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Data: 03/09/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Manovra, caccia a 10-12 miliardi l'obiettivo minimo per il governo

ROMA Il lavoro sulla sessione di bilancio entra nel vivo questa settimana con il rientro di Giovanni Tria dalla Cina. In autunno il ruolo del ministro dell'Economia non è mai facile, ma stavolta il titolare di Via Venti Settembre ha un compito se possibile ancora più delicato: come ha spiegato lui stesso si tratta di trasformare le esternazioni un po' disordinate e a volte divergenti della maggioranza in «fatti» credibili per i mercati finanziari e le istituzioni europei. Il punto di partenza sono i capitoli principali del contratto di governo, che rappresentano per Lega e M5S priorità politiche irrinunciabili. Lo sforzo è contenere queste esigenze entro limiti numerici accettabili, avviando le misure in modo graduale e reperendo le risorse il più possibile all'interno stesse aree di bilancio: ad esempio quelle per il reddito di cittadinanza dalle altre prestazioni sociali già esistenti.
I CONTEGGI
I primi conteggi quantificano in 2,2 miliardi la spesa preventivata proprio per la misura-simbolo dei pentastellati: serviranno in larga parte per la riforma dei centri per l'impiego (che comporta un buon numero di assunzioni di personale specializzato). C'è poi la cosiddetta flat tax che almeno per il primo anno si concretizzerà essenzialmente nell'estensione dell'attuale regime Iva forfettario per le partite Iva. L'impegno ipotizzato arriva a 3,3 miliardi: anche in questo caso c'è la possibilità di attingere a risorse già esistenti facendo saltare (o rinviando ancora) la cosiddetta Iri, l'imposta sul reddito d'impresa messa a punto dal precedente governo per equiparare (al 24%) la tassazione dei piccoli imprenditori a quella delle società. Più sfumato, almeno per il momento, il capitolo pensioni: un'attuazione almeno parziale della cosiddetta quota 100 (uscita con 64 anni di età e 36 di contributi) potrebbe impegnare fino a 3 miliardi. Ma sul punto è ancora in corso la discussione, intrecciata con quella sul provvedimento per il taglio delle pensioni elevate: da quest'ultimo deriverebbero le risorse per interventi almeno simbolici a favore degli assegni più bassi. Un altro tema su cui il governo si è in qualche modo impegnato è il costo del lavoro: si valuta il taglio settoriale di cui ha parlato il ministro Di Maio oppure il proseguimento della decontribuzione totale al Mezzogiorno. In campo potrebbe esserci circa un miliardo. Se poi la maggioranza vorrà dare un segnale al mondo del pubblico impiego potrebbe stanziare il primo pezzo della dote per i contratti 2019-2021, circa 900 milioni. Infine restano le spese non rinviabili che caratterizzano tutte le manovre. Si arriva così a circa 10-12 miliardi che per il governo sono l'obiettivo minimo. La lista della spesa però contiene già una voce che da sola vale più o meno lo stesso importo, i 12,5 miliardi necessari per non far scattare gli aumenti dell'Iva.
LA CAMPAGNA ELETTORALE
La scommessa è farsi abbuonare questa somma dall'Unione europea, che dovrebbe così accettare di vedere arrivare il rapporto deficit/Pil poco al di sotto del 2 per cento; va ricordato che il tendenziale stimato nel Def allo 0,8 è già cresciuto per effetto della minor crescita stimata e della più ingente spesa per interessi. Per Bruxelles potrebbe essere un compromesso ancora accettabile, se vorrà evitare uno scontro frontale con l'Italia proprio alla vigila della delicatissima campagna elettorale delle elezioni europee.

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