ROMA «È una linea non degna di un Paese civile». Al quinto giorno di permanenza degli oltre cento migranti sulla Diciotti si allarga e prende voce la fronda interna al M5S che contesta la posizione del vicepremier Matteo Salvini. È una fronda che fa riferimento al presidente della Camera Roberto Fico e che, finora, lambisce solo i membri pentastellati del governo. Ma il malumore nel Movimento, in queste ore, si estende anche ad un altro elemento, il bilaterale previsto per martedì tra Salvini e il premier ungherese Viktor Orban. Un bilaterale che, il M5S questa volta in maniera compatta, fatica a digerire nel merito e nel metodo. La nota con cui, in mattinata, il Viminale annuncia l'incontro in Prefettura a Milano tra il ministro dell'Interno e Orban è in questo senso il più classico dei casus belli.Pochissime ore dopo sono i due capigruppo, Stefano Patuanelli e Francesco D'Uva a scandire, in una nota ufficiale, come l'incontro di martedì vada considerato «esclusivamente politico e non istituzionale o governativo». Ma i due capigruppo precisano anche la posizione del Movimento riguardo all'alleanza sovranista con i Paesi del gruppo Visegrad - Ungheria in testa - che ha in mente Salvini. «I Paesi che non aderiscono ai ricollocamenti e tutti quelli che nemmeno si degnano di rispondere alla richiesta d'aiuto dell'Italia per noi non dovrebbero più ricevere i fondi europei. E tra questi c'è anche l'Ungheria», è l'affondo di Patuanelli e D'Uva. I due capigruppo, di fatto, mettono nero su bianco un ragionamento che appartiene alla gran parte del Movimento. Anche a chi, in queste ore, resta in silenzio ma che reputa, comunque, per nulla risolutiva alle inadempienze dell'Ue sui flussi un avvicinamento ai Paesi Visegrad. «Io incontro tutti e ascolto tutti», è la replica di Salvini, che ribadisce come, con Orban, condivida lo stesso obiettivo in fatto di immigrazione: la difesa delle frontiere esterne e l'azzeramento dei flussi, con o senza Europa. L'impressione, tuttavia, è che sulla costruzione di un'alleanza sovranista in Ue l'appoggio di Luigi Di Maio verso il suo alleato sia meno solido di quello mostrato nel corso della vicenda Diciotti, dove il sodalizio tra Salvini e il leader M5S si è mostrato a prova di bomba. Ed è proprio questo sodalizio ad esser preso indirettamente nel mirino dalla fronda pentastellata che, a partire da Fico, reclama da giorni lo sbarco dei migranti dalla Diciotti.A riguardo, fonti del Movimento stemperano le voci di un nuovo gelo sceso tra il presidente della Camera e Di Maio. I contatti tra i due sono «costanti» e Fico si tiene informato sull'evolversi della situazione, si spiega dal Movimento. Possibile, insomma, che Fico e Di Maio volutamente scendano in campo a rappresentare due anime insite nel M5S da tempo. Anche se, in queste ore, gli attacchi dei pentastellati alla gestione Salvini si susseguono. «La linea Salvini non funziona e alimenta l'odio», scrive il presidente della commissione Cultura della Camera, Luigi Gallo.E la fronda anti-Lega, dal Parlamento si allarga anche sul territorio, coinvolgendo, ad esempio, la capogruppo in Consiglio comunale a Torino Valentina Sganga o i diversi militanti che, sul blog delle Stelle, avvertono i vertici 5 Stelle: «seguendo la Lega si sta infilando in un ginepraio da cui è difficile uscire», scrive, ad esempio un utente.