essere in grado di ricostruire il collegamento in così poco tempo. Una previsione che tuttavia si scontra con i tempi lunghissimi necessari di solito in Italia per costruire qualsiasi tipo di grande opera.
«Autostrade per l'Italia sta lavorando alacremente alla definizione del progetto di ricostruzione del viadotto, che completerebbe in cinque mesi dalla piena disponibilità delle aree», afferma in un comunicato l'azienda che fa capo alla famiglia Benetton. Anche il presidente della regione Liguria, Giovanni Toti, e il sottosegretario alle Infrastrutture, Edoardo Rixi, leghista genovese, si spingono a promettere la costruzione di un nuovo ponte in pochissimi mesi. «Entro il 2019 i genovesi avranno un nuovo viadotto autostradale sul torrente Polcevera al posto del ponte autostradale Morandi crollato», garantiscono Toti e Rixi. «Chi pagherà il nuovo ponte sarà Autostrade, chi lo costruirà lo valuteremo», puntualizza Rixi. «Il ponte va ricostruito il prima possibile, Autostrade ha parlato di cinque mesi, credo che entro un anno sia possibile», è la stima di Toti.
Il ministero dei Trasporti intanto chiede ad Autostrade per l'Italia «di voler confermare sin d'ora l'impegno a ripristinare integralmente il viadotto di Polcevera con oneri esclusivamente a proprio carico, entro un contenuto periodo di tempo». Si chiede anche - prosegue il Ministero - di fornire assicurazione circa la copertura, a proprie cure e spese, di tutti gli oneri connessi all'integrale ripristino delle opere e aree danneggiate dall'evento.
«Ci sono esempi di infrastrutture ricostruite in tempi record», fa sapere Autostrade a chi si mostra scettico sulla possibilità di rispettare una tabella di marcia così serrata. «Non abbiamo ancora elaborato un progetto», precisa poi Autostrade, affermando di aver studiato per il momento solo delle ipotesi di massima. Ovviamente il nuovo viadotto non avrà la stessa struttura del ponte progettato più di 50 anni fa dall'ingegnere Riccardo Morandi, un «unicum all'interno del panorama delle infrastrutture autostradali». Autostrade, invece che agli stralli (i tiranti) in cemento armato precompresso collassati martedì scorso, pensa a un ponte con «pile e impalcati», grosse strutture orizzontali di sostegno della carreggiata appoggiate su piloni, da ricostruire nella stesa posizione di quello crollato. Per farlo sarà necessario demolire, oltre a una parte della vecchia struttura, anche le case sotto le arcate. E i costi? «Non ci siamo ancora posti il problema - replicano dalla società Autostrade -. Ora bisogna pensare ai tempi». La società assicura comunque di essere in grado ripristinare il collegamento in 5 mesi dal momento in cui l'area sarà messa a sua disposizione.
Anche il presidente della Liguria è convinto che il ponte si possa ricostruire subito. «Non possiamo permetterci - dice ancora Toti - un'Italia a due velocità che soccorre in modo veloce i feriti e poi rallenta quando si tratta di ricostruire. L'emergenza dura fino a quando l'A10 non torna a funzionare, credo che su questo si impegnerà molto il Governo, noi siamo qui a metterci la nostra faccia». Cinque mesi, o anche dodici, comunque sono molto pochi, chissà se basteranno.