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Pescara, 24/07/2024
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Data: 22/08/2018
Testata giornalistica: Il Centro
Data delle elezioni, esplode lo scontro. Febbo (Forza Italia) scrive a Mattarella sollevando gravi sospetti. Lolli e Paolucci (Pd) gli ribattono: offende le istituzioni

PESCARA La data delle elezioni regionali fa esplodere lo scontro politico. Mauro Febbo, uno dei papabili alla candidatura da governatore per Forza Italia, ha puntato in alto scrivendo una lettera al capo dello Stato, Sergio Mattarella, per adombrare accuse molto pesanti.
LA FRASE CHIAVE. «Salvaguardare e tutelare l'equilibrio e la tenuta non solo giuridica, ma anche democratica degli assetti politici della Regione Abruzzo poiché attori istituzionali, a cui sono demandate determinate decisioni, potrebbero non agire con la dovuta imparzialità ed estraneità sulla data nella quale dovranno essere svolte le elezioni per la scelta del nuovo Presidente della Regione Abruzzo e del Consiglio Regionale».Questo chiede il forzista al presidente della Repubblica innescando la reazione di Giovanni Lolli, vicepresidente della Regione, chiamato in causa da Febbo insieme al presidente del consiglio, Giuseppe Di Pangrazio e al presidente della Corte d'Appello, Fabrizia Francabandera. Sono loro infatti gli «attori istituzionali» che dovranno decidere la fatidica data delle elezioni fissandola tra 90 o 120 giorni, il 22 novembre o il 23 dicembre. «Non c'è alcun giochetto, noi applicheremo le leggi che sono complesse e in parte contraddittorie», gli ribatte Lolli.
NIENTE GIOCHETTI. «Qualunque illazione», afferma Lolli, «è totalmente inopportuna. A decidere, con me e il presidente del consiglio, sarà la presidente della Corte d'appello che certamente non si presterebbe a giochetti. È offensivo il solo pensarlo, a meno che Febbo non ritenga che il presidente della Corte d'appello faccia parte di un complotto e quindi si assume le responsabilità di ciò che ha scritto a Mattarella. Noi applicheremo le norme a tutela dei diritti di chi vuole candidarsi evitando qualunque tipo di ricorso».
LA PRESSIONE. «È inderogabile e indifferibile fissare immediatamente la data tra il 25 novembre e il 2 dicembre prossimo», sostiene Febbo che cita lo statuto della Regione, la legge elettorale, il regolamento interno per i lavori del Consiglio e una sentenza della Corte costituzionale. Ma è difficile che Mattarella gli risponda. L'obiettivo politico del forzista è forse un altro. La sua lettera al capo dello Stato infatti potrebbe essere un suo tentativo per far pressione su chi dovrà decidere la data. Quindi anche sul giudice.
AGGETTIVI PESANTI. Alla vigilia della pubblicazione sul Burat del decreto di scioglimento del consiglio regionale, prevista per oggi, il consigliere azzurro, in una nota stampa, arriva a scrivere di «miseri e infimi escamotage per far passare l'interpretazione, esclusivamente della maggioranza, dei 120 giorni per lo scioglimento del Consiglio e arrivare al 22 dicembre e quindi far slittare le elezioni a marzo», perché, secondo lui, «a Natale non si può votare mentre a gennaio/febbraio non è possibile farlo visto che abbiamo più di cento comuni montani impossibilitati per causa neve. Ci troviamo di fronte ad una ignobile e scandalosa sveltina», sostiene nella nota stampa mentre a Mattarella scrive: «Qualsiasi forzatura interpretativa intrapresa emanerebbe un acre odore», che lui attribuisce alle «difficoltà della maggioranza di organizzarsi dal punto di vista elettorale e di sbloccare la disponibilità di singoli individui a candidarsi per guidare la coalizione, e ciò in special modo se uno dei papabili è l'attuale vicepresidente del Csm».
STIA IN SILENZIO. Ma l'assessore regionale Silvio Paolucci gli risponde: «La posizione di Forza Italia è vergognosa, oltre che oltraggiosa rispetto alle istituzioni. Febbo e company sono stati protagonisti nel 2014 dell'allungamento della legislatura. In quell'occasione pregarono il Governo di emanare un decreto legge per condurre la legislatura abruzzese da 60 a 66 mesi. Quanto alle norme ad hoc», conclude l'assessore Pd, «chi ha elemosinato un decreto per allungare il proprio ruolo di assessore, oggi farebbe meglio a tacere».

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