GENOVA Chi lo conosce sa che Roberto Ferrazza è un uomo estremamente sicuro di se, incline alla battuta sarcastica, poco sensibile alle critiche. Di certo, non si aspettava di essere messo alla porta con un comunicato stampa arrivato a tarda sera dall'ufficio del ministro Danilo Toninelli e che, per di più, proietta incertezze sul suo lavoro di Provveditore alle opere pubbliche della Liguria. Ieri mattina, si è presentato comunque alla riunione operativa in Prefettura per parlare del destino di quel che resta del viadotto Morandi: «Non mi è ancora arrivata una comunicazione ufficiale e, in ogni caso, ho due ruoli - bisbiglia andando via - non mi ha fatto piacere sapere la notizia via stampa, anche per il contenuto del comunicato, io l'ho saputo accendendo la tv». Al suo posto arriva Alfredo Principio Mortellaro, che per anni ha gestito gli appalti del Sisde ma non si è mai occupato di infrastrutture. Poi si chiude nel suo ufficio di viale delle Brigate Partigiane.
LA SCELTA
Dal ministero delle Infrastrutture fanno sapere che la scelta è stata ben soppesata. In quanto Provveditore, Ferrazza è stato l'ultimo tecnico, a febbraio scorso, a leggere il progetto che Autostrade aveva in mente per migliorare il viadotto Morandi e la resistenza dei piloni 9 e 10, il primo dei quali crollato e il documento del Cta - comitato tecnico - che approvava gli interventi. In quel testo si diceva già che i tiranti, o stralli, avevano una capacità ridotta del 20% e c'erano i calcoli sulla perdita di resistenza anche del pilone 10: «Da Provveditore, non da membro del Cta, avrebbe potuto interrompere o limitare il traffico», è la spiegazione che filtra dal ministero: «Non era obbligato dalla legge, perché la soglia raggiunta non imponeva limitazioni, ma per un fatto di opportunità preferiamo che lasci la commissione ministeriale».
Tutte valutazioni che l'architetto respinge irritato, perché indiscrezioni: «La dignità è merce rara di questi tempi». Poi, però, spiega: «Mi vengono attribuiti poteri diretti, io sostengo una tesi diversa. A me non risulta che il Provveditore abbia poteri di interloquire direttamente con Autostrade. Io credo che avrei potuto solo suggerire o proporre, ma ogni decisione spetta al ministero. Per quello che ho fatto mi sento tranquillo, non voglio mettere in mezzo persone che fanno molto di più del loro dovere, sicuramente rileggerò leggi e circolari perché ovviamente potrei sbagliarmi». La commissione ministeriale andrà avanti: «Io d'ora in poi mi astengo da qualunque provvedimento come presidente della commissione. Ci sono da risolvere alcuni problemi, anche pratici, perché la commissione ministeriale doveva partecipare alle riunioni sul futuro del viadotto. Faranno senza di me».
IL COMUNICATO
Anche se il comunicato ufficiale non è ancora arrivato, l'architetto conferma che il braccio di ferro andava avanti da qualche giorno: «La volontà politica mi è stata chiaramente indicata dal ministero. Io ho dato una risposta e il ministro mi ha revocato l'incarico. L'ho saputo accendendo la televisione: il sottopancia della trasmissione diceva che non eravamo più parte della commissione ministeriale, sia io sia Antonio Brencich. Lui ha fatto diversamente, ha preferito dimettersi. Mi ha avvertito, ma non ho nulla da rimproverargli: deve fare come si sente». «Dopo l'impeachment di Trump - conclude sarcastico - ora la cosa importante è diventato l'impeachment di Ferrazza».