PESCARA Brividi di paura, rabbia, incredulità, sensazione di impotenza. È' questo il clima che si respirava ieri mattina dopo le 12,30 al terminal bus della stazione dove sabato, intorno alle 14, si è consumata la violenza sessuale da parte del senegalese di 61 anni (in carcere) ai danni di una donna di 39 anni in carico al Centro di salute mentale. Tra i tanti passeggeri in attesa dei mezzi di trasporto per tornare a casa o andare in vacanza verso altre città e regioni, c'erano anche signore che non si conoscevano, che non si sono mai viste prima. Ma che solo per qualche ora si sono sedute sui muretti dei giardini (a un tiro di schioppo dalla stazione e dal centro cittadino), strette una accanto all'altra. Solidali tra loro e consapevoli che solo poche ore prima un'altra donna è stata violentata nel parco pubblico, di fronte a tanti testimoni. E che tutto è accaduto proprio dietro le loro spalle, vicino a quelle staccionate di legno che reggevano il muro di siepi, immediatamente cancellate dagli operai del Comune e di Attiva (società che si occupa della pulizia e del decoro urbano) per restituire l'area verde alla vista dei cittadini. Ora non ci sono più zone d'ombra nel parco del terminal né nascondigli accanto ai cespugli. Non torneranno, le staccionate. L'intenzione dell'assessore ai Lavori Pubblici Antonio Blasioli è quella di transennare il perimetro con i lucchetti: «Vogliamo recintare l'area con un cancello da chiudere la sera, le staccionate non impediscono l'ingresso» annuncia il vice sindaco. Nel frattempo, ieri un gruppo di operai del Comune ha compiuto una ispezione nel parco per monitorare i pali della luce, rimasta accesa di giorno, e studiare i punti dove installare la nuova illuminazione. Arriva guardingo, un extracomunitario, e sceglie un muretto di mattoncini come luogo riservato per fare pipì. «A pensarci mi vengono i brividi, queste persone vanno punite», argomenta Valeria D'Urbano, romana con casa a Montesilvano, «non c'entra niente la nazionalità e il colore della pelle. Provo rabbia, non possiamo arrivare a militarizzare una zona per proteggere la gente, è assurdo». «È una tragedia annunciata», è l'opinione di Raffaella, di Montesilvano, seduta al bar del terminal con la figlia 13enne Desideria, in viaggio verso San Severo «siamo qui, al sicuro, perché fuori non ci sentiamo tranquille. Quello che è accaduto ha avuto tante avvisaglie, tutti sanno che cosa succede qui». «Non vediamo l'ora che venga aperto un posto fisso di polizia municipale. Da anni lo aspettiamo», esulta il titolare del bar Terminal Angelo Cosanni all'indomani dell'annuncio dell'assessore Gianni Teodoro dell'apertura h 24 del presidio dei vigili all'interno della biglietteria (poi nei vicini silos) e dell'arrivo di bagni chimici. «Peccato che certe decisioni arrivino dopo l'irreparabile», commenta al volo un autista della Tua. «È' anche vero che tutte le stazioni del mondo sono insicure e pericolose», aggiungono Simona e Stefania di Avezzano, «abbiamo paura di stare qui con i nostri figli, non siamo state importunate da nessuno». «Non ci conoscevamo, ma ci siamo sedute una accanto all'altra per stare insieme. Peccato non si vedano pattuglie delle forze dell'ordine in giro, per favore chiamatele» è la richiesta di Letizia e Loredana di Campobasso e Carmela di Caserta. «Più vigilanza» invocano Martina e Lisa di Milano.
E il senegalese in cella si dichiara innocente. L'uomo arrestato per violenza sessuale oggi davanti al giudice. Guobadia (Cgil): c'è un clima odioso
PESCARA Dice di essere innocente, di non aver violentato la donna di 39 anni che conosceva già e ha incontrato sabato al terminal degli autobus, non distante dalla stazione centrale. Ed è pronto a fornire la sua versione dei fatti. Respinge le accuse il 61enne di origine senegalese arrestato tre giorni fa dal personale della squadra volante con l'accusa di violenza sessuale aggravata nei confronti di una 39enne di Montesilvano. E ieri ha incontrato in carcere il suo difensore, l'avvocato Stefano Sassano, che oggi lo assisterà nel corso dell'udienza di convalida di fronte al giudice Antonella Di Carlo, prevista alle 10.30 nella casa circondariale. L'indagato è accusato di aver abusato della donna nei giardinetti attigui al terminal degli autobus, in pieno centro, all'ora di pranzo. Lo hanno fermato mentre lui era steso sulla 39enne: sono intervenuti alcuni viaggiatori che si sono accorti della scena e hanno deciso di darsi da fare, dopo aver urlato in direzione dell'uomo, chiedendogli di fermarsi. E lui si sarebbe giustificato dicendo di essere in compagnia della moglie. Ma non è così. La 39enne, tra l'altro, non era completamente in sé. Era stordita, poco lucida, e in un secondo momento si è scoperto che ha assunto degli psicofarmaci (la donna è in cura al Centro di igiene mentale) e che ha bevuto del vino proprio in compagnia del 61enne, incontrato al terminal degli autobus a metà mattina. L'uomo le ha offerto del vino porgendole un brick e poi le ha raccontato alcune vicende personali. A un certo punto la donna si è appisolata e si è svegliata solo quando si è accorta che l'uomo stava abusando di lei. Questa è la versione fornita dalla 39enne, che è finita in ospedale per accertamenti e poi ha sporto querela in questura, dove sono stati ascoltati i testimoni, cioè chi ha bloccato il 61enne e lo ha consegnato alla polizia, impedendogli di allontanarsi dal terminal dei bus. Stamattina, invece, sarà l'uomo a spiegare come sono andati i fatti.Intanto sulla vicenda interviene Patrick Guobadia, responsabile regionale della Cgil immigrazione. Guobadia conosce il 61enne sa che «è un alcolista» e che «non sta bene» ma non crede alla violenza sessuale. «Non può essere», dice parlando a nome della comunità senegalese. Non manca la «solidarietà» nei confronti della donna ma il rappresentante degli immigrati per la Cgil respinge l'ipotesi che si sia consumato uno stupro. «Ci dispiace, qualsiasi cosa sia accaduta», dice ancora. «Forse c'è stato un diverbio tra i due» e comunque i fatti sono «da verificare» . Guobadia fa riferimento anche al clima «odioso, di paura» che si respira nei confronti «del diverso, degli immigrati di colore». Ma è un clima «che noi non vogliamo». Dopo l'episodio di sabato Guobadia pensa di «incontrare la comunità senegalese» e punta anche a «una grande manifestazione». Il presupposto, per lui, è che «la violenza non sia accettabile» e che vada «difeso chi, tra gli immigrati, vuole integrarsi e comportarsi in maniera giusta in Italia. In queste ore, invece, si sta facendo una caccia alle streghe».