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Data: 19/08/2018
Testata giornalistica: Il Centro
A14, viadotto Salinello da controllare a vista. Tortoreto, un ingegnere esperto in “collasso di strutture” solleva il caso «Non rischia l’effetto Genova ma presenta vibrazioni sensibili e corrosione»

Ha un’altezza di 130 metri, è il viadotto più alto d’Abruzzo. Ma un ingegnere esperto in collasso di strutture solleva il caso dopo la tragedia del ponte Morandi di Genova. «Mi chiamo Francesco Bassi, abito a Tortoreto alto e sono un ingegnere in meccanica della frattura (cioè collasso di strutture) sia in acciaio che in materiali compositi, come il calcestruzzo precompresso con armatura interna in acciaio ». Così comincia la lettera inviata al Centro dal professionista abruzzese. «Sono stato capo commessa di ricerche finanziate dal Cnr per lo sviluppo di materiali strutturali innovativi», aggiunge Bassi, «e rappresentante di una primaria acciaieria italiana presso l’associazione Acai (Associazione Italiana Costruttori in Acciaio)». Andiamo al dunque.
SOLLEVA IL CASO. Perché il viadotto più alto d’Abruzzo dev’essere un sorvegliato speciali? Quali sono i campanelli d’allarme percepiti dall’esperto? «La mia segnalazione vuole sollevare l’attenzione sul viadotto del Salinello, dell’A14, tra le uscite di Mosciano- Giulianova e della Val Vibrata», riprende l’ingegnere che sottolinea: «Non è mia intenzione entrare in problematiche tecniche o creare allarme, ma voglio far capire anomalie evidenti relative all’opera in questione». Ed ecco il primo punto.
IL SEGNALE. «Il ponte autostradale del Salinello presenta vibrazioni sensibili», afferma Bassi. «Mi è capitato recentemente di restare incolonnato sul viadotto e accorgermi che la struttura vibra. Le vibrazioni sono percepibili in auto perché gli ammortizzatori le esaltano. E sono anomale in una struttura rigida realizzata in cemento armato precompresso, materiale non elastico rispetto a pari strutture in acciaio ». Quindi, secondo l’esperto, questo fenomeno: «Potrebbe indicare dei problemi di coesione tra gli elementi che lo compongono». Naturalmente è d’obbligo il condizionale.
FERRI A VISTA. Le fotografie che pubblichiamo mostrano un vasto distacco di cemento e quindi il ferro affiorato e soprattutto arrugginito. «Ad un esame visivo nemmeno molto minuzioso, dei piloni di sostegno», dice infatti l’ingegnere, «si riscontra in molti punti un evidente degrado e distacco del cemento con l’affioramento dell’armatura metallica che può essere facilmente aggredita dagli elementi atmosferici provocandone la corrosione: è un fenomeno subdolo che non si limita alla parte esposta ma, progressivamente, si propaga all’interno ed è tanto più rapida quanto più la struttura è sollecitata (fenomeno di stress corrosion) ed in vicinanza del mare, come in questo caso».
LE ROTTURE. La successiva riflessione è preceduta da un concetto di carattere generale: «Nel cemento armato precompresso l’armatura in acciaio è fortemente precaricata e quindi sollecitata in modo da far lavorare il cemento che lo ingloba a compressione; è noto che il cemento, come elemento strutturale, ha un’elevata resistenza alla compressione ed una quasi nulla resistenza alla trazione. Questo significa », afferma Bassi entrando nel caso specifico, «che il degrado e quindi la rottura, anche parziale, dell’armatura in acciaio può determinare una diminuzione della precompressione e, in ultima analisi, il collasso della struttura».
NIENTE PANICO. Il suo, naturalmente, resta un suggerimento oltre che un invito a intervenire: «Quanto ho detto infatti non vuole creare allarmismi», sottolinea l’ingegnere, «ma attenzione da parte di chi è preposto alla verifica strutturale e alla manutenzione dell’opera ». Per di più Bassi crea una distinzione netta con la tragedia di Genova: «In ogni caso», dice, «il viadotto del Salinello ha minori criticità di un ponte sospeso come il viadotto Morandi anche se, vista la lunghezza ed il notevole traffico, necessita di verifiche accurate e costanti in modo da salvaguardare la sicurezza di chi lo percorre ed abita nelle zone sottostanti o limitrofe».
CHE FARE. Ecco il finale della lettera: «Ritengo che l’attuale tecnologia sia ormai in grado di garantire strumenti diagnostici non distruttivi capaci di monitorare di continuo l’inevitabile degrado a fatica di tali strutture. E quindi prevenire fenomeni di collasso con conseguenze catastrofiche».

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