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Data: 21/08/2018
Testata giornalistica: Il Centro
I rapporti con i Benetton. Scontro tra M5s e Pd. Renzi respinge le accuse: «Ci infamano, ma i fatti sono diversi dalle fake news». Montano le polemiche anche per il voto favorevole da parte di Salvini nel 2008. La revoca delle concessioni. Prende quota l'ipotesi dell'Anas. E si parla di una nuova legge per accelerare la decadenza

Intorno alla tragedia, ai morti, ai feriti e agli sfollati di Genova volano come stracci le parole della politica, che del crollo del Ponte fa motivo di polemica, di scontro e di permanente campagna elettorale. L'accusa più forte di ieri è stata quella del M5s, che imputa a Pd e Fi «una combine con i Benetton e con un insano sistema di potere». Dem e Azzurri ribattono piccati: gli alleati non hanno nulla da dire sulla Lega, che disse sì alla proroga ai Benetton della concessione nel 2008? Matteo Salvini si difende: «Vero, ho votato il rinnovo. Ma da chi ha governato per anni e anni e ha firmato e verificato le concessioni, un buon silenzio sarebbe opportuno». È il M5s ad alzare la polemica al mattino via blog: «Negli anni i governi di centrodestra e centrosinistra hanno costruito un sistema insano di favori alle concessionarie, contribuendo in maniera determinante ad arricchirle a discapito della manutenzione delle nostre infrastrutture». Il dito è puntato contro Pd e Fi, che hanno «deciso di schierarsi con i Benetton» e non con «la richiesta di giustizia e di sicurezza che arriva da milioni di italiani». «Con il Governo del Cambiamento tutte queste vergognose isole di privilegio verranno scoperchiate ed eliminate », è l'ovvia chiosa. Fi reagisce alle «menzogne » e all' «inaccettabile sciacallaggio del M5S che per coprire le proprie responsabilità attuali si applica su facebook anche contro Forza Italia come falso bersaglio, ma in realtà contro il suo scomodo alleato di governo, la Lega, per provvedimenti relativi addirittura a ben 10 anni fa», dice il capogruppo al Senato Annamaria Bernini che apre il coro di rimostranze degli azzurri, che al ministro Toninelli chiedono una commissione super partes sullo stato di strade e ferrovie. Per la prima volta parla dal meeting di Rimini anche l'ex ministro dem Graziano Delrio e respinge con sdegno critiche e «bugie che disonorano i morti». «Noi - dice - abbiamo fatto un piano infrastrutturale da 130 miliardi, abbiamo aumentato dell'80% le manutenzioni, ma non è detto che si raccolga quello che si semina ». Il Pd insomma, sebbene Maurizio Martina sia pronto a ripartire dai fischi presi a Genova con la Pinotti, non ci sta a prendersi tutte le colpe e via twitter Matteo Renzi ammonisce: «Genova non è una favoletta. Di Maio ci infama ma i soldi da Autostrade li ha presi la Lega non noi. Conte era il legale dei concessionari. E Salvini ha votato a favore del Decreto Legge pro-Autostrade mentre noi abbiamo votato contro. Questi sono fatti, non fakenews». Falso, ribatte il M5s: «il Partito democratico è responsabile politico di questa immane tragedia, e il gruppo Benetton avrebbero dovuto, avendo l'obbligo di farlo, evitare le vittime di Genova». E mentre il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giorgetti ammette «a posteriori » che «fu un errore votare la concessione ai Benetton », Salvini si difende e prende le distanze dal gruppo Autostrade. «Mi sconcerta l'indifferenza e l'atteggiamento di questa grande società che ci ha impiegato giorni per chiedere scusa. Perdono soldi in borsa perché cadono i viadotti non perché Salvini è brutto e cattivo». Ma il presidente dem Orfini incalza: «Il M5s continua a dire che smaschererà chi negli anni passati ha regalato il paese ai privati, chi ha fatto marchette, chi si è fatto finanziare dai concessionari. Ieri lo ha ribadito Toninelli. Conseguentemente suggerirei a Di Maio e compagni», ha concluso, «di far convocare al silente Conte un cdm per approfondire la questione con la Lega».

La revoca delle concessioni. Prende quota l'ipotesi dell'Anas. E si parla di una nuova legge per accelerare la decadenza

ROMA Il Governo non arretra sulla decisione di togliere la concessione ad Autostrade per l'Italia. L'iter per la decadenza è partito e la lettera di contestazione inviata dal Ministero è arrivata ieri alla società. E, anche se il sottosegretario alla presidenza del consiglio Giancarlo Giorgetti non ne veda i termini, spunta l'ipotesi di una nuova legge per togliere la convenzione senza aspettare i tempi delle procedure giudiziarie che comporterebbe la revoca. Comunque si deciderà di procedere, la ristatalizzazione di fatto dei 2.800 chilometri di Autostrade comporterebbe la discesa in campo di Anas, la società pubblica, che gestisce già oltre 26 mila chilometri di strade e autostrade. Il passaggio ad Anas, da quest'anno nel Gruppo Ferrovie dello Stato (ma il Governo ha già detto di voler fare marcia indietro sulla fusione), è di fatto un'operazione fattibile e che non comporterebbe problemi né sul fronte occupazionale né su quello delle risorse.Quello che accadrebbe, infatti, è che Anas erediterebbe l'intera struttura di Autostrade: ovvero 2.855 chilometri di rete (oltre alla A10 Genova-Savona, altre 15 tratte autostradali tra cui la A1 Milano-Napoli, la A14 Bologna-Taranto, la A4 Milano-Brescia), 5.579 dipendenti, 240 caselli, 204 aree di servizio, 95 aree di parcheggio e 57 Punto Blu. Il passaggio non comporterebbe la necessità di una gara, trattandosi di un gestore pubblico, né problemi di tempi, dal momento che Autostrade è tenuta comunque ad assicurare i servizi fino al passaggio alla società subentrante. Non si profilano inoltre problemi dal punto di vista gestionale, dal momento che Anas è già un concessionario, con 90 anni di storia, 26.816,976 km di strade statali e autostrade in gestione diretta, compresi svincoli e complanari, e un piano di investimenti da 3 miliardi l'anno. Né da quello finanziario: il fatto di avere a disposizione flussi di cassa certi (grazie ai pedaggi: solo nel 2017 Autostrade ha avuto ricavi da pedaggio per 3,59 miliardi), garantirebbe infatti una copertura su tutto e Anas potrebbe anche indebitarsi sul mercato senza gravare sul bilancio pubblico. Nessun rischio nemmeno sul fronte del conflitto di interessi, dal momento che oggi Anas è un gestore pubblico puro, diversamente dal passato quando era anche concedente.

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