Nell'attesa che la magistratura accerti le responsabilità, bisognerebbe consentire ad Autostrade di fare subito i lavori, a partire dalla realizzazione di un nuove ponte. Annamaria Furlan, segretario generale Cisl, è ancora profondamente turbata. Genova è la sua città, qui è nata e qui torna quando non lavora. «Sono stati giorni tragici per tutti» dice, tenendo a ringraziare i vigili del fuoco, le forze dell'ordine, i volontari. «Ma adesso basta con le polemiche, guardiamo al futuro e ridiamo speranza ai genovesi, agli sfollati, come hanno sottolineato il cardinale Bagnasco e il presidente Mattarella».
La società Autostrade mette a disposizione un fondo di 500 milioni di euro per la città, per le famiglie delle vittime e per gli sfollati, e si dichiara pronta a realizzare in otto mesi un nuovo ponte in acciaio. Ma iI vicepremier Di Maio dice «no alle elemosine». Ha ragione?
«Credo che si debba seguire l'esempio del sindaco di Genova, che non ha fatto nemmeno per un secondo polemica ma si è rimboccato le maniche per cercare gli strumenti per far rialzare la città il più presto possibile. Sarà la Procura a individuare le responsabilità del crollo. Intanto però credo che gli interventi annunciati da Autostrade siano il minimo che la società immediatamente debba fare. E bisogna farglielo fare. Oggi l'urgenza per Genova è rimettere in moto la viabilità, dare una casa agli sfollati, evitare ripercussioni sul porto».
Secondo il procuratore capo di Genova, Francesco Cozzi, lo Stato in questi anni ha sbagliato a delegare le funzioni di controllo e vigilanza sulle opere pubbliche in concessione. Lei che ne pensa?
«Condivido in pieno. Bisogna rivedere il regime delle concessioni nel nostro Paese: la vigilanza, il controllo deve rimanere nelle mani dello Stato, non può essere il concessionario che vigila e controlla se stesso. Vale per tutti i beni pubblici, le autostrade, le strade, le reti delle telecomunicazioni».
Il sottosegretario a Palazzo Chigi, Giancarlo Giorgetti, ha annunciato il varo a settembre di un grande piano per le infrastrutture.
«Era ora che si uscisse da un dibattito incomprensibile sul sempre no alle grandi opere e si iniziasse a pianificare in modo concreto la revisione e l'ammodernamento di quello che già c'è, ma anche a dotare il paese delle nuove opere infrastrutturali indispensabili. A partire dalla Gronda di ponente, di cui si discute da 20 anni: se oggi ci fosse stata avremmo in parte già risolto il problema della viabilità per i mezzi pesanti. E poi la Tav, la Tap, il Terzo valico».
Tutte opere fortemente osteggiate dai cinquestelle che ora sono maggioranza di governo.
«Spero che rivedano la loro posizione».
A ogni modo dove prendere i soldi? Il sindacato è favorevole a sforare i vincoli Ue?
«In realtà le risorse nazionali ed europee per questi interventi ci sono. Il problema è che il nostro Paese non riesce a spenderle a causa dei veti incrociati della politica. Comunque credo che il governo faccia bene ad aprire una discussione con Bruxelles per rivedere i trattati e il fiscal compact sugli investimenti in infrastrutture, ricerca e innovazione».
Non era un strada già provata dai governi Renzi e Gentiloni?
«Evidentemente non in modo sufficiente e convincente».
Se dovesse essere revocata la concessione ad Autostrade si aprirebbe anche il problema degli attuali 19.000 dipendenti. Siete preoccupati?
«Non so se sarà revocata la concessione. Certamente il governo si farà carico delle tutele per tutti i lavoratori. Sarebbe assurdo che a pagare fossero i lavoratori».