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Pescara, 24/07/2024
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Data: 25/08/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Primi contatti pm-Viminale Salvini: ora mi interroghino

ROMA Matteo Salvini lo ripete come un mantra: «Mi vogliono arrestare? Lo facciano pure, li aspetto, mi interroghino. Dalla nave Diciotti non sbarca nessuno». Ma ora che il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, ha iniziato a sentire testimoni e dalla Sicilia ha contattato personalmente Roma, il rischio è che la situazione, già deflagrata a livello politico e internazionale, possa esplodere anche sul fronte giudiziario. Il Viminale corre ai ripari, fa sapere che Salvini per il momento non ha ricevuto convocazioni formali, nemmeno come teste. Ma in mattinata il procuratore - che procede per sequestro di persona e arresto illegale - ascolterà due alti funzionari dell'Interno. Si tratta dei responsabili del dipartimento Liberà civili e immigrazione. Dopo avere sentito il comandante della motovedetta della Guardia costiera e altri membri dell'equipaggio durante l'ispezione effettuata a bordo della Diciotti tre giorni fa e dopo avere chiesto spiegazioni e documentazione al Comando generale della Guardia costiera - sentirà altri funzionari nel weekend - e alla Capitaneria, il magistrato intende ripercorrere a ritroso i passaggi che hanno portato alla situazione di stallo: la motovedetta è attraccata al porto di Catania da ormai cinque giorni, con 150 migranti a bordo.
L'ORDINE
Deve essere ricostruita la catena di comando fra il Viminale, la Guardia costiera e la coppia di ministeri ai quali l'equipaggio risponde, cioè Infrastrutture e della Difesa. Da chiarire anche la competenza: nel porto di Catania, infatti, sarebbe dell'autorità portuale e della Capitaneria. Tradotto: potrebbe spettare al ministro delle Infrastrutture un'eventuale scelta di impedire lo sbarco. Per capire se siano configurabili responsabilità, la procura deve individuare chi, in sostanza, abbia emanato l'ordine di stallo. Da qui, l'esigenza di ascoltare la versione di funzionari dell'Interno: si sarebbero occupati loro della trattativa. Avrebbero ricevuto la richiesta di approdo in un porto sicuro fatta dall'equipaggio della Diciotti e, su input politico, non avrebbero autorizzato la discesa dei profughi. Sul punto, Salvini è categorico: «Visto che c'è questo presunto sequestratore e torturatore, che per qualcuno sarei io, sono disponibile a farmi interrogare - dice - il procuratore interrogasse me, andasse dal capo e non a chiedere lumi a funzionari che svolgono direttive che dà il responsabile del ministero, che sono io». In realtà, se emergessero responsabilità di esponenti del Governo, il fascicolo verrebbe trasmesso al tribunale dei ministri. Per il momento, il comandante della Diciotti avrebbe confermato di avere preso ordini: quando il 20 agosto, a quattro giorni di distanza dal salvataggio, è arrivata dal ministero delle Infrastrutture l'indicazione di attraccare, il comandante avrebbe fermato la nave al largo di Catania, in attesa di conferma da parte dei superiori. Il comando generale, poi, gli avrebbe confermato di attraccare, senza consentire lo sbarco.
LE ACCUSE
Intanto si potrebbe aprire un nuovo fronte d'inchiesta. Su delega della procura, la Capitaneria di Porto Empedocle dovrà stabilire non solo quale autorità abbia impartito gli ordini alla motovedetta, ma anche se ci siano state identificazioni dei naufraghi e se siano stati commessi altri reati. Il testo unico sull'immigrazione, infatti, prevede che dopo l'identificazione il migrante debba essere informato sulle procedure di protezione internazionale e debba poi essere mandato nei centri di accoglienza. Il trattenimento sulla Diciotti potrebbe quindi essere illegale e configurare anche un abuso d'ufficio. La ipotesi di reato principale, invece, potrebbe aggravarsi: la procura potrebbe contestare il sequestro di persona a scopo di coazione, reato introdotto a marzo scorso nel codice penale. La norma prevede che chiunque sequestri una persona «al fine di costringere un terzo, sia questi uno Stato, una organizzazione internazionale tra più governi, una persona fisica o giuridica o una collettività di persone fisiche, a compiere un qualsiasi atto o ad astenersene, subordinando la liberazione della persona sequestrata a tale azione od omissione, è punito con la reclusione da 25 a 30 anni».
In questo caso, il sequestro dei migranti potrebbe essere visto come un ricatto all'Ue per ottenere accordi concreti.

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