ROMA La conferma arriva pochi minuti prima del suo intervento alla festa della Lega a Pinzolo, durante il quale avrebbe dovuto solo annunciare di avere finalmente «risolto il problema Diciotti». Il ministro dell'Interno Matteo Salvini è stato iscritto sul registro degli indagati per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d'ufficio. Le stesse contestazioni sono anche a carico del suo capo di Gabinetto, Matteo Piantedosi. Il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, ha chiesto le loro generalità alla Questura di Roma e poi ha trasmesso gli atti al tribunale di Palermo - che li invierà a sua volta al tribunale dei ministri della stessa città - dopo avere trascorso l'intera giornata di ieri ascoltando come testi funzionari del Viminale e ufficiali della Guardia costiera, per ricostruire nei dettagli i passaggi che hanno portato allo stallo - durato 9 giorni - della motovedetta della Guardia costiera, attraccata nel porto di Catania con 150 migranti a bordo. Da Pinzolo, Salvini è un fiume in piena: «Indaghino chi vogliono, vengano a prendermi - dice - possono arrestarmi, ma non fermeranno il cambiamento». Poi, arriva l'attacco frontale alla procura: «È una vergogna, è incredibile vivere in un Paese dove dieci giorni fa è crollato un ponte sotto il quale sono morte 43 persone e non c'è un indagato, e dove indagano un ministro che difende i confini del Paese». Il leader del Carroccio accusa il procuratore di Agrigento di avere fatto una scelta politica, «non faccia il giudice o il magistrato, ma si candidi con il Pd. Ai giudici per bene dico: buttate fuori le correnti dalle aule. Bloccare l'immigrazione clandestina non è un diritto, ma un dovere di un ministro». L'inchiesta a suo carico non lo scalfisce minimamente - «per me la prossima nave che arriva può fare dietrofront, se vogliono indagarmi anche per questo lo facciano pure» - ma diventa un nuovo motto da urlare al suo elettorato: «Io non mi arrendo, andiamo avanti». Il tutto nonostante la durissima presa di posizione dell'Anm, che parla di «interferenze inammissibili nell'attività giudiziaria».
LA SVOLTA
La svolta nell'inchiesta del procuratore Patronaggio e dell'aggiunto Salvatore Vella è arrivata ieri. Dopo un'ispezione effettuata nei giorni scorsi a bordo della Diciotti - con l'audizione del comandante e dei membri dell'equipaggio - il magistrato è volato a Roma dove ha sentito due funzionari del Viminale: Gerarda Pantalone e Bruno Corda, rispettivamente capo e vice del dipartimento per le Libertà Civili e l'immigrazione, che ha ricevuto dalla Guardia costiera la richiesta fatta dalla Diciotti di avere indicazioni sul porto da raggiungere. Sono stati ascoltati anche i funzionari che hanno smistato l'ordine di vietare lo sbarco dopo l'attracco a Catania, personale del ministero dei Trasporti e ufficiali della Guardia costiera. Tutti hanno detto di essersi attenuti alle indicazioni dei superiori. L'autorizzazione - nonostante quattro richieste - non è arrivata per 9 giorni. Salvini era fuori Roma, ma avrebbe impartito direttive via social e via telefono. Sarebbe stato il suo capo di gabinetto, Piantedosi, a trovare l'escamotage per tenere sotto sequestro i migranti, secondo l'ipotesi della procura. L'attracco a Catania, autorizzato dal ministro alle Infrastrutture, è stato formalmente inquadrato come «scalo tecnico», che non prevedeva lo sbarco.
IL PROTOCOLLO
Al centro dell'inchiesta, il protocollo operativo del 2015 elaborato dal Comando generale delle Capitanerie di porto, in cui viene indicato il ruolo del Viminale nella comunicazione del Place of Safety. Un protocollo che, per l'accusa, sarebbe stato forzato. Il fatto che la normativa internazionale non indichi un termine entro cui comunicare il porto sicuro, ma preveda solo che l'indicazione venga data con rapidità, sarebbe stato sfruttato per consentire la situazione di stallo.
IL CSM
Mentre Salvini prosegue la sua battaglia con la procura e sfida i pm - «Aspetto con il sorriso un procuratore che indaghi i trafficanti» - il Csm si schiera con la magistratura. Il caso «Diciotti» verrà affrontato nel corso del prossimo plenum, il 5 settembre. L'istanza - accolta dal vicepresidente Giovanni Legnini - è dei consiglieri Valerio Fracassi, Claudio Galoppi, Aldo Morgigni e Luca Palamara: «Gli interventi a cui abbiamo assistito, per provenienza, toni e contenuti rischiano di incidere negativamente sul regolare esercizio degli accertamenti in corso».