ROMA Giù le tasse sull'Irpef, un punto in meno, a cominciare dall'aliquota più bassa. La Lega è al lavoro per dare corpo alla riforma fiscale che, nei progetti del vicepremier Matteo Salvini, nel giro di un triennio, dovrà ridisegnare il sistema tributario italiano con l'introduzione della Flat tax. Un vertice economico tra i sottosegretari del Carroccio Massimo Bitonci, Armando Siri e Massimo Garavaglia ha messo a punto una prima bozza di proposte economiche volute dal partito da sottoporre al ministro dell'Economia, Giovanni Tria, e agli alleati pentastellati. Secondo i progetti di Via Bellerio, la prima cosa da fare è cominciare a ridurre le imposte sulle persone fisiche per alimentare la ripresa dei consumi e la crescita. E così, dal 2019, per effetto della legge di Bilancio in preparazione, l'ultima delle 5 aliquote, oggi fissata al 23%, dovrebbe scendere a quota 22%. Così stando le cose, in assenza di dettagli ancora da mettere a punto su detrazioni e deduzioni, tutti i contribuenti con redditi superiori a 15 mila euro (13,5 milioni, pari al 34% del totale) si vedrebbero ridurre le imposte di 150 euro l'anno.
Ovviamente il beneficio, per chi ha redditi inferiori a 15 mila euro, si ridurrebbe in maniera progressiva (ad esempio a quota 10 mila euro di reddito c'è uno sconto di tasse da 100 euro) fino ad annullarsi a quota 7.500 euro, laddove parte la no tax area dei contribuenti (quasi 14 milioni) che versano zero imposte.
L'operazione avrebbe un costo di circa 2 miliardi di euro e costituirebbe, nei fatti, un embrione della Flat tax a tre aliquote che ha in mente Salvini. Altro punto messo a fuoco nel vertice di ieri è quello di applicare l'aliquota unica del 15% sulle partite Iva con un volume d'affari fino a 65 mila euro all'anno. L'aliquota salirebbe al 20% sulla parte eccedente 65 mila euro fino al tetto di 100 mila.
LE STIME
Questa operazione coinvolgerebbe circa 1,5 milioni di contribuenti che godrebbero in questo modo di uno sconto fiscale di 1,5 miliardi di euro. Quanto alle imprese, l'ipotesi alla quale si lavora prevede la riduzione dell'aliquota Ires (attualmente al 24%) a quota 15%, a patto che le aziende reinvestano gli utili per assumere personale o per realizzare investimenti in macchinari. Intanto prende forma anche la cosiddetta pace fiscale. Si punta a un saldo e stralcio per il passato e a una semplificazione del contenzioso. L'operazione sarà molto ampia e comprenderà tutte le liti, le cartelle esattoriali ed anche i contenziosi in stato embrionale.
Di fatto l'intenzione è quella di chiudere tutti i conti con il passato offrendo aliquote vantaggiose (6-12-25% su quanto dovuto) incassando 3,5 miliardi di euro. Chi si sta occupando del dossier, ovviamente, spiega che l'operazione sarà messa a punto in modo da non sovrapporsi con la Rottamazione-bis delle cartelle Equitalia, per la quale il prossimo anni sono in programma alcune rate. Sempre sul fronte manovra, il governo sta anche mettendo a punto un pacchetto di norme in favore delle imprese. Appare praticamente certo un taglio, da circa 500 milioni, dei contributi Inail a carico delle imprese, mentre è possibile una proroga, forse biennale, delle decontribuzioni al 100% per chi assume lavoratori al Sud e una riedizione del piano Industria 4.0. che verrebbe essere esteso anche alle Pmi che investono in innovazione. Tra gli obiettivi anche il trasferimento di tecnologie tra comparti. La decontribuzione dovrebbe entrare nel menù della manovra senza troppi problemi, non presentando problemi di coperture. Il taglio dei contributi ai neo assunti nel Mezzogiorno ha infatti un costo contenuto, circa 500 milioni, ma soprattutto è finanziata con i fondi europei. Dunque non aggrava il disavanzo e non interferisce sul deficit, elemento che piace al ministro dell'Economia, Tria.
Chiesti 10 miliardi per flat tax e reddito Tria al lavoro per ottenere più flessibilità
ROMA «Saremo abili nel trovare le coperture. Un po' di pazienza». Al secondo incontro in due giorni sulla manovra, Giuseppe Conte ammette qual è il problema che assilla l'esecutivo. Cosa mettere nel Def e nella manovra è scritto nel contratto di governo, ma non cosa togliere. Tagliare le riforme dei precedenti governi - in testa gli 80 euro - permette di recuperare risorse, ma rischia di non essere indolore per molti.
LE RICHIESTE
Le dichiarazioni delle ultime ore di Salvini e Di Maio - molto meno bellicose delle precedenti nei confronti dell'euro e della Ue - hanno rassicurato i vertici del Fondo Monetario Internazionale come quelli della Commissione. Eppure la lista della spesa dettata da Di Maio e Salvini resta ancora molto lunga anche per il primo anno di legislatura. Ieri il vertice a palazzo Chigi si è occupato più dei tagli di spesa che delle nuove riforme. Conte e Tria sono riusciti ad imporre un metodo che dovrebbe costringere i due vice e i ministri a prendere prima atto delle disponibilità e a ragionare solo dopo delle cose che si possono aggiungere. All'incontro però i due vice non c'erano. Matteo Salvini era ben rappresentato dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti e Di Maio dalla sottosegretaria all'Economia Laura Castelli arrivata alla riunione con i ministri Giovanni Tria e Paolo Savona, con un faldone contenente tutte le richieste del M5S.
Anche se i toni sono cambiati e Lega e M5S hanno smesso di attaccare a destra e a sinistra, l'elenco è ancora molto corposo e c'è attesa per il vertice Ecofin che oggi e domani si svolgerà a Vienna. Il report che farà il ministro Tria al suo ritorno sarà importante per capire quali margini di manovra avrà il presidente del Consiglio. Malgrado Conte abbia nei giorni scorsi assistito con qualche perplessità e apprensione agli affondi dei suoi due vice contro Bruxelles, toccherà proprio a lui cercare in Europa le sponde giuste per riuscire a spuntare più flessibilità.
Un lavoro non facile e che dovrà rimontare più di un sospetto sulla reale volontà del governo gialloverde di tenere l'Italia agganciata alla moneta unica. Rassicurati dalle parole del ministro Tria ieri si sono detti i tecnici del Fondo Monetario che sono stati in Via XX settembre già un paio di volte. Sulla stessa linea di soddisfazione per le ultime dichiarazioni del governo è il presidente della Commissione Ue Juncker. Persino il falco Jyrki Katainen, vicepresidente della Commissione Ue, ha elogiato Di Maio e Salvini per le ultime dichiarazioni, «ma ora aspettiamo un testo scritto».
A Vienna Tria proverà a tastare il terreno per capire quali siano gli spazi di finanza pubblica in cui potersi muovere pur rispettando le regole europee.
IL CALO
La questione sembra ormai essere quella se raggiungere o meno nel 2019 il 2% nel rapporto deficit-Pil. Molto dipenderà da come si chiuderà il 2018. Nel frattempo ieri si sarebbe trovato un accordo per dotare il reddito di cittadinanza e la flat tax di una decina di miliardi. Si partirebbe dalla pensione di cittadinanza, per poi, da giugno, avviare il reddito. Allo studio anche quota 100 per le pensioni e un percorso di avvicinamento alla flat tax divenuta progressiva perchè le aliquote saranno tre o cinque.
Occorrerà quindi attendere ancora qualche settimane per vedere quanto degli ambiziosi progetti - che per certi versi sono la somma di due programmi di governo di due diversi schieramenti - verrà realizzato e quanto rinviato al secondo anno di legislatura. Il calo dello spread degli ultimi giorni conferma che i segnali mandati dal governo hanno per ora convinto gli investitori ad arretrare, ma l'incertezza permane perchè non è ancora chiaro quale sarà il punto di caduta della politica economica del governo.