GENOVA La visita degli uomini della guardia di finanza negli uffici del ministero dei Trasporti è stata lunga e meticolosa. Tant'è che le perquisizioni sono proseguite anche ieri mattina, con altri documenti prelevati dai computer della Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali. «Materiale interessante sotto il profilo dei controlli - spiegano fonti investigative - serve per ricostruire nel tempo la catena di comando». E, a cascata, procedere alle iscrizioni nel registro degli indagati per il crollo del ponte Morandi. La Procura ha intenzione di prendersi tutto il tempo necessario: «Non ci facciamo mettere sotto pressione da nessuno», mette in chiaro il capo della procura Francesco Cozzi.
GLI UOMINI DEL MINISTERO
Il materiale agli atti dell'inchiesta - tra relazioni tecniche, mail e sms - è abbondante, soprattutto dopo il passaggio della Gdf del comando provinciale di Genova guidata dal colonnello Ivan Bixio al ministero del Trasporti. Tutti gli uffici sono stati passati al setaccio, ora i magistrati stanno ricostruendo ruoli e responsabilità. A cominciare dalla Direzione generale di vigilanza sulle concessioni autostradali, area nevralgica dalla quale si capirà se l'inchiesta si allargherà anche ad altri funzionari di Stato. Alla Direzione guidata da Vincenzo Cinelli, che si è occupata della stesura e ha dato il via libera all'intervento migliorativo da 26 milioni di euro sui piloni 9 e 10 del viadotto, fanno capo otto divisioni e i militari ne hanno perquisite sei. Hanno scaricato materiale dai computer della divisione 2, Affari generali e gestione convenzionale dell'intervento che fa capo ad Alberto Pizzari. Hanno perquisito la divisione 3 (Qualità del servizio autostradale) e la 4, Analisi investimenti sotto la responsabilità di Giovanni Proietti. Quindi la divisione 5 di Giuseppe Costanzo (Analisi esecuzione degli investimenti), la 7 di Felice Morisco (Analisi economico finanziarie) e la Divisione 8 (Legale e amministrativa). Organigrammi e documenti acquisiti serviranno per ricostruire la catena decisionale e singole responsabilità. Ossia chi fosse al corrente dei problemi di tenuta del viadotto, che già trent'anni fa stupiva il suo costruttore, l'ingegner Morandi, per la sorprendente accelerazione della corrosione generale. L'iter per il retrofitting parte nell'ottobre 2007, subito dopo lo studio del Politecnico di Milano che evidenza criticità sugli stralli. Il fascicolo arriva all'Ufficio Manutenzione e interventi di Autostrade diretto da Michele Donferri (sentito come persona informata sui fatti), che si confronta con il capo del tronco di Genova Stefano Marigliani. Il progetto è importante e costoso, quindi sale ai livelli superiori della società con l'interessamento diretto dei vertici di Autostrade: l'ad Giovanni Castellucci, il presidente Fabio Cerchiai e il direttore centrale delle operazioni, Paolo Berti.
I PASSAGGI
Il piano viene poi passato alla Spea Engineering, controllata di Autostrade, e a occuparsene è Massimiliano Giacobbi, infine a febbraio passa al Provveditorato, per essere autorizzato dall'ingegner Roberto Ferrazza pur con alcune critiche. Gli investigatori hanno già cominciato a leggere le trascrizioni delle conversazioni tra i vari responsabili, mentre la squadra mobile continua a raccogliere testimonianze di persone che hanno assistito al crollo del ponte e ad analizzare molti video. Uno in particolare, proveniente dalla telecamera di sicurezza di una ditta, risulterebbe utile all'analisi dei periti per escludere cause esterne al collasso del viadotto: è stato un crollo strutturale ad abbatterlo. «Sulla base degli elementi noti e conosciuti non ci sono evidenze di esplosioni, né sono state trovate tracce di bombole di acetilene» taglia corto il procuratore Cozzi.