PESCARA Ragioni politiche e ragioni tecniche. Prende sempre più piede l'idea che a fare da arbitro sulla data delle prossime elezioni regionali sarà il presidente della Corte d'appello, Fabrizia Francabandera. Il decreto di scioglimento del consiglio regionale, firmato dal presidente Giuseppe Di Pangrazio il 22 agosto, prevede che le elezioni vengano indette entro 90 giorni. Che diventano 120 se si calcola anche il tempo necessario per la presentazione delle liste. C'è però chi fa osservare che i tre mesi a disposizione del presidente della giunta, Giovanni Lolli, non scatteranno dalla data della firma del decreto, ma da quella della pubblicazione sul Bura. Così, la potenziale data del 22 novembre slitterebbe a dicembre. A fine dicembre (e non al 22). E siamo già a gennaio, visto che entro fine anno ci sarebbe da approvare la legge di bilancio. Altra considerazione che si fa in queste ore: portare al voto in pieno inverno una regione che vede un terzo dei suoi 305 comuni collocati sopra i 1.000 metri di quota, non sarebbe proprio una grande idea, con molti seggi imbiancati dalla neve. Idem per quel che riguarda il mese di febbraio. Ecco le ragioni (interpretazioni di legge permettendo), che fanno ancora sperare l'attuale maggioranza nella possibilità che si torni al voto i primi di marzo. Intanto, ripartono le grandi manovre. Il coordinatore regionale di Forza Italia, Nazario Pagano e quello della Lega, Giuseppe Bellachioma si sono scambiati gli auguri di Ferragosto con la promessa di vedersi presto al tavolo del centrodestra, confermando che alla boutade dei salviniani: «In Abruzzo andremo da soli», non ci aveva mai creduto nessuno. Semmai, in casa di Forza Italia c'è ancora da sciogliere il dualismo tra Mauro Febbo e Umberto Di Primio. Alla Lega piace il nome di Fabrizio Di Stefano, ma c'è chi dice che il candidato nascosto potrebbe essere addirittura un altro. E mentre il Pd è in attesa del grande sì del vice presidente del Csm, Giovanni Legnini, anche il M5S invoca il ritorno immediato alle urne.