L'AQUILA La notte, in auto, all'aperto, in alloggi di fortuna, è trascorsa lenta, carica di tensioni e paure. Praticamente l'intero Molise, dai piccoli borghi dell'interno fino alla costa affollata per le vacanze, ma anche il basso Abruzzo, il Foggiano, zone della Campania e del Lazio, si sono riversati in strada dopo la scossa dell'altra sera (5.1 alle 20.19) che ha fatto seguito al 4.7 della vigilia di Ferragosto. La luce dell'alba ha finito per confortare gli animi e rendere chiari i danni: pochi agli immobili, per la verità, limitati a qualche lesione o piccolo crollo nelle case più antiche di Montecilfone, Acquaviva, Palata. Ci sono state nuove repliche di assestamento, la più forte con epicentro a 4 chilometri a Sud Est di Montecilfone. E sono state firmate alcune sporadiche ordinanze di sgombero. Spostata anche una cerimonia per le nozze d'oro di una coppia, proprio a Montecilfone, ovvero il borgo più prossimo agli epicentri.
LE VERIFICHE
Le verifiche sulle infrastrutture di comunicazione hanno dato esiti incoraggianti, anche si sono rese necessarie delle chiusure temporanee. È il caso della statale Bifernina (la 647), così come di alcuni ponti (su tutti quello per la Val di Sangro, nel basso Abruzzo). Anche la circolazione ferroviaria è stata sospesa e poi riattivata lungo la Ortona-Foggia (sulla linea Adriatica) e la Vairano-Campobasso-Termoli. Sono stati attivati autobus sostitutivi. Visto il drammatico precedente del 2002, la tragedia di San Giuliano di Puglia a pochi chilometri di distanza (magnitudo 5.7), particolare attenzione è stata riservata alle scuole. Il ministro dell'Istruzione, Marco Bussetti, era pronto a raggiungere le zone colpite, ma è stato rassicurato dal direttore dell'Ufficio scolastico regionale (Usr) del Molise Anna Paola Sabatini su quanto si stava facendo anche per la verifica. Il titolare del dicastero ha dunque chiesto all'Usr di attivare un monitoraggio per accertare eventuali danni alle scuole o altre criticità. Ma al momento anche questo passaggio non ha fatto registrare particolari preoccupazioni. Ieri, per tentare di portare un minimo di conforto, sul posto è arrivato anche Gianfranco De Luca, vescovo di Termoli-Larino e vicepresidente della Conferenza Episcopale d'Abruzzo-Molise.
La grande questione, ora, è capire cosa stia accadendo in quel lembo di terra e, soprattutto, quale possa essere l'evoluzione futura. La mente è andata subito al catastrofico evento del 1627, il terremoto della Capitanata che flagellò il Gargano, ma anche le zone limitrofe. Il presidente dell'Ingv, Carlo Doglioni, ha spiegato ieri che a livello sismico la zona «è ancora poco nota e silenziosa»: «La sequenza in corso ha aggiunto - è probabilmente iniziata già con l'evento del 25 aprile e ne stiamo seguendo l'evoluzione. Si lavora per capire come e dove si accumula energia. È una zona che conosciamo poco e che non ha una storia sismica importante». Una delle ipotesi di studio è che potrebbero essersi attivate più faglie. «Al momento è un'ipotesi di lavoro - ha detto Doglioni - per verificare la quale servono ulteriori informazioni; il più grande terremoto nelle vicinanze è avvenuto nel 1627 nell'area della Capitanata, San Severo, di magnitudo 6.7».
LA SEQUENZA
Quello che invece sembra acclarato, come ha spiegato il sismologo dell'Ingv Alessandro Amato, è che il meccanismo della sequenza suggerisce che i terremoti possano essersi attivati all'interno della placca adriatica, ossia nella struttura della crosta terrestre che arriva dall'Appennino alle Alpi, fino ai Balcani. «La placca Adriatica si trova al di sotto di alcuni chilometri di sedimenti - ha detto Alessandro Amato - ed è un blocco rigido che ha le sue linee di debolezza: ora dobbiamo capire perché si rompe in alcuni punti, in che modo e a quale velocità». Contrariamente alle faglie dell'Appennino, che sono visibili, «quelle della placca Adriatica sono troppo profonde per essere osservate. Si tratta probabilmente di faglie minori, della lunghezza di tre-quattro chilometri, ma che si vedono solo nel momento in cui si attivano». Ecco perché anche il movimento delle scosse è differente rispetto a quanto accade negli Appennini: in questo caso si parla di meccanismo trascorrente. Escluso categoricamente, invece, il legame con la maxi sequenza del Centro Italia: ha parlato di «collegamenti pittoreschi» la sismologa Concetta Nostro «Di faglie nel nostro Paese ne abbiamo tantissime - dice l'esperta dell'Ingv - Lungo l'Appennino e in altre aree come questa in Molise ce ne sono tante. Sono molte fratture, non sappiamo quando si muoveranno».