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Data: 28/08/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Concessioni, altro scontro Toninelli: «Le rivedremo» La società pubblica gli atti. La contromossa di Autostrade «Tocca a noi rifare il viadotto»

MILANO Un minuto di silenzio per i 43 morti del ponte Morandi e subito il primo affondo: «È inaccettabile una tragedia come questa, che poteva e doveva essere evitata». Perché il crollo che ha spezzato in due Genova «non è dovuto a una tragica casualità, ma conferma drammaticamente che la prima vera grande opera di cui ha bisogno il Paese è un imponente e organico piano di manutenzione ordinaria e straordinaria», annuncia Danilo Toninelli. Il ministro delle Infrastrutture, in audizione davanti alle commissioni riunite Ambiente e Lavori pubblici di Camera e Senato, rimarca la linea dell'esecutivo nei confronti di Autostrade per l'Italia. L'ipotesi di un ritorno alla gestione di Stato è più attuale che mai: «Questo governo farà di tutto per rivedere integralmente il sistema delle concessioni. Il dato non è nazionalizzare sì o no. L'A10 è una infrastruttura costruita con soldi pubblici e ne ha beneficiato un privato. Quindi la nazionalizzazione è un percorso dovuto e doveroso, oggi per le vittime e poi per gli italiani», afferma Toninelli. E ad alzare l'asticella interviene il vicepremier Luigi Di Maio, per il quale «l'unica soluzione è la nazionalizzazione, non possiamo lasciare la gestione ad Autostrade: non siamo affetti dalla sindrome di Stoccolma». Le opzioni? Cederla agli altri due concessionari, «ossia passare dalla padella alla brace, o darla agli stranieri, ma non possiamo mettere un'altra infrastruttura strategica in mani straniere, come hanno fatto i partiti con le telecomunicazioni». Per Toninelli il disastro del viadotto è conseguenza del vecchio sistema di appalti che ha privatizzato «senza fare mercato né vera concorrenza, si è trasferito un monopolio dalla mano pubblica a quella privata». Ora si riparte da qui, e soprattutto dalla concessione ad Autostrade. Primo: «È stata ufficialmente aperta la procedura che ha come fine la caducazione, non solo per quanto riguarda la A10 ma per tutta la convenzione unica». Secondo: «Il ponte Morandi non lo faremo ricostruire da chi lo ha fatto crollare, sarà Fincantieri con Cassa depositi e prestiti e il timbro dello Stato», mette in chiaro il ministro. Una posizione condivisa dalla Lega. «Il ponte non lo può rifare Autostrade», dice al Messaggero il vice ministro Edoardo Rixi. Con la società sono scintille. Tre ore prima dell'audizione Autostrade gioca d'anticipo e pubblica la convezione e tutti gli allegati, documentazione fino a questo momento riservatissima. «Lo facciamo per rispondere alle polemiche e alle strumentalizzazioni che dominano il dibattito», spiegano dal quartier generale, ribadendo che nessuna norma interna o prassi internazionale prevede la diffusione dei documenti.
RIDURRE LE TARIFFE
Ma per Toninelli sono già i primi effetti «dell'azione politica del governo del cambiamento: dopo quasi vent'anni dalla privatizzazione, dopo vent'anni di segreti e di omissis, Autostrade per l'Italia dice improvvisamente di voler fare trasparenza». In un settore nel quale, sostiene, i benefici per la comunità sono pochi o nulli. «Nel 2016 i signori delle autostrade hanno fatturato quasi 7 miliardi, di cui 5,7 miliardi derivano dai pedaggi autostradali. Allo Stato sono tornati appena 841 milioni». Nel frattempo, stando ai dati del ministero, gli investimenti sono calati del 20% rispetto al 2015 e per la manutenzione si sono spesi 646 milioni, il 7% in meno. Inoltre il capitale investito dalla maggior parte delle concessionarie sarebbe stato «ampiamente ammortizzato e remunerato» tra la metà e la fine degli anni 90. «Degli extraprofitti hanno beneficiato totalmente le società, le tariffe avrebbero quantomeno potuto essere drasticamente ridotte». Per Toninelli è arrivato il momento di «ribaltare il sistema». Entro oggi saranno pubblicati tutti gli atti delle concessioni autostradali, da settembre «convocherò tutti i concessionari delle infrastrutture chiedendo un programma dettagliato degli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, con quantificazione delle risorse per un programma di riammodernamento delle infrastrutture. Ad esso dovranno essere corrisposte risorse adeguate agli utili che esse ricavano dalla gestione» E tutte le informazioni finiranno in una banca dati.

La contromossa di Autostrade «Tocca a noi rifare il viadotto»

ROMA Tornano a riunirsi i consigli di Atlantia e Autostrade per l'Italia (Aspi) sulle contestazioni del Mit per il crollo del Ponte di Genova. Le due riunioni si terranno venerdì 31, a ridosso dalla scadenza del termine (1 settembre) dei 15 giorni posto dal Ministero delle Infrastrutture nella lettera ricevuta da Aspi il 21 agosto. Alla fine della scorsa settimana ci sarebbe stata una consultazione informale dei consiglieri della società titolare della concessione, per fare il punto sulla situazione.
IL PIANO
Nella risposta di Autostrade che dovrebbe anche approvare il piano, verrà esplicitato che l'infrastruttura sul fiume Polcevera andrà ripristinata ad opera del concessionario, così come prevede la concessione, mentre ieri Luigi Di Maio e Danilo Toninelli hanno precisato che i lavori devono essere a carico dello Stato (Fincantieri e Cdp).
Aspi e la controllante all'88% Atlantia sono al lavoro con i propri consulenti, gli studi Gianni Origoni Grippo Cappelli & partners, BonelliErede, Annoni mentre Paola Severino si occupa degli aspetti penali. Oggi sarebbe in programma un summit plenario di tutti i consulenti per stendere la bozza definitiva che, approvata dai consigli di venerdì, verrà poi inoltrata ad Ministero. Finora, secondo i legali, se non emergeranno fatti addebitabili al gruppo Benetton, sarebbe prevista una remunerazione del rifacimento del Ponte che, ovviamente, prima verrà demolito. E la distruzione è in programma dopo la presentazione del piano.
LA TEMPISTICA
«È emersa la disponibilità da parte di Autostrade a presentare entro i prossimi 5 giorni alcune ipotesi operative e tempistiche relative alla demolizione dei tronconi del viadotto non collassati ed instabili», ha detto ieri, Toninelli, in audizione alle commissioni VIII di Camera e Senato, precisando che è quanto emerso dall'incontro del 23 agosto con la Procura e i suoi consulenti e a seguito con il gestore dell'infrastruttura. Se invece, dovessero venir fuori responsabilità di Aspi, si farà carico degli oneri.
SMINATE LE ACCUSE
Nella risposta Aspi ribatterà anche alle accuse di gravissimo inadempimento «agli obblighi di manutenzione (ordinaria e straordinaria) e custodia, in oggettiva considerazione del collasso dell'infrastruttura, delle vittime accertate e degli ingenti danni riportati ai beni anche di soggetti terzi, senza considerare l'interruzione del sistema di viabilità e quindi la compromissione della funzionalità delle infrastrutture concesse». La società guidata da Giovanni Castellucci dovrebbe dimostrare di non aver lesinato nella manutenzione, con alcune prove definite inoppugnabili sui lavori compiuti. Insomma c'è da parte dell'azionista di maggioranza grande determinazione, in questo supportato dai soci di minoranza Appia Investment, braccio del consorzio Allianz Infrastructure (6,93%), Silk Road fund co, il gruppo cinese azionista con il 5%. I rappresentanti degli azionisti minori, nell'ultimo cda del 21 agosto, avrebbero fatto quadrato con Castellucci.
C'è da ricordare che il 26 luglio 2017, a seguito dell'ingresso nel capitale dei nuovi azionisti, fu stipulato un patto parasociale fra Atlantia e i due soci minori recepito dall'assemblea di Aspi, di durata tre anni (rinnovabili salvo disdetta sei mesi prima), che disciplina la governance e i poteri su Autostrade, il cui cda scade con il bilancio 2018. Due gli articoli che potrebbe prestarsi a dispute legali specie se Lega e 5Stelle dovessero convincere il Tesoro e andare dritto sulla strada dell'ingresso di Cdp, è il 14: Trasferimento da Atlantia a terzi. Se la holding dei Benetton dovesse cedere fino al 15% di Aspi e i diritti nascenti in capo al cessionario dovessero differire, i due soci esteri possono risolvere l'attuale patto e stipularne un altro con gli stessi termini e condizioni del nuovo entrato. E all'art 15.2 si prevede che Atlantia «si asterrà dal compiere attività che possano produrre effetti pregiudizievoli significativi alla concessione»: potrebbe essere questa, eventualmente, una delle exit che cinesi e tedeschi potrebbero impugnare nel caso emergessero colpe dei Benetton.

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