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Data: 07/09/2018
Testata giornalistica: Il Centro
Trovato l'accordo sull'Ilva. Niente esuberi né Jobs Act. Saranno riassunti subito 10.700 dipendenti. Di Maio: «Così non si annulla la gara». Il plauso del premier: «Un lavoro egregio». I sindacati revocano lo sciopero dell'11

ROMA Accordo fatto per l'Ilva. Dopo una lunghissima vertenza, anni di decreti, commissariamenti (il primo a giugno 2013) e amministrazione straordinaria (da gennaio 2015), e dopo un'ultima trattativa durata 18 ore al ministero dello Sviluppo economico, a ridosso di scadenze inevitabili, per il gruppo siderurgico si apre una nuova fase con la nuova proprietà ArcelorMittal. L'accordo siglato da sindacati, azienda e commissari - che salva la gara di aggiudicazione dell'acciaieria e fa revocare lo sciopero dell'11 settembre - riguarda il piano occupazionale, ambientale e industriale e punta al «rilancio» degli stabilimenti e ad «una produzione ecocompatibile» che tuteli l'ambiente e la salute dei cittadini. Per i lavoratori si parte da 10.700 (ri)assunzioni e la garanzia di una proposta per tutti (oggi i dipendenti Ilva sono 13.522), «non ci saranno esuberi e non ci sarà il Jobs Act nell'azienda», rimarca lo stesso vicepremier e ministro Luigi Di Maio, perché «i lavoratori saranno assunti con l'articolo 18». Diritti, anzianità e salario restano gli stessi. Arriva, inoltre, un piano di incentivi all'uscita volontaria, con 250 milioni di euro a disposizione, prevedendo un massimo di 100 mila euro lordi per chi va via subito (gennaio 2019) e un minimo di 15 mila per gli ultimi esodi (dicembre 2023). L'accordo viene accolto con «soddisfazione» anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, oltre che dal governo, con il premier Giuseppe Conte che sottolinea «il lavoro egregio» svolto dal suo vice. Di Maio parla del «miglior risultato possibile nelle peggiori condizioni possibili». E il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, sottolinea di aver «strappato ad ArcelorMittal le migliori garanzie ambientali», ottenendo l'anticipo della copertura dei parchi minerari di Taranto dalla «scadenza iniziale del 2021, portata a febbraio 2020 da Calenda, alla fine dell'ultimo trimestre 2019». Fa i «complimenti al collega Di Maio, ha fatto meglio di chi l'ha preceduto» l'altro vicepremier e ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Altolà, invece, dal governatore della Puglia, Michele Emiliano: «Senza garanzie sulla salute dei miei concittadini, non darò mai il mio assenso al piano ambientale». Si dicono «molto soddisfatti» per il raggiungimento dell'accordo i commissari dell'Ilva Piero Gnudi, Enrico Laghi e Corrado Carrubba. Rimarcano il buon lavoro i sindacati. «Abbiamo ottenuto quello che abbiamo chiesto sin dall'inizio», sottolinea la segretaria generale dalla Fiom-Cgil, Francesca Re David. E alla luce dell'intesa raggiunta revocano lo sciopero proclamato per martedì 11 settembre dalle sigle dei metalmeccanici Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm e Usb. L'accordo sarà ora sottoposto al referendum tra i lavoratori e i risultati del voto arriveranno entro giovedì 13 settembre. Il 15 scade l'amministrazione straordinaria. Si tratta di «un accordo assolutamente importante» per i risultati raggiunti, ma è anche «un esempio da ricordare» per il ruolo del sindacato, sostiene il segretario generale della Fim-Cisl, Marco Bentivogli. Parla di «giornata storica», che ha trovato «la soluzione che aspettavamo da tempo: un'intesa senza esuberi», il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella. Per l'azienda «è l'inizio di un lungo percorso per fare dell'Ilva un'impresa più forte e più pulita», assicura l'amministratore delegato di Am InvestCo e vice presidente di ArcelorMittal, Matthieu Jehl. L'accordo «è un bel segnale per il Paese», afferma il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, secondo cui «è la riprova» che è possibile «coniugare le ragioni dell'occupazione con quelle dell'ambiente e dello sviluppo nel rispetto delle prerogative dell'acquirente». La gara di aggiudicazione dell'Ilva, siglata a giugno 2017, non verrà quindi annullata: pur continuando a ritenerla «illegittima», Di Maio spiega che con l'accordo raggiunto tra le parti non c'è più il rischio di un stop, anche perché questo avrebbe «determinato una sola cosa: che Mittal sarebbe andata al Tar, fatto ricorso, vinto e il 15 settembre sarebbe entrata nell'Ilva» comunque ma «con meno assunti, meno tutele e senza accordo sindacale».

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